di Cristian SonzogniBolelli, dolce Miami
Nel
torneo che ha visto l’esplosione definitiva di un talento straordinario
come il serbo Novak Djokovic, anche il tennis italiano ha trovato un nuovo
motivo per sorridere e guardare al futuro con un po’ di fiducia in
più
di Cristian Sonzogni
Bolelli, dolce Miami
Nel
torneo che ha visto l’esplosione definitiva di un talento straordinario
come il serbo Novak Djokovic, anche il tennis italiano ha trovato un nuovo
motivo per sorridere e guardare al futuro con un po’ di fiducia in
più.
Questo motivo porta il nome di Simone Bolelli, 21enne bolognese allievo
di Claudio Pistolesi, di cui si parla bene da tempo. Solo che Simone, fin
qui, vuoi per qualche problema fisico, vuoi per un approccio tardivo col
grande tennis, non aveva ancora espresso appieno il suo potenziale, facendo
bene nei Challenger ma non altrettanto nel circuito maggiore. Dalla
Florida l’inversione di tendenza: qualificazione agevole di
fronte
a Luncanu e Kendrick (tutto sommato nella norma), poi due vittorie di prestigio,
contro Monfils e Tursunov. Detto, per dovere di cronaca, che il colored
francese non stava benissimo, va riferito anche di un Bolelli mai in soggezione
contro l’artiglieria di Tursunov. E soprattutto, ciò che
più ci conforta
dell’emiliano da questa trasferta oltreoceano è la sconfitta con
Ferrer.
Si, perchè contro uno tenace e solido come lo spagnolo, che per giunta
era in palla, c’era il rischio di un tracollo agevolato da un possibile
(ma per fortuna scongiurato) appagamento. Invece Simone non solo è
rimasto
in partita, ma ha condotto lui le danze per tre quarti del primo set, arrivando
al 5-2, e poi al 5-3 e servizio. Da quel momento si è fatta sentire
l’esperienza
dell’altro, è arrivata qualche incertezza del Nostro e il match
è girato,
ma questo Bolelli può far paura a molti. Lo diceva anche tal Roger
Federer
poco tempo fa: ‘Questo ragazzo ha le armi per salire molto in alto, deve
trovare convinzione’. E adesso che la fiducia potrebbe salire a vette
mai esplorate prima, ne potremmo vedere delle belle, considerato che il
bolognese non ha problemi a gestire il suo tennis da uno-due anche sulla
terra. Anzi, proprio sul rosso erano giunte le sue prestazioni migliori
prima di Miami, e allora, quando sta per cominciare la stagione sul lento,
abbiamo una pedina in più da muovere sullo scacchiere del tennis di alto
livello.
Galvani, finalmente Top
100
Lo
avevamo scritto in questo spazio una settimana fa. Stefano Galvani
merita
i top 100. A distanza di sette giorni, eccoci accontentati. Nonostante
un ko al secondo turno a Fes, in un torneo pesantemente condizionato dal
maltempo (in Marocco ha piovuto a lungo e si è giocato con temperature
anomale per il luogo), il patavino ha raggiunto quell’obiettivo che
inseguiva
da una vita. Numero 99, oggi, nel nuovo ranking stilato dall’Atp, grazie
al precedente trionfo di Rabat, primo centro in carriera a livello Challenger
dopo 5 anni. Una soddisfazione immensa per lui, così come per noi che lo
abbiamo sempre seguito, anche quando dopo l’incidente e l’operazione
all’occhio (a fine 2003), era forte la paura di non poter tornare. Ora
però, visto che la stagione è giovane, non ci si deve fermare
qui. Stefano
si ponga nuovi obiettivi, per quanto ambiziosi possano sembrare agli altri.
Uno che ha superato le sue paure e tanti ostacoli, non deve porsi limiti,
ma solo guardare avanti. Che con quel tennis lì, magari un po’
leggero
ma con un timing e una completezza tecnica che in pochi possiedono, è
bello
poter sognare su ogni superficie.
Starace e "L’oro
di Napoli"
La
storia d’amore tra Starace e il suo torneo, il Challenger di
Napoli,
è quanto di più classico si possa trovare. Prima un
corteggiamento piuttosto
lungo, con due semifinali nel 2003 e nel 2004, e la finale nel 2005 (persa
da Gasquet). Poi il coronamento del sogno, con il successo nel 2006 e il
bis di quest’anno. Non è stato un Potito eccezionale, quello che
ha battuto
sul suo percorso Vanek, Montcourt, Luzzi, Hernandez e El Aynaoui. Ma non
poteva esserlo, visto il suo approdo in terra partenopea solo all’ultimo
momento, dopo il ko con Almagro a Miami. E’ piaciuto l’atteggiamento
del pupillo di coach Rianna, e anche lui stesso si è reso conto dei
progressi
mentali di questo periodo (come si può leggere sul sito del torneo,
www.atpnapoli.com).
Ciò che invece si può migliorare ancora è la fiducia nei
propri mezzi e
di conseguenza l’aspetto tecnico. Per quanto Potito sia uno dei ragazzi
su cui, negli ultimi anni, abbiamo sempre puntato e riposto speranze, vale
la pena essere un po’ severi (esigenti, forse, è meglio) con lui.
Va benissimo
vincere il Challenger di Napoli, va altrettanto bene vincere il
doppio di un Atp, come era successo in Sudamerica con Vassallo. Ma Starace
deve convincersi che con quei mezzi che si ritrova può ambire ad altro.
Quando lo vedremo alzare al cielo la coppa di un torneo Atp del circuito
maggiore, allora saremo un po’ più soddisfatti. Quando lo vedremo
su posizioni
di classifica più consone al suo valore, almeno dentro i primi 50 al
mondo,
lo saremo del tutto. Noi ci crediamo, tanto. Che ci creda anche lui, insieme
al suo staff, magari facendo un passo avanti e imponendo maggiormente il
suo ritmo. Come fece in quel 2004 quando, complice un po’ di incoscienza
che nel frattempo è sparita, aveva incantato (e spaventato) gente come
Safin e Federer.
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