ESPN ha realizzato un documentario sul tennis italiano. Si parla di una scuola italo-argentina che sta generando una “rinascita”. Imprecisioni a parte, il video genera orgoglio. Il documentario sul tennis italiano realizzato da ESPN Deportes
Di Riccardo Bisti – 27 settembre 2013
“Per lasciare una traccia bisogna andare dove non c'è cammino, non dove il cammino è già segnato. E' stato un gran filosofo italiano, Norberto Bobbio(*), a definire il progresso come 'anarchico', perchè nessuno è in grado di comandarlo. E non c'è dubbio che, così come l'anarchia, vada la storia. La storia che si fa grande con ogni passo, con ogni meta. Talentuosa e anarchica: questa è l'Italia”
Termina così uno splendido documentario realizzato da ESPN Deporters sul tennis italiano. Un documento eccezionale: al netto di alcune nozioni sbagliate, ci rende orgogliosi e fa capire che il momento del nostro tennis è tutt’altro che da buttare. Si può sempre fare meglio, certo, e l’assenza di un top 10 da troppo tempo pesa come un macigno. Ma ogni tanto è bene guardarsi con gli occhi dell’altro e accorgerti di quello che hai sotto il naso. ESPN ha pubblicato il documento, della durata di 11 minuti, solo dopo che il sorteggio di Coppa Davis ci ha messo di fronte l’Argentina, ma alcuni stralci erano stati realizzati mesi fa. “Se il sogno è ancora vivo, bisogna guardare avanti. E il sorteggio ci ha messo contro l’Italia”. Prima di addentrarsi in un breve excursus storico, viene presentato il quartetto. Secondo loro, l’Italia è guidata da Andreas Seppi, poi può contare sul talentuoso e incostante Fognini. Il team è completato da Simone Bolelli e dal “veterano” Filippo Volandri. Neanche una parola per Lorenzi e Bracciali, gli altri giocatori che abbiamo schierato nel 2013, ma tant’è.
Il resoconto storico è fortemente incentrato su Nicola Pietrangeli. “Per descrivere l’epoca d’oro del tennis italiano bisogna partire da Nicola Pietrangeli, che ha generato una vera e propria rivoluzione e ha mantenuto una forte influenza anche dopo il ritiro. E’ stato lui il capitano della squadra che ha vinto la Coppa Davis nel 1976 con Adriano Panatta, Paolo Bertolucci e Corrado Barazzutti”. Forse sarebbe stato opportuno ricordare anche Tonino Zugarelli, se non altro per il fondamentale apporto nella sfida contro la Gran Bretagna. “Pietrangeli è considerato il più forte italiano di sempre e gli hanno intitolato il Campo Centrale del Foro Italico, un onore riservato alle leggende di questo sport”. La seconda affermazione è imprecisa (ma non possiamo pretendere che gli argentini conoscano la storia del nostro Centrale….), mentre sulla prima non è il caso di addentrarsi, non ora. Anni fa, Pietrangeli disse: “Prendete tutto quello che ha vinto Panatta: ecco, io l’ho fatto per due volte”. Da parte sua, Panatta non si è mai infervorato sull’argomento: a suo favore gioca il fatto di aver giocato nell’Era Open, certamente più dura di quella dei dilettanti, e che la “rivoluzione” vera e propria è partita da lui. E’ innegabile che il tennis abbia vissuto il suo primo boom negli anni d’oro di Adriano. Il servizio continua dicendo che il momento d’oro si è sviluppato tra la fine degli anni 50 e l’inizio degli anni 80, periodo in cui abbiamo ottenuto gli unici titoli del Grande Slam (almeno in campo maschile). “Sono stati grandi. La loro grandezza è stata l’espressione di uno spirito che ha fatto vincere una Coppa Davis e raggiungere altre sei finali. Ma, come spesso accade, il ricambio si è fatto attendere. Eppure, all’inizio del nuovo millennio, il tennis italiano è tornato a consolidarsi come una potenza”. Il focus del servizio si è poi spostato sui nostri giocatori. “Fognini è una grande speranza: non c’è dubbio che quest’anno abbia capitalizzato tutto il suo potenziale” (se solo lo conoscessero meglio…), mentre Seppi viene definito un “todoterreno”, espressione che indica il giocatore competitivo su tutte le superfici. Anni fa, la utilizzavano per Guillermo Canas. Mica male, come paragone. In fondo Andreas ha vinto titoli ATP su terra, erba e al coperto…“Ma se parli di promesse, devi per forza citare Gianluigi Quinzi. Quest’anno ha vinto Wimbledon Junior ed è già tra i top-400 ATP. Quinzi è il maggior esponente e quasi una metafora della rinascita del tennis italiano. Una rinascita che ha un forte cuore argentino”.
Iniziano le testimonianze. Il primo a parlare è il preparatore atletico Horacio Anselmi, che si occupa in prima persona dei muscoli di Quinzi. “Il metodo argentino è penetrato in Italia grazie a Julio Velasco. Lui ha portato la pallavolo italiana al top-mondiale. In un certo senso, ha certificato la qualità del lavoro degli argentini. Nel tennis, da molti anni, c’è Eduardo Infantino. Con lui, l’Italia ha iniziato ad avere i ricambi, creando una nidiata di giovani come non c’è mai stata in passato. Quinzi viene in Argentina 3-4 volte all’anno, controlliamo il suo processo formativo e finora sta ottenendo ottimi risultati”. In verità, l'Italia ha avuto tantissimi top-junior che però non si sono saputi esprimere al meglio tra i professionisti. Le nuove generazioni dovranno essere in grado di superare questo scoglio. A seguire, Eduardo Infantino ha parlato del lavoro della nostra federazione. “La FIT sta operando in tutte le aree. 20 anni fa lavoravo con Omar Camporese: un rapporto che mi ha permesso di conservare tante amicizie. Sette anni fa mi hanno fatto un’offerta di collaborazione e poi mi hanno coinvolto nel Centro Tecnico Nazionale di Tirrenia. In questo momento sono il responsabile tecnico dei 18 Centri Periferici che ci sono in Italia. E' un'esperienza interessante che si unisce ad altri progetti. A Tirrenia abbiamo creato un luogo dove gli italiani lavorano insieme: Bolelli, Quinzi, Baldi, Giannessi, ma anche gli esperti Lorenzi e Starace”. L’intervista a Infantino è stata effettuata lo scorso febbraio al torneo di Buenos Aires, quindi non tiene conto delle ultime novità (per esempio, Giannessi e Starace sono entrati nel team di Fabrizio Fanucci), ma è comunque sintomatica del tipo di lavoro. Risalgono a quel periodo anche le testimonianze di Fabio Fognini e Simone Bolelli. “La federazione mi ha aiutato abbastanza nel periodo di crescita – ha detto Fognini – e continuano a farlo oggi con un fisioterapista e un dottore nei grandi tornei. E’ una buona federazione, cercano di aiutare più o meno tutti”. E’ dello stesso parere Simone Bolelli: “Credo che il tennis italiano stia attraversando un buon momento. Abbiamo 5-6 top-100, poi è cresciuto molto grazie alle donne”. E così, nonostante la cultura machista dei sudamericani, il servizio dedica un minuto anche alle nostre ragazze. “Dire che il tennis femminile italiano sta vivendo un periodo d’oro corrisponde al vero – dice la voce narrante – Il merito è di Francesca Schiavone, vincitrice al Roland Garros 2010, e di altre ottime giocatrici, che hanno portato 3 titoli in Fed Cup e una finale da giocare nel 2013. Francesca Schiavone, Sara Errani, Roberta Vinci, Flavia Pennetta, Karin Knapp e Camila Giorgi hanno portato il tennis femminile italiano tra le potenze del pianeta”. Curiosamente, non c’è alcun accenno alla “cittadinanza contesa” di Camila Giorgi, che tre mesi fa ha definitivamente scelto l’Italia in virtù dell’accordo con la FIT.
Secondo ESPN, la rinascita del tennis azzurro è frutto di una scuola “italo-argentina”. “I tennisti italiani vengono ad allenarsi in Argentina – dice Infantino – la FIT mi dà un supporto per lavorare tra Buenos Aires e Tandil. E il frutto di una strategia che abbiamo cambiato nel corso degli anni. Mettiamo in atto sistemi che sono ortodossi per noi, ma non lo sono per gli europei. Ad esempio, le 8-9 settimane di preparazione a ‘full’ prima di affrontare una stagione. Sono carichi di lavoro enormi, loro non ci sono abituati. Prendete Quinzi: lo abbiamo sottoposto a un volume di lavoro mostruoso, però poi ha giocato 120 partite in un anno, tra attività junior e professionistica, sempre in crescendo tecnico e senza avere alcun problema. Per ora va bene”. La durezza del lavoro argentino era stata certificata un paio d’anni fa da Alessandro Giannessi, che aveva attribuito alla preparazione i grandi risultati del 2011. Anche Bolelli è d’accordo. “In Argentina ho vissuto le settimane più dure della mia vita. C’è un concetto di allenamento molto diverso dal nostro. Molto più duro”. Quante nazioni al mondo stanno vivendo una situazione migliore o analoga? Bisogna essere onesti: se questo identico servizio fosse stato dedicato a un’altra nazione, ci saremmo fatti un’idea assolutamente positiva. Per questa ragione, è opportuno ringraziare l’estensore del servizio e la sapiente combinazione di immagini e suoni. Un brivido di italianità sana e pura è arrivato. Di questi tempi, è balsamo. Mica solo tennistico.
(*) Il filmato dice "Giovanni" Bobbio, ma ovviamente si riferisce a Norberto.
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