Più che un gesto sincero, quella dell'ITF guidata da Dave Haggerty sembra una mossa politica, strategica, per cercare di raccogliere i consensi necessari per ottenere la riforma della Coppa Davis. A dare la notizia del mini-passo indietro, un po' formale e un po' sostanziale, è stato il Telegraph. In due parole, la proposta che le federazioni saranno chiamate a votare il prossimo agosto manterrà un turno con la vecchia formula: casa e trasferta, con la stessa formula di sempre. Si giocherebbe a febbraio, subito dopo l'Australian Open. Le vincitrici accederebbero alla fase finale, da giocarsi in sede unica, come ampiamente annunciato. Sempre parlando con il giornale britannico, Haggerty ha detto che cercherà di estendere il progetto alla Fed Cup nel 2020. Ma andiamo con ordine: viste le forti voci di dissenso, l'ITF ha aggiornato le sue posizioni e ha svelato la formula con cui sta lavorando con Kosmos, la società che fa capo a Gerard Piquè e che ha messo sul piatto tre miliardi di dollari, spalmati in 25 anni. “Stiamo esaminando un turno con 24 squadre da far giocare a febbraio, subito dopo l'Australian Open, da cui emergerebbero 12 vincitrici. Queste andrebbero alla fase finale di novembre in sede unica, insieme alle quattro semifinaliste dell'anno prima più due invitate, per un totale di 18 nazionali”. L'origine di questa parziale retromarcia è di natura economica. Per diverse federazioni, l'indotto dei match di Coppa Davis è una risorsa importante. In questo modo, non ci sarebbe una totale abolizione del modello di business. “Per le federazioni è importante poter ospitare gli incontri, è un modo per promuovere lo sport e avvicinarsi al pubblico”. Il sistema non convince, sembra quasi una toppa a peggiorare il buco. Per intenderci, le migliori nazioni rischiano di giocare meno delle altre ed essere quasi sistematicamente esentate dal turno preliminare. Analizzando la proposta, il concetto di “distruzione” della vecchia Davis rimane, peraltro con l'aggravante di privilegiare a tavolino alcune nazioni a discapito di altre. Chissà se tale formula solleticherà le fantasie di alcune federazioni scettiche.
LA FED CUP RITROVA LA FINALS FOUR
Le voci dei giorni scorsi, tra cui quella di Garbine Muguruza, non sono passate inosservate. Le donne si lamentavano del fatto che i progetti di rinnovamento ITF riguardassero soltanto il tennis maschile. C'è già una novità: l'anno prossimo, i due World Group saranno unificati e si passerà a un'unica “Serie A” con 16 squadre. Avrebbe dovuto succedere già quest'anno, ma il board ITF aveva rinunciato. Stavolta andranno in fondo. Le settimane resteranno tre: ottavi e quarti si giocheranno con la stessa formula, mentre la Final Four in sede unica sarà ospitata da una delle quattro semifinaliste. Secondo Haggerty, questi cambiamenti – a differenza di quelli della Davis, che dovranno passare dalle forche caudine del voto – hanno un sostegno così ampio che potranno essere approvate dal consiglio stesso. Non il massimo della democrazia, anche se in effetti non è una rivoluzione, visto che la formula della Final Four era già stata utilizzata in passato. La notizia riguarda da vicino la nostra nazionale: l'Italia di Tax Garbin torna in Serie A dalla porta di servizio, curiosamente pochi giorni dopo il reintegro di Camila Giorgi in orbita federale. Vien da sorridere pensando al recente Italia-Belgio (e agli altri tre spareggi per il World Group I): col senno di poi, una partita totalmente inutile. Se l'ITF dovesse intascare il 66,6% all'assemblea di Orlando, le modifiche per la Coppa Davis entreranno in vigore con effetto immediato, già nel 2019, mentre la Fed Cup si accoderebbe a partire dal 2020. “Noi siamo per l'uguaglianza – ha continuato Haggerty – la riforma della Coppa Davis è un progetto molto grande. Stiamo cercando di ottenerla a partire dall'anno prossimo, poi proveremo a portare la Fed Cup nella stessa direzione”.
IL CONFRONTO CON L'ATP
Cosa pensiamo di queste idee, sfacciatamente incentrate al business, lo abbiamo già scritto. Se davvero l'ITF dovesse vincere, sarebbe un drammatico svilimento di una competizione che rappresenta la storia del nostro sport. E si perderebbe un fascino ineguagliabile. Come disse una volta Corrado Barazzutti, nei tornei vedi il tennista. In Coppa Davis vedi l'uomo. Ma queste cose, evidentemente, non interessano alla nuova federazione internazionale. Da parte sua, Haggerty ha detto di essere in costante contatto con l'ATP per discutere sul calendario. Tra l'altro è possibile un conflitto tra la nuova Davis e la World Team Cup progettata dall'ATP, e che si dovrebbe giocare nel gennaio 2020, poche settimane dopo il termine dell'ipotizzata “World Cup” pensata da Kosmos. Parlando con la BBC, a margine della presentazione delle Next Gen Finals, Chris Kermode ha detto che “Non avrebbe senso avere due eventi a squadre. Personalmente, credo che sarebbe folle. Speriamo che non accada: per adesso, abbiamo avuto colloqui molto proficui con l'ITF”. In attesa di conoscere l'evoluzione di questo fronte, registriamo l'apertura di Haggerty a ospitare la nuova Coppa Davis in un paese europeo, a differenza delle proposte iniziali di Kosmos: Asia o Medioriente. “Per i giocatori sarebbe più facile restare in Europa, soprattutto pensando a come è strutturata la parte finale della stagione, anche se le cose potrebbero cambiare se Londra non dovesse essere più la sede delle NITTO ATP Finals dopo il 2020”. Un Risiko tanto complicato quanto affascinante, che fa tornare d'attualità un antico problema del nostro sport: la presenza di troppe sigle. In situazioni come questa, si avverte ancora di più la mancanza di un commissioner. Di certo non manca ai tanti che si spartiscono una torta piuttosto sostanziosa.