ROLAND GARROS – Esplode il talento di Taylor Townsend. La baby americana espugna il Lenglen battendo Alize Cornet e si propone come nuovo personaggio, in barba a quelli che…

Di Alessandro Mastroluca – 28 maggio 2014

 
Dovesse scegliere un aggettivo per descriversi, Taylor Townsend userebbe “bubbly”, spumeggiante. Una scelta perfetta per il suo tennis champagne che ha entusiasmato il Suzanne Lenglen e spento le speranze di Alize Cornet di Nizza, terra di ottimi vini frizzanti (unico comune francese con un vitigno a denominazione di origine controllata, il Bellet), incapace però di trovare le bollicine giuste per far girare il match. La partita l'ha sempre comandata Townsend, che a 18 anni è numero 206 del mondo e punta a vincere tutti gli Slam, anche più di una volta. L'ha chiusa, l'ha riaperta e l'ha richiusa a suon di dritti vincenti, il suo colpo migliore, oggi davvero devastante, di attacchi in controtempo, di una varietà di soluzioni che è merce sempre più rara nel tennis moderno che ha virato verso l'agilità e l'omologazione degli stili. È con un dritto vincente, aiutata anche dal doppio fallo sulla palla break, che l'americana firma il primo sorpasso del match. Cornet si affida al rovescio bimane, che però va a sbattere sul letale dritto di Taylor, che può spazzare la riga in lungolinea e accelerare con diagonali imprendibili con la stessa efficacia. È proprio con un lungolinea che si procura il break del 5-4 e con una morbida volée suggella il 6-4 accompagnata da un solido “Come on!”. Il break in apertura di secondo set sembra avviare a una conclusione rapida, con la francese a incartarsi di doppi falli e l'americana a incantare tutti al ritmo delle fulminanti accelerazioni di dritto. Dal 4-1 Townsend, però, la partita cambia. Il servizio, difficile da leggere perché alterna traiettorie potenti al corpo e velenose parabole a uscire, produce anche sette doppi falli. E se il dritto funziona un po' meno, ecco che Cornet rientra sul 4-4 con il pubblico che si rianima al grido di "Alize! Alize!" e squaderna la ola per il sorpasso. Taylor perde il quinto game di fila su un rovescio sotterrato a rete e si ritrova al terzo. Townsend, però, non perde la calma. Continua a studiare gli appunti a ogni cambio campo e stampa una risposta vincente di dritto lungolinea delle sue per il 3-0 “pesante”. Restituisce un break, allunga ancora 5-1, e ancora si fa recuperare. Manca quattro match point nel settimo game e all'ottavo perde il servizio a zero con la francese che continua a sperare grazie al parziale di 10 punti a uno. Sul 5-4 30-30, Townsend estrae una robusta seconda su cui Cornet non controlla la risposta. Al quinto match point, Cornet firma la resa con un ultimo gratuito, il 29mo della sua partita, un dritto in rete. I 43 vincenti di Taylor Townsend (contro i 18 di Cornet) fanno la differenza più dei suoi 55 errori. Townsend porta a casa la vittoria più importante della sua carriera con due punti in meno dell'avversaria, 103 a 105, ma soprattutto con 21 punti su 30 discese a rete. Ora la più giocatrice più giovane e con la più bassa classifica in tabellone ha un altro paio di giorni per lavorare sul suo sogno e preparare la sfida a Carla Suarez Navarro, testa di serie numero 14, che vale un posto nella seconda settimana. Una vittoria che dà la misura della fiducia, arrivata attraverso una tattica che è una scelta e insieme una necessità per chi deve lottare con il proprio peso e costruire un tennis in cui gli out sono terra straniera, un tennis che non può concedersi il lusso del colpo interlocutorio, della costruzione, fenomenologia di un temperamento artistico che per due anni si è dedicata al violino. Un tennis in cui non c'è spazio per il pensiero, che però non deve scadere mai nell'improvvisazione. Un tennis irriflesso, quello che per Foster Wallace è l'ideale cui aspirare, quello che si può giocare al meglio anche pensando ad altro perché interiorizzato al punto da risultare naturale. E quando qualcosa viene naturale, non c'è bisogno di pensarci su. Il difficile è giocarlo a lungo, quando si hanno 18 anni.
 
#TALENTO
Al di là delle facili ironie, Taylor non è una giocatrice che passa inosservata, anche in una giornata in cui Garbine Muguruza si è presa le luci del proscenio con l'impresa dell'anno. “Quanto è forte Taylor Townsend! #talento” ha scritto su twitter Andy Murray. Certo, l'aveva detto anche di Caroline Garcia, quando aveva sfiorato a Parigi la vittoria su Maria Sharapova. Per anni, praticamente non vinse più una partita di rilievo. C'è da scommettere, però, che le cose per Taylor andranno diversamente. Prima americana a raggiungere la corona di numero 1 junior dal 1982, Taylor ha iniziato a giocare a tennis perché sua mamma era nella squadra del college ed è amica di Illona e Donald sr, i genitori di Donald Young. È mancina naturale ma ha iniziato con la destra. Tuttavia perdeva spesso l'equilibrio, così dopo un paio di anni è passata a impugnare la racchetta con la sinistra. Ha convissuto con l'attesa e la speranza fin dal successo agli Australian Open junior del 2012, e superato la delusione per aver perso a Wimbledon dal miglior esemplare del conformismo e della modernità, Belinda Bencic. Quando la USTA le ha negato la wild card agli Us Open perché non la considerava abbastanza in forma, si è trovata davanti a un bivio. Ha scelto di guardare avanti, di trasformare una delusione in un'opportunità.
 
L'ESEMPIO DI ZINA
Ha lasciato i coach della USTA e ora si divide tra la XS Tennis and Education Foundation, diretta da Kamau Martin, un coach che conosce da quando aveva sei anni, e la Washington Tennis and Education Foundation, dove si allena con Zina Garrison. Quando è a Washington, vive anche a casa di Zina a Hyattsville. Zina, che è stata numero 3 del mondo, rivede se stessa in Taylor. Anche lei ha combattuto contro la bulimia per tutta la vita, e per questo ha deciso di aiutarla. “Non voglio che passi quello che ho passato io. E sta funzionando – ha spiegato al Wall Street Journal – questa esperienza mi ha reso più forte come persona, più forte come tennista, più forte perché mi ha fatto capire che quello che ho attraversato può essere di aiuto a chi è nella mia stessa situazione” ha raccontato al New York Times. È l'esempio, il coraggio di Zina che l'ha aiutata a trovare la forza di essere se stessa anche in campo, di trasformare i momenti negativi in esperienze positive, di giocare quel tennis che le piace, anche se ormai sempre più raro. “Devi essere forte, anche se non è facile voler sempre crearsi delle occasioni. Zina mi ha molto aiutato. Lei ha passato quello che sto passando io ed è diventata numero 3 del mondo. Non importa che sia successo 20 o 30 anni fa, perché in fondo il gioco non è cambiato poi tanto”. Il lavoro duro può non vedersi a un'occhiata distratta. Ma basta qualche game per percepire il salto di qualità, soprattutto mentale. Non si vincono a caso due ITF di fila prima del Roland Garros. Non si conquista a caso la wild card vincendo quattro partite, due singoli e due doppi, in un giorno solo, salvando due match point in semifinale con due ace. Non si rimonta per caso da sotto 1-5 contro l'esperta Vania King. E non si batte per caso la numero 1 di Francia sul secondo campo più importante del Roland Garros. La domanda a questo punto viene spontanea, e il doppio senso non è un invito per battutisti in cerca di facili occasioni: Taylor Townsend vale tanto oro quanto pesa? A vederla oggi, si potrebbe rispondere, con altrettanta facilità, di sì. La strada però è tutta in salita, e passa inevitabilmente per un miglioramento delle percentuali, che non vuol dire affatto snaturare il suo gioco e sacrificare la sua indole. “Essere creativi – ha ammesso – avere molti colpi a disposizione è un dono e una maledizione, perché puoi fare molta confusione quando devi scegliere cosa fare. E il rischio di fare la scelta sbagliata è molto alto”. Per questo Zina Garrison insiste tanto sulla reattività di piedi, ma soprattutto sulla sensibilità con martellanti scambi su un campo corto in cui la palla non può uscire dal rettangolo di battuta. “Tante giocatrici – è il mantra di Zina – tirano forte e basta, e la palla va dove vuole. Ma per riuscire, devi sentire la palla, devi controllarla”. It's a kind of magic. Non svegliatela, non ancora.