I segreti di John Isner, nuovo eroe del tennis americano. Quando andava al liceo, non pensava di fare il tennista. Ma al College ha sviluppato una grande forza morale.
John Isner è molto apprezzato dagli appassionati americani
Di Riccardo Bisti – 10 aprile 2012
E’ il personaggio del momento. Non solo le vittorie su Federer e Djokovic, rispettivamente in Coppa Davis e a Indian Wells. John Isner ha preso in mano il tennis americano e l’ha guidato in semifinale di Coppa Davis, vincendo con il piglio del campione i due singolari contro la Francia. Adesso non si pone limiti: “Giocheranno sulla terra, e sarà ancora più dura. Ma non importano gli avversari né dove giochiamo. Dobbiamo scendere in campo nella speranza di vincere. La gente credeva che non avremmo battuto la Svizzera, e sono sicuro che qualcuno pensava che avremmo perso anche in Francia”. “Abbiamo avuto il peggior tabellone possibile – ha chiosato capitan Jim Courier – non posso credere che siamo ancora in gara”. Il merito è di questo ragazzone del North Carolina che si allena e risiede a Tampa. Il tennis americano è ai suoi piedi, tanto che Patrick McEnroe (ex capitano di Davis) ha detto: “Sta giocando in modo tale che secondo me può raggiungere la finale al Roland Garros”. Forse esagera, ma questo Isner fa paura. E piace agli americani. Il perché lo spiega la ex giocatrice Mary Carillo, oggi affermata commentatrice. “E’ un bravo ragazzo e piace perché non solo è americano, ma è tutto americano. La gente ama fare il tifo per un ragazzo di casa, soprattutto nell’anno olimpico”. Isner è diventato professionista nel 2007 e ha rapidamente scalato il ranking. “Quando andavo al college, gli altri dicevano che avrei potuto fare il professionista ma che non avrei raccolto molti soldi – racconta Isner, ormai prossimo ai 4 milioni di dollari di soli montepremi – adesso sono tra i primi 10 e sento di stare ancora migliorando. Credo di essere ancora lontano dal top”. Il suo punto di forza è un servizio micidiale. Ok, lo scaglia dal terzo piano (“Sembra che arrivi da un albero” dice l’ex pro Tony Trabert), ma è un prodigio di potenza e precisione. E le percentuali sono straordinarie. Ma sarebbe ingeneroso attribuire i suoi successi al solo servizio. Isner ha un’etica del lavoro che si è sviluppata nei momenti in cui era infortunato, una forza mentale diventata granitica quando la madre combatteva con il cancro…e un rovescio che è diventato un colpo dignitoso e non più soltanto “il punto debole”.
John Robert Isner è nato a Greensboro, nel North Carolina, ed ha passioni semplici. Ama i cani, la cucina casalinga e il wrestling. Quando andava al liceo non aveva l’ambizione di diventare professionista, tanto che durante l'Università si limitava alle gare a squadre e a pochissimi tornei internazionali. “Adesso crede di poter battere i migliori – racconta il guru Nick Bollettieri – e quando inizi a credere nelle cose, queste cominciano ad accadere…non c’è dubbio. E oggi lui è il migliore americano”. Il ranking ATP gli mette davanti Mardy Fish, ma sono dettagli. Intanto Isner punta a stabilizzarsi a livello di primi 10, e per farlo deve giocare bene negli Slam. “Indian Wells non è così lontano dagli Slam – continua Trabert – ci sono tutti i migliori giocatori, il prize money è importante e ci sono prestigio e pressione. Indian Wells è la conferma che sta crescendo. E poi quello che ha fatto in Davis mi fa venire il sospetto che avrà successo nei prossimi tornei del Grande Slam”. Magari cercherà di evitare primi turni-maratona come quello di Wimbledon 2010, quando ha avuto bisogno di tre giorni e oltre 11 ore per battere Nicolas Mahut nel match più lungo di tutti i tempi. “Il primo turno per me è sempre il più duro” racconta. Ma dove può arrivare John Isner? “Il suo problema è che dovrà giocare sempre meglio – dice Bollettieri – perché gli altri saranno super motivati contro di lui. Ora è un giocatore da battere e non potrà permettersi di mollare nessuna partita. E’ il prezzo del successo”. Il mentore si chiama Craig Boynton, ex coach di Jim Courier e Mardy Fish. I due lavorano insieme da tre anni e i risultati sono subito arrivati. Boynton gli ha fatto capire come usare al meglio i punti forti e mascherare le debolezze. “Alla fine di quell’anno ero intorno alla 30esima posizione ATP, e avevo saltato due mesi a causa della mononucleosi – racconta Isner, che aveva guardato Parigi e Wimbledon dalla TV di casa – ma quando ho iniziato a lavorare con Craig ho capito che avrei potuto diventare un giocatore importante”. Boynton ha lavorato anche sul rovescio, tanto da far dire a Oscar Blacutt, primo maestro di “Long John”, che il suo ex allievo è ormai un giocatore completo. Il rovescio gli consente di prolungare gli scambi e di avere più spazio per usare il dritto offensivo. E’ migliorato anche negli spostamenti laterali, anche se da oltre 2 metri di altezza non potrà mai essere uno scattista. “La pressione è una cosa divertente – dice Boynton – adesso John obbliga l’avversario a reagire al suo tennis. Capita che non si sentano bene sul campo e che inizino a sbagliare più del dovuto"
Come detto, Isner non pensava di diventare un tennista. “E’ stato un bonus inaspettato” conferma papà Bob. Inizialmente giocava solo per procurarsi una borsa di studio, ma qualcosa è cambiato quando si è infortunato. “Ha dovuto migliorare sul piano fisico – ricorda Manny Diaz, uno dei coach dell’Università della Georgia – non aveva alcuna flessibilità, tanto che al termine del primo anno si è fatto male alla schiena”. Passò un’intera estate a pescare, ma l’anno successivo è tornato più motivato che mai. Questa convinzione arriva dalle lotte di mamma Karen, che per due volte ha combattuto un cancro al colon. Mentre John frequentava il primo anno di college, si è sottoposta a un duro trattamento chemioterapico. Il male tornò l’anno dopo, ma poi è stato definitivamente sconfitto. I genitori l’hanno sempre sostenuto, a prescindere dalle condizioni della madre. Andavano ai suoi match, sempre con il sorriso, accompagnati dal cane. Nei tre anni successivi ha messo su parecchi muscoli. Era un disastro, è diventato un atleta. Non solo lavoro fisico, ma anche corretta alimentazione. “Come in ogni sport, devi essere forte sul piano mentale. Si, credo che la mia forza sia nata al college”. Nel 2007, dopo la vittoria nel campionato NCAA, i ragazzi della Georgia University sono stati invitati alla Casa Bianca. Isner venne colto dai crampi durante il volo, perché non c’era abbastanza spazio tra i sedili. “Succedeva sempre così – ricorda Diaz – ci chiedevano sempre se eravamo una squadra di basket”. Ma adesso questo problema non c’è più. Può volare in business e magari mettersi in prima fila, dove può distendere le sue gambe. “Se sei a tuo agio sei più felice – filosofeggia Boynton – se sei felice, lavori meglio. E se lavori meglio sai cosa succede…”. Intanto John ha cambiato marcia.
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