Il magnate rumeno rilascia un’intervista congiunta con Feliciano Lopez, unico a partecipare a tutte le edizioni del Mutua Madrid Open. “Lo avessi seguito io, avrebbe vinto Wimbledon”. Poi esalta il suo torneo, difende la terra blu e spiega cosa dovrebbe fare il tennis per eliminare i bombardieri. E sulla parità dei montepremi dice che…

Gli Internazionali BNL d’Italia godono di ottima salute e c’è ragione di pensare che il trend positivo vada avanti. L’unico dubbio, in chiave 2017, riguarda i costi dei biglietti se non dovesse esserci un incremento di pubblico. Ma questo lo scopriremo a torneo finito. Tuttavia, è chiaro che il torneo romano guarda con attenzione a quanto accade a Madrid, futuro rivale per conquistare lo scettro di torneo più importante su terra battuta alle spalle del Roland Garros. Non c’è dubbio che gli organizzatori italiani non si saranno strappati i capelli quando Federer ha dato forfait a Madrid, annunciando nella stessa conferenza stampa che si sarebbe recato a Roma. Da parte sua, Ion Tiriac continua a ostentare sicurezza. Il baffone di Brasov, classe 1939, ha idee tanto semplici quanto rivoluzionarie e non è facile capire quando dice sul serio, e quando invece bluffa. Anni fa disse che Madrid avrebbe potuto ambire a scippare lo status di Grand Slam al Roland Garros, ma la storia gli ha dato torto. Però gli avevano dato del folle visionario quando parlò della terra blu. Invece l’ha portata davvero e ancora oggi è convinto che fosse una scelta giusta. Ma gli è andata male. Il rumeno ha fatto il punto della situazione in una curiosa intervista insieme a Feliciano Lopez con “El Mundo”. Da una parte il demiurgo del torneo, uomo dal fiuto eccezionale. Dopo la Germania ha scelto la Spagna, chissà se il fisico (ha 77 anni) gli consentirà di portare il suo impero in altri lidi. Dall’altra, l’unico giocatore che ha partecipato a tutte le 15 edizioni del torneo, con qualche piazzamento nei quarti e un paio di sconfitte “gloriose” contro Andre Agassi e Roger Federer.

“15 anni fa, la gente non sapeva cosa fosse il torneo di Madrid – dice Tiriac – poi fecero l’ingiusto paragone con il Conde Godò di Barcellona. La storia ha insegnato che questo torneo ha aiutato Barcellona”. Secondo Feliciano, che è un po’ il “cocco” di Tiriac (“Non ha mai chiesto di giocare sul centrale, non ha mai chiesto di giocare a una determinata ora”), la gente vuole bene al torneo perché ha portato a Madrid il grande tennis. Anni prima esisteva un torneo ATP primaverile, ma era roba per specialisti della terra battuta. Madrid non era una città così “tennistica”: il cuore pulsante del tennis spagnolo era Barcellona. Poi è cambiato tutto, anche se la prima edizione, giocata nel 2002 (anno in cui Tiriac trasferì da Stoccarda a Madrid il torneo di sua proprietà) ebbe un epilogo sfortunato. “Non si giocò la finale. Jiri Novak diede forfait 20 minuti prima dell’incontro, dicendomi che gli faceva male una gamba. Ai miei tempi giocavamo anche con una gamba sola, non ricordo un solo tennista che abbia dato forfait in una finale. Oggi lo sport è una fabbrica di miliardi. I giocatori devono capire che hanno una grande responsabilità. Novak? Da allora non l’ho più visto”.

Le prime edizioni si sono giocate sul cemento indoor del Rockodromo di Madrid. Ben conoscendo le caratteristiche dei giocatori spagnoli, Tiriac preparò un campo lentissimo (che nel 2005 favorì la vittoria di un giovanissimo Nadal). Poi si è inventato le modelle-raccattapalle, destando enorme interesse. Ma quando Madrid ha avuto qualche prurito olimpico, ha subito pensato di spostare il torneo alla Caja Magica, impianto ultra-moderno con tre stadi dotati di tetto retrattile. Sulla terra rossa, ovviamente. Le sue argomentazioni hanno convinto l’ATP a scalzare Amburgo e consegnare a Tiriac la data dei tedeschi, con tanto di causa milionaria vinta dall’ATP (e grande sospiro di sollievo: in caso di sconfitta, avrebbero dovuto pagare una cifra talmente grande da mettere in dubbio la sopravvivenza della stessa associazione). Poi c’è stata la novità dei campi in terra blu, lanciata nel 2012 dopo anni di test. La cosa non è piaciuta ad alcuni giocatori e nel 2013 c’è stato il ritorno alla terra rossa. “Fu soltanto sfortuna. Quell’anno aveva piovuto molto prima del torneo: abbiamo messo tantissima terra battuta e il campo è risultato scivoloso” dice Tiriac. “Inoltre durante il torneo il clima era molto secco e questo non ha aiutato” continua Lopez. “Io sono convinto ancora oggi che il blu sia meglio per giocatori, pubblico e TV. Abbiamo portato 190 camion di terra da Parigi, abbiamo speso un milione e mezzo di euro ed è successo che perdesse Nadal, che perdesse Djokovic…e così hanno detto no alla terra blu. Ma avremmo avuto esattamente gli stessi problemi anche con quella rossa”.

“BISOGNA INGRANDIRE LE PALLINE”
L’incidente non ha bloccato la crescita di un torneo che lo scorso anno ha raccolto oltre 220.000 spettatori, nonostante ci siano vuoti preoccupanti durante alcuni match, soprattutto femminili. Più in generale, Tiriac è convinto di avere la soluzione per combattere l’eccessiva fisicità del tennis di oggi, a suo dire troppo potente e poco tattico. “Lo dico da 25 anni: basta ingrandire il diametro della palla di un 25%: in quel modo la velocità del servizio scenderebbe a 180 km/h e tornerebbe a prevalere la tecnica”. Quanto all’eterno dibattito sulla parità di montepremi tra uomini e donne, ha espresso una sentenza difficilmente attaccabile. “Io non ho problemi a pagare le donne esattamente come gli uomini, però devono darmi gli stessi risultati che producono gli uomini. Se l’audience di un match maschile è quattro volte superiore a quella del femminile, la parità del montepremi diventa un problema”. A chiudere, una battuta su Feliciano Lopez: “Se ti avessi preso a 12-13 anni, ti avrei fatto vincere Wimbledon. Lo posso mettere per iscritto”. Intanto parte con un piccolo vantaggio rispetto a Roma: il femminile è un Premier Mandatory, mentre al Foro Italico è un Premier Five. E poi i montepremi sono leggermente superiori. Roma ha le carte in regola per farcela, ma gli organizzatori dovranno essere (molto) bravi. Ion Tiriac, il baffo rumeno, non è uno che si batte da solo.