In prima linea nella battaglia al Coronavirus, Giovanni Fasulo ha espresso un tiepido ottimismo sulla possibilità del tennis di anticipare la ripresa rispetto ad altri sport. Ci saranno però delle accortezze da tenere e attenzione al tipo di superficie
Giovanni Fasulo è uno dei medici che combattono quotidianamente la battaglia contro il Coronavirus. Medico infettivologo, la sua è una delle trincee più impegnative d’Italia, il reparto di medicina infettiva del Policlinico Sant’Orsola di Bologna. «La pressione sui reparti, sia i Covid-19 sia gli altri, si sta un po’ allentando, e questo è un segnale che timidamente ci incoraggia – spiega – ma il numero dei morti è ancora altissimo, e questo ogni giorno stringe il cuore». E ci si si sente un po’ fuori luogo, bisogna ammetterlo, a parlare delle chance che hanno i vari sport di ricominciare l’attività con chi vede in faccia le tragedie e la disperazione dei malati e delle famiglie.
«Io capisco l’esigenza di chi vuole ricominciare a muoversi, e anche gli interessi economici importanti che stanno dietro lo sport. Ma francamente mi sembra opportuno procrastinare ancora un po’ certe aperture. Si è del resto deciso di ripartire con le scuole solo dopo l’estate, e per me è una scelta saggia».
A livello di base, quando i tempi saranno maturi, il tennis è una delle discipline che probabilmente potranno ripartire prima. «Non c’è contatto, si sta anzi molto distanti, quindi il rischio di contagio è molto basso», concorda il dottor Fasulo. «Certo, ci sono le palline, che toccano entrambi i giocatori: il rischio è possibile in linea teorica, ma molto aleatorio. La possibilità di un contagio attraverso gli oggetti è molto dibattuta, molto dipende anche dalle modalità. Fra il paziente numero 4 e il numero 5 in Germania si è arrivati a stabilire che l’agente contaminante era stata una saliera, ma lì c’era anche un contatto molto ravvicinato. Ovviamente nel caso del tennis gli indiziati sono gli spogliatoi, gli asciugamani, il sudore che si può depositare. E nel caso di campi in terra battuta bisogna stare attenti alla polvere rossa che si alza: meglio le superfici sintetiche, più lisce e compatte».
Il discorso cambia se si parla di tennis internazionale, con masse di atleti e spettatori in continuo movimento come particelle impazzite. «Gli spostamenti veloci sono il principale fattore di contagio fra gli stati. Non vedo sinceramente come si possa pensare di prevedere spostamenti del genere a breve termine. Non mi sfugge il lato positivo che avrebbe un ritorno all’attività, il segnale di ottimismo che potrebbe trasmettere. Ma ci aspetta un ritorno alla normalità inevitabilmente graduale e molto circospetto; fra l’altro le possibilità di una seconda ondata epidemica in autunno sono molto elevate. Mettiamola così: prendere precauzioni anche eccessive oggi è necessario».