AUSTRALIAN OPEN – Wawrinka gioca un match spettacolare, ma non basta. Cede 12-10 al quinto dopo cinque ore. E’ stato danneggiato da una chiamata sbagliata in un momento-chiave. 
Djokovic ha tirato un bel sospiro di sollievo
 
Di Riccardo Bisti – 20 gennaio 2013

 
E’ finita all'1.41 di notte, 12-10 al quinto, con Djokovic in delirio che si è strappato la maglietta come un wrestler. Aveva appena vinto dopo cinque ore e due minuti di gioco. Ma c’è un dettaglio: dall’altra parte c’era lo svizzero sbagliato. Stanislas Wawrinka ha giocato la più bella partita in carriera. Secondo Nole, avrebbe meritato di vincere esattamente quanto lui. E’ il bello e il brutto del tennis: non esiste pareggio e c’è sempre qualcuno che esce in lacrime. Il tabellone segnapunti dice 1-6 7-5 6-4 6-7 12-10 ma non trasmette l’intensità e la bellezza del match più bello del torneo, possibile candidato a partita dell’anno. Ma c’è un “ma” grosso così. Il tennis non è come il calcio, dove spadroneggiano le moviole, anche perché l’introduzione di “hawk-eye” ha dato una bella sferzata di giustizia. Tuttavia Wawrinka può recriminare per una chiamata dubbia, molto dubbia. Eravamo 4-4 al quinto, servizio Djokovic, palla break. La quarta del game, dopo che il serbo aveva annullato le prime tre con una coraggiosa palla corta e due errori di Wawrinka, uno di rovescio e uno di dritto. Sulla seconda palla, Wawrinka, ha scaricato tutta la potenza che aveva su un dritto ad occhi chiusi. Non era un winner, ma lo scambio si era messo bene. Il giudice di linea l’ha chiamata lunga, con la benedizione dell’arbitro Enric Molina. Un ottimo arbitro, autorevole ma non presuntuoso. Wawrinka aveva già esaurito le verifiche elettroniche a disposizione, ed è stato rassicurato dallo stesso Molina. Non ci sono state conseguenze psicologiche, ma solo fattuali: i replay lasciano un mucchio di dubbi. La palla era probabilmente buona. Avesse strappato quel servizio, sarebbe andato a servire sul 5-4.
 
E invece il match è rimasto in equilibrio fino al 10-10, con lo svizzero sempre più in preda a fastidi muscolari (soprattutto alla coscia sinistra), e costretto a farsi massaggiare ad ogni cambio campo. Ma quando c’era da giocare…accidenti. Il rovescio lo conosciamo, ma ha fatto sfracelli anche con il dritto. E poi teneva lo scambio con agio, scardinando qua e là il consueto muro di gomma serbo. “Ho sempre saputo che Stan è un tennista di qualità – ha detto Djokovic – lui ha la capacità di battere i migliori al mondo. Lo ha già dimostrato, su tutte le superfici. Ha usato con efficacia il servizio e la potenza. Si muoveva bene, leggeva bene il mio gioco. Mi è piaciuto tatticamente”. Sull’11-10, lo svizzero ha cancellato due matchpoint: il primo con un servizio vincente, il secondo con un lungolinea di rovescio da urlo, al termine di uno scambio da infarto. Così come è stato da infarto l’ultimo punto, sigillato da un passantino stretto di Djokovic, al quindicesimo quarto di finale consecutivo in uno Slam. Ci si domanda se riuscirà a recuperare in tempo per il match contro Tomas Berdych, facile vincitore in tre set su Kevin Anderson. Ma se l’anno scorso è riuscito a riprendersi tra la semifinale contro Murray e la finale con Nadal…i suoi tifosi possono dormire sonni tranquilli. Semmai devono preoccuparsi per le difficoltà tecniche. Wawrinka ha giocato meglio di lui, annichilendolo fino al 6-1 5-2. I sei game di fila che hanno rovesciato l’inerzia sembravano sufficienti a garantirgli una serata tranquilla, invece ha perso uno spettacolare tie-break del quarto prima di patire le pene dell’inferno nel quinto.
 
“Penso che sia stata di gran lunga la mia miglior partita – ha detto Wawrinka, deluso ma non affranto – ho resistito per cinque ore, cercando sempre soluzioni, cercando di combattere con me stesso e restare attaccato a lui. Gli sono stato molto vicino. Sono molto triste, ma penso che ci siano più aspetti positivi che negativi”. Dopo il caloroso abbraccio, Djokovic si è strappato la maglietta Uniqlo sbraitando verso il suo angolo (dove mancava la fidanzata Jelena Ristic). Aveva fatto lo stesso 12 mesi fa dopo la finale contro Nadal. “Si, ho avuto un flashback dell’anno scorso – ha confessato – questa partita è durata 45 minuti di meno, ma è stata ancora più esaltante. Ho provato a fare del mio meglio e godermi il presente. Non potevo chiudere di più…e che matchpoint! La stanchezza? Ho già vissuto situazioni del genere, anche in questo torneo. So di poter recuperare…ho questa forza dentro di me”. La bellezza di questo match ha oscurato il resto del programma, che peraltro non aveva offerto granchè: Maria Sharapova continua la sua marcia trionfale, lasciando appena un game a Kirsten Flipkens: in quattro match, ha perso appena cinque giochi, migliorando il record di Steffi Graf. Nel 1989, la tedesca ne aveva persi otto allo stesso punto del torneo. Nei quarti se la vedrà con la Makarova. Nessun problema per Agnieszka Radwanska e Na Li, avversarie nei quarti, che hanno battuto rispettivamente Ivanovic e Goerges. Tra gli uomini, detto della vittoria di Berdych, l’ultimo quartofinalista è Nicolas Almagro, che ha raccolto col cucchiaino i cocci di Janko Tipsarevic, ritiratori quando era sotto 6-2 5-1. Adesso troverà il connazionale Ferrer, contro il qale ha sempre perso in 10 scontri diretti.