di Gabriele RivaSono passati nove mesi dall’ultima volta che ha alzato al cielo una coppa
di Gabriele Riva

Sono passati nove mesi dall’ultima volta che ha alzato al cielo una coppa. Era quella del Roland Garros ed era in giugno. Adesso finalmente si è ripetuto anticipando il coro di quelli che lo aspettavano grande solo con il ritorno del rosso. E invece Rafael Nadal non ha voluto aspettare. A Indian Wells ha sfruttato un tabellone più che decente, la scivolata di Re Roger e la giornata no di Djokovic in finale. Il passo più grosso verso il titolo però lo spagnolo lo ha fatto in semifinale, Roddick si è dovuto piegare nonostante il servizio, nonostante la spinta del torneo casalingo, nonostante i favori del pronostico. La finale è stata poco più di una formalità, una firma in banca. Dice Djokovic: "Nadal si può battere, è un grande a preparare le partite ma in quanto a tecnica è battibile, anche sulla terra. E io fisicamente sono il migliore di tutti" (il Tennis Italiano, gennaio 2007, pagina 75). Sì, va bene, intanto sul duro di Indian Wells, dove l’unica terra che c’è è quella del deserto, ha dovuto aspettare due game per portare a casa un punticino. Meno male che l’ha presa bene: quando Rafa ha steccato il rovescio che gli ha dato il primo punto si è messo a sorridere, chissà, magari ripensando a quelle dichiarazioni rilasciate alla nostra rivista.

6-2 7-5 e Rafa si è portato a casa il primo Masters-Series dell’anno, il primo la cui finale si gioca al meglio dei tre set. Anche questa una novità voluta dal nuovo Ceo dell’Atp. Formula più snella, più televisiva. Nessuno però accenni alla polemica, in California, ieri, Rafa avrebbe vinto anche se si fosse giocato "5 su 9", non c’è dubbio. Il primo set non è esistito, due break in partenza, tanti errori di Djoko e alcuni bei vincenti di Nadalito. Quale modo migliore per lui di tornare a sfatare un mito che lo vuole vincente solo sulla terra battuta? Ci voleva un’iniezione di fiducia del genere, per farlo entrare in pieno ritmo ora che si torna nel suo habitat naturale. Anche perché, detto dell’ultimo Roland Garros, non c’era mai neanche andato vicino a un trofeo. L’unica finale tra quella di Parigi e quella di Indian Wells è stata "solo" (e si fa per dire) quella di Wimbledon. Importante sì, ma forse un po’ pochino per uno che occupa stabilmente la seconda piazza del tennis mondiale. Da uno così, ancora in striscia aperta sulla terra, è lecito aspettarsi qualcosa in più.

Se amate qualche nota meramente statistica eccovi accontentati. E’ stata il giorno delle "prime volte", Djoko non aveva mai giocato in finale in un Masters-Series, Nadal non aveva mai vinto a Indian Wells. In più è stata la finale più "giovane" della storia del torneo, dell’ottantasei il vincitore, dell’ottantasette il finalista. Rafa torna a far sventolare la bandiera spagnola a Indian Wells dopo sette anni, l’ultimo a riuscirci fu Alex Corretja nel 2000 e inoltre si tratta del primo mancino ad alzare la coppa dopo Marcelo Rios nel ’98.

"Ho giocato bene, sono contento del mio gioco e del mio successo", ha detto Rafa, che in tutto il torneo non ha perso un set. "Era molto tempo che non vincevo ma per fortuna sono riuscito a tornare alla vittoria in un torneo molto importante". Per contro Novak Djokovic è stato chiamato a dare una spiegazione su quel primo set passato ancora negli spogliatoi. "Ero tesissimo all’inizio, d’altronde era la mia prima grande finale, lui ha cominciato benissimo, mi ha breakkato due volte e poi da lì è dura ritirare su la testa".