Il serbo è troppo forte per Berdych: nel secondo set finisce spalle al muro, ma si tira su in tempo e chiude imbattuto il Girone A. E’ legittimo considerarlo il favorito del torneo.
Novak Djokovic ha chiuso il girone con tre vittorie
Di Gianluca Roveda – 9 novembre 2012
Se i precedenti tra due giocatori sono di dieci vittorie a una, ci sarà un motivo. Lo abbiamo capito nel dodicesimo episodio della rivalità tra Novak Djokovic e Tomas Berdych. Il ceco si impose nella semifinale di Wimbledon 2010, per il resto solo sconfitte. Il motivo è semplice: Djokovic è più forte, oltre a essere più solido di testa. Non si spiega altrimenti il cambio di marcia nel tie-break del secondo set, in cui il ceco è stato avanti 5-1 e poi 6-3. Con il primo set in tasca, il serbo era già certo della qualificazione. Ma non aveva voglia di restare in campo e ha alzato il ritmo per chiudere con il punteggio di 6-2 7-6. “Ho avuto alcune chance nel tie-break – ha detto Berdych – se l’avessi vinto, forse al terzo ne avrei avute ancora. Ma non è successo”. Djokovic ha messo in mostra una grande condizione fisica, correndo da tutte le parti come una trottola impazzita. Non ai livelli di David Ferrer, ma quasi. Vincendo il girone, si è assicurato di trovare il secondo classificato del Gruppo B, uno tra Del Potro e Ferrer (più difficilmente Federer). Per conoscere il secondo semifinalista del Gruppo A dobbiamo aspettare Tsonga-Murray di stasera: allo scozzese basterà vincere un set. Il modo in cui Djokovic ha vinto il girone ne alza le quotazioni, elevandolo allo status di favorito. Nel primo set ha difeso alla grande, tenendo Berdych ben lontano dalla rete e gestendo gli scambi a sua piacimento. Il ceco ha tirato appena tre vincenti in tutto il set, raccogliendo solo il 31% con la seconda palla. Contro Murray e Tsonga gli era spesso capitato di sfondare con i colpi da fondo e poi chiudere a rete. Il serbo non glielo ha permesso.
Nel secondo set, a qualificazione acquisita, Djokovic ha avuto bisogno di provare il brivido del rischio per ritrovare se stesso. Avanti 2-1 e servizio, si è fatto un sonnellino e ha rimesso in partita l’algido Tomas, motivato perché anche perdere in tre set gli avrebbe lasciato qualche speranza. L’equilibio è andato avanti fino 6-5 Berdych. Un bel passante di rovescio ha condotto ilceco sul 15-30, esaltando la folla che aveva fame di terzo set. Il ceco, tuttavia, ci ha spiegato perché in molti lo chiamano “Perdych” (mentre Andrea Scanzi ha coniato l’azzeccato nick “Sparapalle Efebico”). Nel momento di chiudere ha commesso due brutti errori con il dritto. Nole ha ringraziato, e con un ace ha allungato la disfida al tie-break, specchio della differenza tra i due. Berdych esordiva con due volèe vincenti, poi da 2-0 saliva 5-1. Spalle al muro, Djokovic ha organizzato la rimonta e ha giocato il punto migliore sul 6-5: ha anticipato la risposta, impedendo al ceco di organizzare il colpo in uscita dal servizio. Un rovescio nel cuore della rete lo ha condannato. Un altro errore di dritto ha portato il serbo a matchpoint, trasformato da un servizio vincente. Questa partita offre un insegnamento a entrambi: il ceco farebbe bene a non cercare sempre il vincente di dritto nei punti importanti, mentre il serbo dovrebbe evitare di trovarsi sempre spalle al muro per dare il meglio di sé. Tuttavia, pur rigirando la frittata come vogliamo, resta un fatto incontrovertibile: Djokovic è più forte. Adesso Berdych tornerà a Praga per preparare la finale di Coppa Davis: “Sarò pronto. Spero che il meglio debba ancora venire”. Mentre il ceco – senza saperlo – cita Ligabue, il serbo è pronto a chiudere in bellezza la stagione. Sembra difficile fermarlo.
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