Di tutti i colori, esagonali o triangolari, con “isole” di materiale diverso all’interno di un unico filamento. Il mercato ha finalmente compreso l’importanza delle corde: un mondo complesso e in continuo divenire. Ne abbiamo parlato con Mauro Pinaffo, Product Manager di Head … DI ROBERTA LAMAGNI

di Roberta Lamagni

 

Dici Head e pensi a sci o, nel caso specifico, a racchette da tennis e ai campioni che le hanno impugnate e tuttora lo fanno. Da qualche tempo anche a valide palline con cui godersi una buona ora in campo ma, se siete particolarmente attenti, non vi sarà sfuggito che di recente molti sforzi e risorse dell’azienda si sono concentrate sul versante incordatura.

 

L’universo complesso e variegato delle corde non era mai stato considerato dalla Casa austriaca come core business. Fino a qualche anno fa, almeno. Quando un nostro concittadino, Mauro Pinaffo, si è insediato nel quartier generale di Kennelbach, in Austria, e ha contribuito ad alimentare una vera e propria rivoluzione, tuttora in atto.

In qualità di Product Manager Accessories, Mauro è un ingegnere prestato al marketing. Si occupa di tutte le linee di prodotto, collaborando con colleghi austriaci e tedeschi. La sua è un’opera principalmente concettuale, un lavoro che si sviluppa per il 70% del tempo in laboratorio, sottoforma di ricerca e marketing. La curiosità di sperimentare la resa delle “sue” creazioni in campo spetta ad altri.

 

L’ingresso di Pinaffo nella squadra Head si deve alla volontà aziendale di ricreare l’immagine del marchio nel mondo delle corde, alla scelta di costruire una diversa percezione intorno al proprio prodotto, per conquistare credibilità e lasciarsi alle spalle il concetto di corda intesa come accessorio. I risultati dicono che nel 2015 la categoria ha fatto segnare una crescita del 30%, reparto migliore del gruppo.

Viste le premesse, abbiamo incontrato l’artefice del cambiamento per avere da lui una panoramica sul suo universo di studio.

 

– In che direzione sta andando il mondo delle corde?

“Quello delle corde è un mondo dinamico, dove c’è ancora molto da scoprire. La corda in sé sembra un semplice filo di plastica ma in realtà è un oggetto complesso, e il processo per ottenere questo filo lo è ancora di più. Sviluppare una nuova corda partendo da 0 prende almeno un anno e mezzo. I materiali che hanno avuto più successo negli ultimi anni sono il poliestere per il monofilamento e il nylon per il multi, due famiglie con gruppi di riferimento, vantaggi e target differenti. Capita spesso che i giocatori usino corde sbagliate, nel tentativo di imitare i campioni e questo può causare alla lunga anche disturbi fisici. La ricerca va verso il perfezionamento dei materiali per fornire la massima performance, per ottenere corde che abbiano per esempio il controllo del ‘mono’ e il comfort del ‘multi’. Si stanno anche studiando nuove combinazioni di materiali per proporre corde che giochino in modo diverso”.

 

– Negli ultimi anni c’è stata la scoperta dei cosiddetti multi-mono…

“Questa è una definizione fuorviante, perché la corda rimane un mono ma al suo interno ha delle isole in cui il materiale è più confortevole. Si cerca di smorzare la rigidezza del poliestere inserendo al suo interno un poliestere più soffice, ma il materiale è sempre lo stesso. La vera innovazione sarebbe inserire due materiali chimicamente diversi come poliestere e nylon. Sono usciti monofilamenti di nylon, dalla forma cilindrica, che forniscono il controllo e le performance del mono ma con un materiale più confortevole. Hanno però diversi lati negativi, come una perdita di tensione molto alta e una bassa durata”.

 

– Come valuti l’utilizzo di sezioni diverse, da triangolare a esagonale?

“Come Head abbiamo introdotto il modello Gravity, un ibrido tra poliesteri con forme diverse, per massimizzare il potenziale di spin. Quando parliamo di due corde che lavorano insieme con la stessa sagomatura, la cosa non funziona. Usi corde sagomate se vuoi avere più spin, e due sono i meccanismi per generarlo: creando attrito tra la palla e il piatto e tra la corda verticale e orizzontale. Il primo va massimizzato, in modo che le verticali si possono spostare e tornare in sede tranquillamente, il secondo va diminuito al massimo. Due triangolari non si potrebbero muovere e si segherebbero. Ho fatto diversi studi al riguardo: quando si usa la stessa sezione, in laboratorio tutte le corde danno lo stesso numero di giri al minuto. Abbiamo un cannone ad aria compressa che spara a 120 km/h una pallina su una racchetta inclinata; la palla rimbalza e questo rimbalzo ha una rotazione, simulando quello che avviene in campo. Tutte le sezioni forniscono la stessa rotazione, ma quando giochiamo subentra il fattore umano e la differenza sta nel fatto che, avvertendo una diversa risposta della corda, il giocatore cambia movimento e ha l’impressione di generare più rotazione. Tutto però si deve a una percezione in campo”.

 

– Se si tratta di percezioni, perché si prosegue su questa via?

“Cambiando il movimento si genera maggiore rotazione, quindi un effetto diverso si ottiene, ma è il giocatore che adatta il movimento. L’unica corda che effettivamente funziona ‘in autonomia’ è la Gravity, che ha un approccio diverso. Le altre aziende invece lavorano con ibridi con sezioni identiche. Noi ci stiamo concentrando sulla rigidezza della corda, perché vogliamo che lo snapback sia efficiente”.

 

– Quali sono le conseguenze dell’utilizzo di schemi radi, su cui tante aziende sembrano puntare in questo momento?

“Con uno string pattern più rado cambia l’angolo di uscita della palla all’impatto. Si perde controllo, quindi si ha la necessità di una corda più rigida e spessa, che riduca la potenza. Le corde verticali si muovono di più e aumenta l’usura. Occorre salire di tensione, in casi estremi abbiamo utilizzato anche 29kg con un calibro 1,40”.

– Rispetto allo studio di corde simili a quelle dei professionisti ma più confortevoli, queste due esigenze non vanno in conflitto?

“Si va verso una polarizzazione, con corde progettate per i nuovi string pattern e corde più confortevoli per racchette tradizionali. Il mercato va verso la specializzazione, per offrire le più ampie opzioni possibili secondo il concetto custom made. Vent’anni fa esistevano due soli tipi di corde, oggi l’offerta è specifica. Gli string pattern aperti non servono solo per la rotazione, hanno anche lo scopo di rendere la racchetta più facile. La sfida è quella di offrire un plus, con una racchetta e una corda che lavorino bene insieme, l’importante però è fornire le giuste indicazioni e informazioni al giocatore”.

 

– Negli ultimi anni il vostro reparto corde è stato “ristrutturato”, ora in che fase vi trovate?

“Al momento ci siamo presi una pausa per consolidare quello che abbiamo introdotto. La prima fase è stata quella di inserire nel mercato prodotti di alta qualità per rendere il nostro portfolio competitivo; nel 2017 faremo un passo in avanti con diverse tipologie di mono e multi, 4 nuove corde che vanno a inserirsi in famiglie già esistenti. Parallelamente stiamo lavorando a 2 progetti innovativi a lungo termine, per offrire qualcosa di diverso. Finora stiamo giocando sullo stesso campo dei nostri avversari; a lungo termine vorremmo essere innovativi e cambiare terreno”.

 

– Ultimamente si tende a realizzare una stessa corda in più colori. È solo un vezzo o qualcosa di più?

“Sui colori stiamo lavorando molto… Non è una questione affatto banale, perché una colorazione diversa incide molto sulle prestazioni della corda. Quando sviluppiamo una nuova corda, lo facciamo già nel colore del prodotto finale. Il pigmento non è amico del poliestere o del nylon, è qualcosa che va a rompere la sua struttura molecolare. Minerali vengono aggiunti al miscuglio plastico in minime quantità ma cambiano anche la sensazione del giocatore. Un colore nuovo significa una corda nuova. Calibrare il colore nella tonalità corretta richiede più di una operazione, e una volta trovato il colore dobbiamo fare in modo che le performance siano le stesse, facendo esperimenti e accoppiando le curve di rigidezza”.

 

– Quali sono le combinazioni più complesse?

Il rosso è il colore più difficile da utilizzare, perché dal punto di vista chimico non si lega né con il poliestere né con il nylon. La tinta neutra è la più facile, poi vengono il nero, il giallo, il verde e l’azzurro. Questo per via della compatibilità chimica del pigmento e del materiale base. Dal marketing ci arrivano richieste di combinazioni estetiche accattivanti, che spesso ci mettono a dura prova. Il nostro compito è quello di rendere il più simile possibile le prestazioni, anche se ci sarà sempre una minima differenza nella vivacità, nelle vibrazioni, nella capacità di smorzamento quindi nella giocabilità stessa”.