Il nome di Marco Cecchinato è finito sui telegiornali, sulle pagine dei quotidiani politici, ovunque. Il suo più grande merito, al di là delle parole in conferenza stampa (in cui non ha fatto altro che esprimere la sua immensa felicità), è stato distruggere psicologicamente Novak Djokovic. Capita molto raramente che il serbo si presenti senza parole, e con nessuna voglia di parlare, in conferenza stampa. Nole ha riempito le sue risposte di “non lo so”. Risposte monosillabiche, in un mix tra tristezza e fastidio. La favella si è accesa soltanto per fare i complimenti a Cecchinato. “Non mi sembra che abbia avvertito la pressione di giocare in un grande stadio e in una grande partita Ha gestito benissimo la situazione. L'abbraccio? Non è mai stato duro congratularsi e abbracciare un avversario con cui hai condiviso grandi momento sul campo. Oggi c'era un giocatore che meritava di vincere, ed è stato Marco. È un ottimo ragazzo, ha meritato e l'abbraccio dopo la sconfitta è qualcosa che dovrebbero fare tutti”. Nole ha risposto con un secco “no” a chi gli chiedeva se è stata la sconfitta più dura della sua carriera, e soprattutto ha detto di non avere certezze per la stagione sull'erba. “Non so se giocherò sull'erba, non so se giocherò Wimbledon. In questo momento, non sono in grado di darvi queste risposte”. Uno tsunami psicologico, che lo ricaccia indietro dopo gli ottimi segnali mostrati sia a Roma che a Parigi… fino a ieri. Chissà se erano frasi dettate dalla rabbia del momento (“Sono appena uscito dallo spogliatoio”) oppure c'è qualcosa che lo tormenta e gli suggerisce di fermarsi. Vedremo. Chi non si ferma è Marco Cecchinato, che peraltro cambierà programmazione: prima di Wimbledon (dove sarà testa di serie, e si è fatto una risata quando gliel'hanno ricordato), giocherà due tornei sull'erba. Il progetto è migliorare anche lì: “Perché non posso provare a vincere anche sull'erba?”.
QUEL PRECEDENTE A MODENA
Sarà la sfida che dovrà affrontare da lunedì prossimo, quando i media e gli avversari lo guarderanno con occhi diversi e con un rispetto tutto nuovo: imparare a vincere anche lontano dalla terra battuta, dove ha giocato l'87,75% dei suoi match nel circuito ATP, nonche il 94,8% nella sua lunga militanza nel circuito Challenger. Ma ci sarà tempo per pensare al futuro: adesso c'è da preparare una sfida da urlo contro Dominic Thiem, il robot austriaco, l'unico che ha battuto Rafael Nadal su terra nel 2018. "Ma ho vinto un precedente in un torneo Futures. Ricordo quel match, quindi, perché no? Voglio credere di poter battere anche Dominic Thiem”. Ricorda bene, Cecchinato: il 21 luglio 2013, nel giorno in cui Fabio Fognini vinceva l'ATP 500 di Amburgo, si imponeva al torneo Futures di Modena, che nel 2013 si chiamava “Trofeo Armonie by Arte Casa” e metteva a disposizioni 15.000 dollari di montepremi. Era il periodo in cui un giovane Thiem si faceva accompagnare per il tour dal preparatore atletico Sepp Resnik, che poi avrebbe raccontato un sacco di bugie sulle metodologie di allenamento che avrebbe adottato con Thiem, prontamente sbugiardato dal diretto interessato. A Modena, Cecchinato si impose 6-3 6-4 senza patemi. In quella partita – raccontano le cronache d'epoca – fece la differenza la maggiore prestanza atletica dell'italiano. Cinque anni dopo, l'affermazione fa un po' ridere. Thiem è diventato una specie di Iron-Man, ma anche Cecchinato non scherza. La sua tenuta atletica contro Djokovic è stata sorprendente. Durante la premiazione, Marco dedicò il successo al povero Andrea Stucchi, tennista romano scomparso nel 2011 ad appena 20 anni di età. In quel periodo sognava di artigliare le qualificazioni dello Us Open e si lamentava per la mancanza di continuità. Tra le tante parole, disse una frase che letta oggi fa quasi sorridere: “Se non troverò una costanza a livello di top-100, tra qualche anno potrei prendere decisioni importanti perché non mi andrà di galleggiare sotto un certo livello”. Non solo lo ha raggiunto, ma lo ha superato abbondantemente. Ha fatto un miracolo. E non è detto che sia già terminato. In fondo, quella partita si è giocata per davvero. Sei mesi dopo ci avrebbe perso a Doha, nelle qualificazioni. Ma lì si giocava sul cemento. Tutta un'altra storia.