COPPA DAVIS, FINALE – In una città croata che sembra addobbata per un successo argentino, Juan Martin Del Potro e Marin Cilic giocheranno anche il doppio. Entrambi hanno trovato nella forza di un sogno la capacità di andare oltre il razionale. E hanno dimostrato che nulla è impossibile.

La federtennis argentina aveva diritto a 1.500 biglietti, 10% della capienza della splendida Arena Zagreb. Ma le vie dell'albiceleste sono infinite: e così, a seguire la finale di Coppa Davis gli argentini sono molti, molti di più. Qualcuno sussurra che siano 4.000, di sicuro non meno di 3.000. Il loro baccano infernale ha confuso le idee allo spettatore neutrale: siamo davvero a Zagabria, a 11.000 km da Buenos Aires, peraltro in una città senza collegamenti diretti con l'Argentina? Non sono stati gli scali aerei, la distanza o il costo dei biglietti a scoraggiare un popolo che ha una fede immensa, simile a quella che si può provare per una squadra di calcio. Il pubblico, o meglio, la gente, è grande protagonista di questa finale. Gli argentini sono più colorati e rumorosi dei croati, che hanno tenuto fuori dall'impianto i personaggi più accaniti, destinandoli al calcio (o magari al basket). Dentro il palazzone di Zagabria c'è la Croazia bene, quella dei selfie, delle giacche e delle cravatte. C'è anche qualche giovane, ci mancherebbe, ma il fattore ambientale è stato totalmente azzerato, anche al netto della presenza di Diego Armando Maradona, più o meno fuori controllo nel suo box. Ci volevano migliaia di persone per sollevare, almeno virtualmente, un trofeo che pesa la bellezza di 105 chili ed è scortato a vista, manco fosse un Capo di Stato a rischio terrorismo. Quando deve viaggiare, la Coppa Davis viene spezzettata in quattro parti e ogni pezzo viene trasportato da almeno tre persone. Soltanto guardarla, con la sua mole spropositata (è alta 110 centimetri), incute rispetto, quasi timore. Lì dentro, incastonata tra le 217 once d'argento donate oltre un secolo fa da Dwight Davis, c'è la storia del tennis. Una storia che andrebbe ripassata da chi pensa di ridimensionarne portata e importanza. Osservandola da vicino, si leggono i nomi di tutte le finali, dal 1900 a oggi. E' talmente grande che ci stanno tutti, e c'è spazio fino al 2036. Che succederà tra una ventina d'anni, beh, non è ancora dato a sapersi. Osservando la prima giornata di Croazia-Argentina, anche attraverso il filtro della TV, si viene assaliti dalla sensazione che l'Argentina debba solo intascare 'sti benedetti tre punti (ora ne restano due) per mandare in visibilio un paese che negli ultimi anni non ha avuto grossi motivi per festeggiare. Nel calcio, ad eccezione dell'oro olimpico di Atene, non vincono niente dal 1993, ultima Coppa America vinta da una nazionale allenata da Alfio “El Coco” Basile. Hanno avuto la generazione d'oro del basket (anch'essa coronata da un oro olimpico), poi “Las Leonas” di hockey su prato e i “Pumas” di rugby…emozioni tante, trofei pochini. La generazione d'oro c'è stata anche nel tennis, ma i “Legionarios” hanno prodotto tre finali, perdendole tutte. Il weekend di Zagabria ha le sembianze di un indennizzo. Ma i croati non sono d'accordo.

CILIC E DEL POTRO ANCHE IN DOPPIO
I padroni di casa si sono tolti lo sfizio di vincere la Davis 11 anni fa, nella surreale Sibamac Arena di Bratislava, palazzetto in grado di ospitare 4.000 spettatori, molti di meno rispetto al minimo consentito per una finale di Davis. Ma all'epoca, in Slovacchia, non c'era niente di meglio. C'era gente assiepata sui gradini, giornalisti compresi. Ivan Ljubicic e Mario Ancic scrissero la storia sportiva di un popolo tornato paese una quindicina d'anni prima, regalando un po' di libidine a Goran Ivanisevic (ormai ritirato) e a un Ivo Karlovic nelle vesti di riserva. Stavolta potrebbe essere protagonista, specie se si dovesse arrivare sul 2-2. Mizuno, suo sponsor tecnico, ha preparato una divisa che più nazionalista non si può, da far invidia alle maglie delle nazionali. Nonostante la sconfitta, lui è soddisfatto della prestazione. “Adesso ho un giorno per recuperare, conto di essere al 100% domenica”. Il singolare decisivo è una soluzione possibile. I croati partiranno favoriti nel doppio, mentre Del Potro ha tutte le armi per superare Marin Cilic nel primo match di domenica. A quel punto, Karlovic si troverebbe a giocare il match della vita a 37 anni. Contro chi, non si sa. Delbonis – soddisfatto della resistenza opposta a Cilic – si è detto prontissimo a giocare, ma Leonardo Mayer ha più esperienza di lui e Guido Pella, per ammissione del suo stesso capitano, è quello che risponde meglio. E il rendimento in risposta, contro Mister Ace, non è un dettaglio. Come da (vetusti) regolamenti, i capitani hanno tempo fino a un'ora prima del match per annunciare le coppie di doppio. Le indiscrezioni, tuttavia, sono chiare. Zeljko Krajan andrà su Ivan Dodig e Marin Cilic, gli stessi che quattro mesi fa hanno battuto i gemelli Bryan, salvo poi ripetersi contro Herbert-Mahut, coppia numero 1 del mondo. La notizia è che giocherà anche Juan Martin Del Potro, insieme a Leonardo Mayer. Lo si era intuito dagli allenamenti, dove i due avevano fatto coppia fissa, provando e riprovando gli schemi. Le vicende di venerdì non hanno proposto ribaltoni, quindi alle 15 (diretta TV su SuperTennis) vedremo Cilic-Dodig contro Del Potro-Mayer. “Se stiamo bene tutti e quattro, loro partono con un po' di vantaggio” ha ammesso Del Potro.NULLA E' IMPOSSIBILE
Ma la Davis è una brutta bestia, e non solo perché va spezzettata per ogni trasporto, ma perché la testa, il cuore e la tempra contano più dei numeri. Frase fatta? Forse. Grande verità? Quasi sempre. E allora quel numero 6 accanto al ranking di Cilic conterà, ma fino a un certo punto, quando domenica scenderà in campo contro Del Potro (n.38). I precedenti tra i due dicono tante cose: 8-2 per l'argentino, 4-1 sulla lunga distanza. Numeri che fanno sorridere Daniel Orsanic e spaventano Zeljko Krajan, che pure è abituato ai miracoli. Anni fa, grazie al suo duro regime di allenamento, Dinara Safina è diventata numero 1 del mondo. Poi ha seguito Dominika Cibulkova e Laura Robson prima di prendere in carico gli uomini croati. Senza fare troppo rumore, ha creato un gruppo affiatato e dal futuro roseo, grazie all'innesto di Borna Coric. Quando allenava la Safina, lei andava in giro con una t-shirt con scritto “Impossible is Nothing”, slogan del suo sponsor tecnico. Lui le aveva inculcato questa mentalità, adesso dovrà fare altrettanto con Cilic. In fondo, Marin ha già dimostrato che l'impossibile non esiste, se non nelle nostre teste, quando ha vinto lo Us Open. Ma Krajan può essere l'uomo giusto per ricordarglielo. Certe cose le sa anche Juan Martin Del Potro, la cui vicenda è il perfetto copione di un film, che potrebbe avere il lieto fine proprio con la Davis. La zuppieriona era uno dei tre obiettivi sussurrati al “Negro” Marcelo Gomez quando si allenavano a Tandil: gli altri due erano il titolo allo Us Open e il numero 1 ATP. Il “Negro” è convinto che arriveranno tutti, per il semplice fatto che “Delpo” li ha sognati, li ha sognati fortemente. Per questo, con un team che lo coccola come se fosse una superstar, con i compagni che lo hanno paragonato a Lionel Messi (chissà cosa ne pensa Maradona…) ha accettato di fare uno sforzo in più, in barba al polso fragile e a un fisico che ha bisogno di massima attenzione. Però i sogni sono gli antidoti più efficaci all'impossibile. Juan Martin Del Potro e Marin Cilic sanno sognare. Per questo li vedremo avversari oggi, in doppio, e domani, in singolare. Vinca il migliore.