WIMBLEDON – Fabio centra il terzo turno battendo Tim Puetz. Nel tie-break del terzo set ricaccia indietro i critici già pronti a massacrarlo. Sette terzi turni Slam: nessuno come lui negli ultimi 35 anni. Adesso c’è Kevin Anderson.

Di Riccardo Bisti – 25 giugno 2014

 
C’è bisogno di qualcosa a cui appigliarsi. L’uscita dell’Italia ai Mondiali di Calcio ha lasciato una ferita profonda, non tanto per il risultato sportivo, che non cambia di una virgola le condizioni del paese, ma perchè mette a nudo le differenze (non solo calcistiche) tra il 2006 delle notti berlinesi e il brutto pomeriggio di Natal, come se la nazionale fosse lo specchio di un paese in crisi. Non sarà certo un terzo turno (e nemmeno una vittoria!) a Wimbledon a cambiare le cose, però in un momento così così è bello applaudire i successi di Fabio Fognini, per la seconda volta al terzo turno dei Championships (la prima risaliva al 2010). Non ha fatto nulla di eccezionale, giacchè ha battuto il numero 148 e il numero 251 ATP, peraltro soffrendo. “Ma a Fognini le cose facili non piacciono”, come se provasse gusto nell’adeguare il suo livello a quello degli avversari. In realtà non è semplice giocare con gli occhi della critica puntati addosso, come fucili pronti a sparare. Tante critiche sono meritate e lui è il primo a saperlo, come ha ammesso dopo il successo contro Alex Kuznetsov. Ma spesso viene massacrato senza pietà, oltre ogni logica, oltre ogni misura. Si è creato una nomea e i luoghi comuni, si sa, sono duri a morire. E così uno dei supervisor è rimasto seduto a bordo campo per tutta la durata del match contro Tim Puetz, coetaneo che non è mai entrato tra i top-200 ATP e non aveva mai giocato in uno Slam. Scarso? No, vabbè. Non certo un fenomeno, ma pericoloso perché non aveva nulla da perdere e ha vissuto la settimana della vita. Il secondo turno gli ha fruttato 43.000 sterline, l’equivalente di 73.000 dollari. Se consideriamo che in tutta la sua (modesta) carriera aveva portato a casa 81.000 dollari, è facile immaginare che giocasse come su una nuvola.
 
UN VOLO D'ANGELO CONTRO LE CRITICHE
E poi, a vedere la partita, nessuno direbbe che Puetz è numero 251 ATP. A conferma che il livello di gioco nei futures e nei challenger è altissimo. Se escludiamo i mostri sacri, a occhio nudo è impossibile percepire la differenza tra un top-20 e un top-300. La differenza sta nei dettagli, in quella palla che vola via anziché restare dentro le righe, o in una condizione fisica che si consuma prima. Puetz è partito alla grande, mostrando i muscoli a un Fognini rattrappito e forse distratto. Hai voglia a dire che rispetti ogni avversario, ma se peschi il numero 251 sul Campo 16, beh, è dura avere motivazioni fiammanti. Ed è sbagliato. I criticoni erano già lì, con i loro fucili a canne mozze, pronti a sparare dopo il 6-2 che Puetz ha rifilato nel primo set. Ma Fabio ha continuato a lottare, senza fare nulla di clamoroso, ma con diligenza. C’è stata anche una chiacchierata col supervisor (come se facesse parte del contratto!), ma il break al quinto game del secondo gli ha permesso di tornare in partita. I criticoni sono ricomparsi nel tie-break del terzo, quando Fabio si è trovato in svantaggio 0-4 e poi 4-6. Ma lì è venuto fuori il Fognini che ha fatto innamorare gli appassionati, con la sua scanzonatezza mischiata a talento. Ha annullato il primo con setpoint con un attacco in controtempo dopo essersi difeso alla grande sulla risposta di Puetz, mentre sul secondo si è superato, con una volèe in tuffo. Boris Becker era un’altra cosa, ma l’erba del Campo 16 gli deve essere sembrata morbida e accogliente. Ancor di più quando un dritto in contropiede gli dava il set e spediva Puetz per le terre.
 
IL RE DEL TERZO TURNO
Ormai la partita era indirizzata, ma Puetz non mollava. D’altra parte, chi glielo faceva fare con tutti quei soldi in palio? Il break in avvio di quarto era il segno di una resa tutt’altro che imminente. Ma Fabio aveva messo la freccia della KIA, suo fedele sponsor, e ha firmato il controsorpasso con una morbida volèe smorzata che lo ha spinto sul 3-1. Non sarebbe Fognini senza lotta, così ha dovuto cancellare palle break sia sul 4-2 che sul 5-3, ma poi ha potuto agitare il pugnetto verso il suo clan, dove Corrado Barazzutti siedeva a fianco di Josè Perlas con un cappello da pescatore. Fabio è al terzo turno ed è il giocatore italiano ad averlo raggiunto piùà volte negli ultimi 35 anni. E’ la settima volta contro le cinque di Renzo Furlan e Omar Camporese e le quattro di Andrea Gaudenzi e Andreas Seppi. A questi, si aggiungono un quarto (Roland Garros 2011) e un ottavo (Australian Open 2014). Di più: Fabio ha vinto 24 partite negli Slam: se dovesse battere Kevin Anderson, raggiungerebbe Gianluca Pozzi al secondo turno dell’Italian Ranking a colori, secondo soltanto alle 33 vittorie di Andreas Seppi, che però ha tre anni più di lui. Insomma, mentre buona parte dell’opinione pubblica (tennistica) lo critica, lui continua a disegnare piccoli tasselli di storia. Certo, il suo talento meriterebbe qualcosa di più, ma le bizze comportamentali sono un punto debole esattamente con un brutto rovescio o una cattiva seconda palla di servizio. Ci si può lavorare (e lui lo fa), ma non è semplice cambiare da un giorno all’altro. Intanto è al terzo turno a Wimbledon e guarda con legittime speranze al match contro il sudafricano Kevin Anderson, tipo serafico fuori dal campo ma molto temibile dentro. Fabio è sfavorito (i precedenti sono 1-1 ma molto datati), però può dire la sua. E sarebbe una grande soddisfazione far nascondere i criticoni e i loro fucili, magari dietro la Murray Mound. Sarebbe divertente, per Fabio, invitarli a “metterci la faccia” forte di un ottavo sui prati di Wimbledon. Perchè le critiche vanno bene, le offese meno. Ma l’unica cosa da fare, adesso, è pensare alle bombe di Kevin Anderson.