Incredibile al Future di Plantation (Florida): i monegaschi Balleret e Couillard hanno giocato un tie-break chiuso 36-34! E in palio non c’erano nè punti nè dollari…
Quando Benjamin Balleret affrontò Roger Federer…
Di Riccardo Bisti – 8 gennaio 2013
I più arrabbiati saranno Jan Gunnarsson, Michael Mortensen, John Frawley e Victor Pecci. I tipi in questione non hanno lasciato tracce indelebili nella storia del tennis (a parte Pecci, eroe del tennis paraguaiano e finalista al Roland Garros nel 1979), ma si erano costruiti un posticino nella storia ultra-centenaria del nostro sport. Nel 1985 avevano giocato un doppio a Wimbledon, vinto dagli scandinavi con il punteggio di 6-3 6-4 3-6 7-6. Con una particolarità: il tie-break del quarto set era terminato 26-24, con 50 punti giocati. Il più lungo nella storia del tennis. Il record è durato per oltre 27 anni. Forse lo avrebbero battuto John Isner e Nicolas Mahut nel loro incredibile match a Wimbledon 2010, ma l’assenza del tie-break nel set decisivo li spinse verso altri lidi (e record). E allora il primato era rimasto in piedi. Fino a qualche giorno fa, quando la terra verde di Plantation (Florida) ha accolto un esercito di tennisti a caccia di punti e gloria nel primo future americano del 2013. Tornei in cui si sublima il concetto di “United Colors of Tennis”, soprattutto quando le qualificazioni sono composte da 128 giocatori. Per qualificarti devi vincere quattro partite, per portare a casa un misero punto ATP devi passare almeno un turno nel tabellone principale. Ma i punti e i dollari si sono possono quantificare, la goduria no. E Benjamin Balleret avrà esultato come non mai quando lo hanno informato che il 36-34 (settanta punti….set-tan-ta!) con cui ha vinto il primo set contro il connazionale Guillaume Couillard, lo proietta nella storia per aver giocato il tie-break più lungo di sempre. Con buona pace di Jan, Michael, John e Victor.
Dando uno sguardo al tabellone delle qualificazioni di Plantation puoi avere due reazioni. O ti viene il mal di testa o resti affascinato dalle storie di esseri umani che si mischiano in un frullato tennistico senza confini: c’è il burundiano Hassan Ndayishimiye, grande speranza dell’Africa Nera. Il colombiano Felipe Escobar, che con un cognome del genere deve ritenersi fortunato se non gli hanno ancora sparato sul portone di casa. Il bahamense Justin Lunn, che anzichè godersi le spiagge di Nassau ha pensato bene di provare a emulare il mitico Mark Knowles. Lo spagnolo Juan Lizariturry, basco d’acciaio, speranza tennistica di uno dei popoli più orgogliosi del pianeta. Lo zimbabwiano Tariq Ismail, che non si rassegna a lasciare senza gloria il paese della dinastia dei Black. E gli italiani Jean Simonelli e Daniele Cattaneo, due carneadi in cerca di gloria (Simonelli ha una classifica italiana di 2.8). Tutta gente su cui costruire un personaggio. E poi c’erano loro, i sudditi del Principe Alberto. Benjamin Balleret non è uno sconosciuto. Classe 1983, ha avuto un’ottima carriera junior (è stato tra i primi 20), mentre da professionista non ha fatto miracoli. Ha avuto l’attimo di gloria nel 2006, quando giunse al terzo turno del Masters 1000 di Monte Carlo. Franulovic gli diede una wild card per le qualificazioni, e lui ricambiò battendo Portas, Bjorkman, Cristophe Rochus e Grosjean prima di perdere da Roger Federer. Quel risultato lo portò a ridosso dei top 200, ma poi si è fermato lì. Continua a giocare, ma i risultati non arrivano. E’ sceso al numero 636 e gioca spesso in Italia, dove viaggia in macchina. Capita spesso, nei futures nostrani, di vedere un’auto con targa monegasca nel parcheggio del circolo. Sai di chi è.
Ancor meno gloriosa la carriera di Guillaume Couillard, che a quasi 37 anni non si è ancora arreso. Mai entrato tra i top 500, vanta due finali Futures in Ruanda e in Nigeria. Ed è il giocatore con più presenze nella storia della Davis monegasca. Lo scorso aprile hanno entrambi fatto parte del team che ha vinto in Marocco, guadagnandosi la permanenza nel Gruppo II. A Plantation si sono incrociati al terzo turno delle qualificazioni. Poteva essere una partita come tante, forse un po’ particolare, perchè era un derby. Invece passerà alla storia per quei 70 punti che hanno deciso il primo set. 70 punti sono un’enormità. Per vincere un set ne possono bastare 24: per aggiudicarsi questo benedetto tie-break, Balleret ne ha vinti 36. Nessuno voleva mollare, forse perchè voleva fare bella figura col Principe Alberto. Chissà. Per certi versi, hanno fatto meglio (o peggio?) dell’incredibile match tra Vicki Nelson e Jean Hepner a Richmond nel 1984, quando le giocatrici diedero vita a uno scambio di 643 colpi, durato 29 minuti, nel corso di un tie-break durato un’ora e quarantasette minuti. Finì 13-11 per la Nelson, robetta in confronto ai due monegaschi, almeno sul piano numerico. E Balleret non si è affatto stancato: al quarto e decisivo turno di qualificazione, ha lasciato appena un game allo spagnolo Ricardo Ojeda Lara, numero 972 ATP. Mica male. Al primo turno se la vedrà con Jason Kubler, 20enne australiano con la faccia da Maori, n. 332 del mondo e pure lui reduce dalle qualificazioni. Posta in palio: qualche decina di dollari e un punto ATP. Ma certe cose non hanno prezzo.
Una vecchia immagine del team monegasco di Coppa Davis:
Couillard e Balleret sono il secondo e il terzo da sinistra
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