Per la prima volta, un boliviano gioca la finale di un challenger. Hugo Dellien, 21 anni, vuole raggiungere i top-100 e mettere il suo paese nella geografia del tennis.

Di Riccardo Bisti – 24 novembre 2014



Soltanto pochi anni fa, era impensabile che il Canada o il Giappone avessero un loro rappresentante alle ATP World Tour Finals. Nel 2014 è successo. Africa nera a parte, il tennis è ormai totalmente globalizzato. Il Sud America è una realtà in forte crescita, ma limitata a pochi paesi. Al netto delle crisi economiche che si presentano ciclicamente, l'Argentina è il paese con la maggiore tradizione, anche se il Cile e il Brasile hanno avuto dei numeri 1 ATP. Colombia, Perù ed Ecuador hanno avuto buoni giocatori. Ma la Bolivia no, mai. Forse perchè è un paese povero, senza sbocchi sul mare, forse perchè l'altitudine di La Paz (la capitale più alta del mondo) non è esattamente l'ideale per giocare a tennis. Sta di fatto che il paese non è mai entrato nelle rotte del tennis. Il miglior boliviano di sempre è stato Mario Martinez, capace di salire tra i top-35 e vincitore di tre tornei ATP, peraltro un paio in Italia: Bordeaux, Venezia e Palermo. Ma stiamo parlando della preistoria, quando la TV a colori aveva appena fatto capolino nelle nostre cose. Oggi, nell'epoca del 4K, il tennis boliviano sta timidamente sognando. Il merito è di un ragazzo di 21 anni che si chiama Hugo Dellien, appena entrato tra i top-300 ATP. E pazienza se i media del suo paese non hanno dedicato il giusto spazio al risultato. Sfidando Pablo Cuevas a Montevideo, è diventato il primo boliviano di sempre a raggiungere la finale di un torneo challenger.


BOLIVIA, IL TENNIS NON CONTA NIENTE

Eppure dietro c'è una storia curiosa. Dellien, infatti, non doveva nemmeno andare in Uruguay. Tuttavia, un malinteso in extremis ha fatto si che il previsto forfait non diventasse operativo, così gli hanno comunicato che avrebbe dovuto viaggiare ugualmente. Come accade nei film, ha trovato il suo miglior tennis nel momento meno atteso. Ha battuto gente forte come Pere Riba e Facundo Arguello, cedendo soltanto all'idolo di casa Pablo Cuevas, che con questo successo è entrato per la prima volta tra i top-30 ATP. “Ma tanto in Bolivia non se ne accorgerà nessuno, il tennis non conta niente nel mio paese, in meno di una settimana si saranno già dimenticati tutto – ha detto con un pizzico di amarezza – il mio trofeo è la possibilità di giocare contro Pablo Cuevas”. Nel weekend di Montevideo, mentre gli occhi del tennis erano tutti su Lille, Dellien ha ricevuto decine di telefonate e ha ricordato gli anni d'oro di Mario Martinez, ma non si è montato la testa. Sa di aver bisogno di tante altre vittorie per cambiare vita. Durante il Roland Garros 2011 ha annusato la vita che sta sognando, quando ha potuto palleggiare con Nadal. A Quito, dove ha raggiunto per la prima volta i quarti in un challenger (e ha superato il primo top-100 in carriera, Alejandro Gonzalez), gli hanno chiesto una foto “Perchè sarà il ricordo dell'incontro con un futuro top-10”. Lui ha detto, imbarazzato: “Speriamo che sia così!”. Adesso si godrà qualche giorno di vacanza nella sua Trinidad, città di 120.000 abitanti nel cuore della Bolivia, poi tornerà a pedalare in Argentina, presso l'accademia Parque Norte di Buenos Aires, dove si è trasferito quando aveva 15 anni.


I CONSIGLI DI FEDERER

Attualmente è allenato dal coach argentino Angel Gimenez e ha una tifosa speciale in mamma Silvana, che ancora oggi raccoglie tutti gli articoli di giornale in cui si parla di lui. “Si applica molto in quello ce fa, ha le idee chiare e una forte personalità. Per convincerlo a fare qualcosa, devo spiegare bene tutto nei dettagli. E quando fissa un obiettivo, non lo molla finchè non lo ha raggiunto”. Lui è un ragazzo inquadrato, sul serio. “Quello che mi piace del tennis è che dipende tutto da me. In altri sport, come il calcio, si gioca in squadra. Nel tennis sono io a dover prendere le decisioni. Se perdi è colpa tua, se vinci è perchè hai fatto lo sforzo giusto. Inoltre mi sta insegnando a dare il giusto valore alle cose e trovare un modo per andare avanti. In giro per il mondo, non ci sono i genitori a darti una mano. Devi maturare per forza, e in fretta”. Per ora il suo palmares è ancora povero: qualche anno fa ha permesso alla Bolivia di qualificarsi per la Davis Cup Junior, poi ha vinto la Copa del Cafè in Costa Rica (“Andai da solo e vinsi il torneo, i miei genitori mi videro in TV, non era mai successo”). Hugo vuole entrare tra i top-100 ATP, per ora non chiede di più. E per riuscirci non fa altro che allenarsi a più non posso. “Non vedo altre possibilità. Se fai le cose per bene, i successi arrivano per forza”. Come tanti ragazzi della sua generazione, il suo punto di riferimento si chiama Roger Federer. Lo ha potuto conoscere e scambiare qualche parola con lui. “E' una persona molto umile, mi ha detto che non bisogna farsi condizionare dai risultati. Se veramente vuoi qualcosa ce la puoi fare. Mi ha fatto l'esempio di Feliciano Lopez, che ha ottenuto i migliori risultati dopo i 30 anni”. Con sette ore di allenamento al giorno (quattro di tennis e tre di preparazione atletica), il risultato può arrivare. E se non arriverà, il giovane Hugo potrà ritirarsi senza rimpianti, magari davanti a un piatto di sushi (il suo preferito) e guardando una partita dell'Oriente Petrolero di Santa Cruz, la sua squadra del cuore. Ma adesso la strada è segnata.