Prima o poi doveva succedere. Novak Djokovic era davvero troppo lontano dalla forma migliore per pensare di andare chissà dove. Ha vinto un paio d’incontri “col nome”, poi ha passato le pene dell’inferno contro Mischa Zverev, ma il suo Masters 1000 di Shanghai è terminato (giustamente) prima della finale. Fa piacere che a prendersi l’onore di batterlo sia stato lo spagnolo Roberto Bautista-Agut, giocatore spesso sottovalutato, ma dal tennis tutt’altro che banale. Ora se ne saranno accorti anche i più scettici, dopo il 6-4 6-4 con cui ha mandato al tappeto la brutta copia di Djokovic, e raccolto una finale in un Masters 1000 che sembrava impensabile per uno che a 22 anni giocava ancora i tornei Futures, mentre 24 sgomitava nei Challenger sognando un posto fra i top-100. La cosa sorprendente è che guardando le statistiche del suo successo contro “Nole”, senza conoscere il punteggio finale, verrebbe da ipotizzare che a vincere sia stato il serbo. Djokovic ha chiuso con un saldo migliore (seppur comunque negativo) fra vincenti ed errori, – 6. Ha servito più prime palle, ha vinto più punti con la seconda di servizio, ha tirato più vincenti col diritto, più vincenti col rovescio, e soprattutto ha dovuto giocare la bellezza di 25 punti in meno nei propri turni di battuta. Eppure, dopo 1 ora e 47, i punti totali hanno dato ragione a Bautista-Agut: 75 contro 71. Soli quattro punti in più per gli altrettanti game di differenza, a conferma della grande capacità dello spagnolo di capitalizzare le occasioni. Nel primo set se n’è fatta bastare una, sul 5-4, dopo aver appena salvato due palle-break. Con un lob di diritto si è preso il 30-40, e dopo uno scambio da 17 colpi ha approfittato del errore di Djokovic, che ha pensato bene di sfogarsi distruggendo la sua nuovissima Head Speed Pro.
TRE MATCH-POINT DA DJOKOVIC, MA IL QUARTO È MAGIA
Mentre da casa coach Boris Becker si lamentava su Twitter del commento (su Sky Sport UK) di Peter Fleming, la saga del “Nole furioso” è continuata con una t-shirt strappata – come avvenuto a New York contro Wawrinka – nel quinto game del secondo set, prologo a un nuovo allungo di Bautista-Agut. Prima 4-2, poi 5-3, con tre break di fila. Diventati cinque poco più in là. Con l’acqua alla gola Djokovic è tornato Re, cancellando tre match-point alla grandissima: il primo con una risposta vincente all’incrocio delle righe, il secondo chiamando a rete il rivale con una precisa smorzata e poi infilzandolo con la volèe incrociata sul suo recupero, il terzo in pieno stile Djokovic, comandando destra-sinistra con i piedi sulla linea di fondo. E quando un diritto in rete del valenciano l’ha riportato “on serve” sul 4-5, il match sembrava pronto a cambiare, come successo mille volte. Ma oggi non era come le altre volte. “Nole” ha regalato lo 0-30, poi è rientrato, ma a quel punto anche Bautista ha deciso di dire la sua. Si è preso un quarto match-point attaccando in grande stile, e ha chiuso alla Seppi con Federer, con la libidine di un ultimo punto stupendo. Djokovic ha attaccato (neanche male) col diritto, lui ha arpionato la palla e di polso l’ha infilato con l’hot shot del match, uno splendido passante lungolinea sulla riga, prima di sdraiarsi a terra a festeggiare la miglior vittoria in carriera. “Ricordo che la prima volta che ho giocato contro Djokovic – ha raccontato Bautista – pensai fosse di un altro pianeta. Non posso descrivere come mi sento, non mi sarei mai immaginato di poterlo battere. Credo che nel primo set abbia anche giocato un buon tennis, poi io ho alzato il livello”.
NIENTE DEDICHE: QUESTA VITTORIA È SOLO PER LUI
Dopo il successo di venerdì con Jo-Wilfried Tsonga, il ventottenne spagnolo aveva firmato la telecamera scrivendo “mamma e papà”, per dedicare la vittoria ai genitori. Stavolta, invece, dopo averci pensato un secondo si è limitato a un semplice autografo. Questa, di vittoria, è solo per lui, che si guadagnerà il best ranking al numero 13 in una stagione iniziata alla grande con gli ottavi a Melbourne e i titoli ad Auckland e Sofia (curiosità: in carriera ha vinto quattro ATP tutti su superfici diverse, terra, erba, cemento e veloce indoor), ma poi andata un po’ scemando. Si è risollevato con la finale a Winston Salem e la “semi” a San Pietroburgo, prima di regalarsi la miglior settimana di tutta la sua vita. Si abusa spesso di frasi come “lo ripaga dei sacrifici fatti” e quant’altro. Per carità, la gran parte delle volte è vero. Ma c’è spesso anche un po’ di (sana) retorica. Stavolta invece no, almeno secondo quanto raccontato in un’intervista a inizio stagione da José ‘Pepe’ Vendrell, tecnico alle prime armi al quale “Bati” ha deciso di affidarsi, prima di affiancargli il più esperto Tomas Carbonell. “Dedica 24 ore al giorno a pensare al tennis – ha detto – e a volte ci capita di doverlo obbligare a staccare, a prendersi dei momenti di relax”. Ma guai a credere che significhino divertimento o tempo da dedicare a spendere gli oltre cinque milioni raccolti in carriera, in grande aumento questa settimana. L’unico svago del buon Roberto sono i suoi due cavalli, che possiede sin da bambino e corre ad abbracciare ogni volta che rientra nella sua Castellòn De La Plana. L’hanno aiutato a galoppare sempre più in alto, e oggi sorridono insieme a lui. Aspettandone il ritorno a casa con più trepidazione del solito.
MASTERS 1000 SHANGHAI – Semifinali
Roberto Bautista-Agut (ESP) b. Novak Djokovic (SRB) 6-4 6-4
LA SCHEDA DI ROBERTO BAUTISTA-AGUT
GLI HIGHLIGHTS DEL SUCCESSO SU DJOKOVIC
Il tennista che sussurrava ai cavalli
Approfittando di un Novak Djokovic di nuovo lontano dal top, Roberto Bautista-Agut si traveste da eroe a Shanghai. Lo batte in due set, con un match-point delizioso, e si prende la prima finale in carriera in un Masters 1000. Lui che a 24 anni giocava ancora a livello Challenger. “La prima volta che ho affrontato Djokovic ho pensato fosse di un altro pianeta. Invece…”