È una delle discussioni più in voga nel tennis attuale, ma come la pensa chi sta dentro all’ATP? Giorgio di Palermo, membro del board, ci ha dato la sua opinione. “Pensare di cambiare delle regole solo perché il tennis è rimasto (quasi) sempre uguale a se stesso, mi sembra una ragione piuttosto debole”. (Tratto da "Il Tennis Italiano" di marzo)Nel Consiglio Direttivo della ATP – nel quale rappresento i giocatori per l'Europa – e nel mondo del tennis in generale, ci si interroga sull'opportunità di apportare dei cambiamenti ad alcune regole del gioco. A mio avviso, le premesse da fare sono almeno due. La prima riguarda la natura del gioco: il tennis è lo sport globale che ha cambiato meno le sue regole (altri sport ne hanno introdotti di radicali come l'eliminazione del passaggio al portiere nel calcio, il tiro da tre punti nel basket, il libero, l'abolizione del cambio-palla e il net nella pallavolo): non so se considerare questa immobilità come una forza o una debolezza perché ci sarebbero argomenti a favore di entrambe le tesi. Di certo, pensare di cambiare delle regole solo perché il tennis è rimasto (quasi) sempre uguale a se stesso, mi sembra una ragione piuttosto debole.
La seconda premessa riguarda la motivazione per cui sarebbe necessario cambiare. Alcuni ritengono che la principale sia di permettere alle tv di avere un palinsesto più sicuro e preciso, altri della necessità di venire incontro alle esigenze della nuova generazione di tifosi. A questo proposito, va detto che il tennis non è mai stato così in salute come sport globale. Salvo sporadiche eccezioni, in ogni paese si registrano incrementi di pubblico nei tornei, di telespettatori e utenti web. Nonostante ciò, prevale l'argomentazione che cambiare, o meglio, restare al passo con i tempi, sia opportuno. Senza dimenticare che, con l'avvento dei canali tematici, il palinsesto televisivo e i suoi tempi potrebbero non essere più un problema, così da non avere più l'esigenza di accorciare la durata delle partite.
Mi pare che qualsiasi proposta di cambiamento debba contenere in sé una ragione per farlo. Ovvero, se si crede che le partite debbano avere durate più breve, le proposte devono essere orientate in tal senso; se invece si volesse, ad esempio, aumentare il numero degli scambi o delle discese a rete, di "allungare" la vita sportiva alle star del gioco o di migliorare l'intrattenimento per i telespettatori, le misure da adottare dovrebbero necessariamente essere diverse.
"Mi piace l'idea di cambiare il punteggio dei set, adottando il formato a quattro giochi con incontri al meglio dei cinque set e tie-break ai 10 punti al posto del set decisivo. Credo invece che il punto secco sul 40 pari ridurrebbe troppo l'importanza della preparazione fisica e giocare senza il let nel servizio non farebbe differenza".
E quindi, su questa base, se vi fosse data la possibilità di effettuare dei cambiamenti nel gioco o nel punteggio (sono due cose differenti), cosa si potrebbe modificare? E soprattutto, perché?
Per quello che mi riguarda, da una parte vedo come una grande responsabilità cambiare le abitudini di moltissimi appassionati (cambiare le regole coinvolgerebbe tutti i milioni di tennisti praticanti), dall'altra cerco di immedesimarmi nella generazione che potrebbe beneficiare di uno sport più snello e attraente, e cerco di capire cosa potrebbe piacere ai Millennials. Per me, quest'ultima è l'esigenza più importante. I ragazzi devono continuare ad avvicinarsi al tennis e rimanergli fedeli. Per cui credo sia necessario renderlo più attraente con alcuni accorgimenti, senza snaturarlo. Tra le proposte che riscuotono maggior credito nel mondo della politica tennistica, c'è l'abolizione del let sul servizio, il punto decisivo sul 40 pari, cambiare il formato del set e ridurlo a quattro giochi, giocare un tie-break a 10 punti al posto del set decisivo, introdurre l'intervento del coach durante i cambi di campo. Altre proposte, più o meno fantasiose come ridurre la superficie del rettangolo del servizio o aumentare l'altezza della rete, non sono per ora oggetto di discussione perché ritenute troppo radicali.
Personalmente, mi piace l'idea di cambiare il punteggio dei set, adottando il formato a quattro giochi con incontri al meglio dei 5 set e tie-break ai 10 punti al posto del set decisivo. Credo che adottare allo stesso tempo il no-ad scoring potrebbe ridurre troppo l'importanza della preparazione fisica nel gioco, per cui ritengo non sia corretto, mentre giocare senza il let sul servizio non farebbe una grande differenza: non ne vedo l'utilità. Tuttavia, l'aspetto più importante è non voler cambiare per il gusto di farlo o senza avere in mente un'idea finale: sarebbe un progetto destinato al fallimento.
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GIORGIO DI PALERMO
Cinquantadue anni di Roma, ha lavorato per diversi anni come Tour Manager dell'ATP, ora è membro del Board dell'Asssociazione Giocatori Professionisti. Grande esperto della storia del tennis, in particolare potete chiedergli qualunque cosa su Bjorn Borg: lui vi saprà rispondere.
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