Chi si ferma è perduto. Se ci si muove nella giusta direzione, beh, è ancora meglio. Tra qualche anno, il tennis dovrà affrontare un delicato passaggio generazionale. In tanti si domandano cosa succederà dopo i ritiri dei vari Federer, Nadal, Djokovic, e si sono già create due fazioni. C'è chi teme una crisi, che l'Età dell'Oro stia per finire e che gli eredi non siano all'altezza. Altri sono più ottimisti perchè la storia è dalla loro parte. Il tennis ha saputo sopravvivere e migliorarsi dopo ogni ritiro eccellente. Alcuni giocatori sembravano insostituibili, ma inevitabilmente arrivava qualcuno a sostituirli più che degnamente. Però siamo nel 21esimo secolo e non c'è tempo per aspettare. E così anche il tennis, inteso come istituzione, sta cercando soluzioni per rendersi più appetibile. A parte l'IPTL e le sue regole divertenti ma astruse, fin troppo futuristiche, abbiamo avuto un antipasto lo scorso gennaio in Australia, quando è stato sperimentato il “Fast4 Tennis”. Tutto uguale, cambia soltanto il punteggio. I set arrivano a quattro game (si gioca il tie-break sul 3-3, peraltro ai 5 e non ai 7, con punto decisivo sul 4-4), viene sdoganata la regola del no-advantage (punto secco sul 40-40) e si utilizza la norma del “no let” sul servizio (già sperimentata un paio d'anni fa nei challenger, e bocciata dai giocatori). Per dare pubblicità all'iniziativa, hanno scelto un testimonial d'eccezione come Roger Federer, che a Sydney ha giocato cinque set (o meglio, cinque mini-set) contro Lleyton Hewitt. L'opinione dello svizzero? Bello, divertente, interessante, ma si perde la tipica incertezza del tennis. “Non sai mai se dovrai giocare ancora 45 minuti o 3 ore, invece così è tutto più facile. Probabilmente allungherebbe le carriere”. L'iniziativa è di Tennis Australia ed è stata scimmiottata dal Twenty20 del cricket. Obiettivo: rendere più emozionante la partita, con momenti importanti più frequenti e meno tempi morti. “La gente vuole vedere tanti punti importanti, non un match che si trascina troppo a lungo” ha detto Craig Tiley, amministratore delegato di TA. A suo dire, il tennis richiede troppo tempo ed è molto esigente con il pubblico. “Guardate cosa succede negli stadi – prosegue Tiley – la gente inizia ad interessarsi a un match solo dal 3-3 nel primo set. Ci sono troppi momenti morti".
POCHI CAMBIAMENTI IN 138 ANNI DI STORIA
La vicenda è sempre più sentita: oggi abbiamo giocatori che “vendono” da soli gli eventi (a proposito, la prevendita dello Us Open sta andando fortissimo), ma in futuro? Quando il numero 1 sarà uno tra Kyrgios, Rublev o chissà chi, ci sarà lo stesso interesse? Difficile prevederlo. Allo Us Open non sono previsti cambiamenti nell'immediato, anche se il portavoce Chris Widmaier ha detto al Wall Street Journal che il ritmo “è un settore che può essere migliorato e stiamo esplorando alcuni concetti che possano affrontare il problema”. A New York, dove c'è una cultura dettata dagli sport americani, è molto sentito il tema della libertà del pubblico. Negli Stati Uniti non digeriscono l'obbligo di spostarsi soltanto ai cambi di campo, per questo vorrebbero garantire più libertà a tutti gli spettatori, anche quelli che si trovano nelle file più basse. “Una delle prime cose che vorremmo fare, se i giocatori sono d'accordo, è l'inserimento si un servizio bevande e cibo proprio a bordocampo". Buona parte di tutto questo dovrà passare dall'ATP, il cui presidente Chris Kermode vorrebbe abolire il let e magari ridurre la durata del palleggio di riscaldamento. “Ma andranno testate nei tornei minori, su queste cose ci vuole molta attenzione”. Come detto, il no-let è stato sperimentato nei challenger quando c'era ancora il compianto Brad Drewett. L'esperimento è durato tre mesi, ha avuto reazioni negative ed è stato rapidamente eliminato, senza grossa pubblicità. Il tennis è uno sport molto legato alle tradizioni ed è guidato da troppe associazioni, spesso in disaccordo tra loro. Questo ha certamente rallentato i cambiamenti: i più grandi, in una storia che dura da 138 anni, sono stati il tie-break negli anni 70 l'introduzione di occhio di falco. Un po' poco. Per questo, la voglia di cambiamento cresce giorno dopo giorno.
SINGOLARISTI SCETTICI, DOPPISTI ENTUSIASTI
Uno degli eventi con uno spirito particolarmente innovativo è il World Team Tennis, il campionato a squadre americano. Nato nel 1974 per volere di Bilie Jean King. È facilmente riconoscibile per i campi colorati e tante regole originali. E' stato tra i primi a legalizzare l'utilizzo di occhio di falco e a inserire il coaching ad ogni cambio campo, un po' come accade in Davis e Fed Cup. Nei circuiti mondiali, l'iniziativa è stata accolta (parzialmente) solo dalla WTA. Tra gli argomenti più sentiti del momento c'è il tempo tra un punto e l'altro. Le perdite di tempo di alcuni giocatori hanno fatto discutere, tanto che si è parlato di inserire uno “shot clock” come avviene nel basket. Il WTT lo utilizza, proprio come la IPTL asiatica (che quest'anno vivrà la seconda edizione con una franchigia in più: i Japan Warriors). I giocatori, veri diretti interessati, sono ancora scettici. Spesso rifiutano l'argomento, e quando ne parlano si dicono contrari come Milos Raonic e Jelena Jankovic. Quest'ultima guarda con orrore il no-advantage. “Oddio, speriamo che non arrivi, abbiamo già pressione a sufficienza quando giochiamo”. A dire il vero neanche Craig Tiley, tra i più accesi fautori del Fast4, pensa a cambiamenti drastici. “Vogliamo creare qualcosa di diverso, alternativo. Un evento nuovo. Se poi dovesse avere successo, beh, se ne potrebbe parlare”. In merito al no-advantage è importante il parere dei doppisti, che lo vivono ogni giorno. “Io lo metterei anche in singolare – ha detto Nestor a Tom Perrotta – quando vedi sempre lo stesso scambio, 200 volte in una partita, la faccenda si fa un po' noiosa”. La pensa così anche Bob Bryan: “Magari all'inizio i giocatori si arrabbierebbero, ma non ci vorrebbe troppo per abituarsi”. Da parte sua, l'ATP organizzerà un torneo sperimentale per provare alcune novità: una specie di Masters, senza punti ATP in palio, riservato i migliori otto Under 21 nel circuito. Sarà l'occasione per provare le varie modifiche in un contesto agonistico, ma senza tensione. La rivoluzione potrebbe partire da qui, dai futuri numeri 1. Saranno loro a dover garantire il futuro (roseo) del tennis.