IL LIBRO – La seconda fatica di Alessandro Mastroluca racconta la straordinaria vita di Arthur Ashe, campione dimenticato ma “simbolo di libertà”. Una lettura sorprendente.
Nel 1992, Arthur Ashe è stato nominato "Sportivo dell'Anno" da Sports Illustrated

Di Riccardo Bisti – 20 luglio 2013

 
Tempo fa, presentando un libro di Paolo Caldarera (tra gli addetti stampa del CONI e giornalista di grande esperienza), Rino Tommasi lo definì: “Una ditta seria a cui si può concedere fiducia”. Chi conosce Alessandro Mastroluca, sa che è così anche per lui. E non solo per le capacità di scrittura, peraltro riscontrabili quotidianamente sul sito www.ubitennis.com, quanto per il coraggio e la passione nell’addentrarsi in vicende difficili, complesse e mai vissute in prima persona. Perché Alessandro deve ancora compiere 30 anni e ne aveva otto quando Arthur Ashe, in una commovente conferenza stampa, annunciò al mondo di avere l’AIDS. E allora, scrivere le 230 pagine che compongono “Il successo è un viaggio: Arthur Ashe, simbolo di libertà” è stato uno sforzo importante e colmo di passione. Non potrebbe essere altrimenti per un libro con l’obiettivo (centrato in pieno) di raccontare e spiegare una piaga della nostra società (il razzismo), fotografandola dalla prospettiva di uno dei più grandi sportivi neri di sempre. Se pensate ce “Il successo è un viaggio” sia un libro di tennis, vi sbagliate. E’ molto di più. Apre la conoscenza su vicende che magari conoscevi, per sentito dire o per modeste infarinature scolastiche, ma che non ti erano mai entrate in testa. Come l’odioso concetto “uguali ma separati” che in tanti stati americani teneva distanti i bianchi e i neri, intesi come razza inferiore, con meno virtù e meno diritti. Il tutto negli Stati Uniti, che dovrebbe essere la patria della democrazia. Ci sono voluti decenni affinchè il razzismo fosse messo in un angolo, almeno sul piano legislativo. Purtroppo, ancora oggi, esiste qualche fanatico del Ku Klux Klan, ma le cose vanno certamente meglio rispetto a un paio di secoli fa.
 

Mastroluca ci racconta, con dovizia di particolari, il calvario che i neri hanno dovuto sopportare per avere gli stessi diritti dei bianchi. E lo sport è uno degli strumenti più importanti, sia di schiavitù che di libertà. Prima di addentrarsi nel personaggio-Ashe, c’è un capitolo dedicato ad Althea Gibson, prima grande “colored” nella storia del tennis. Althea ha dovuto lottare anche solo per essere ammessa ai tornei, salvo poi diventare la prima atleta di colore a vincere Wimbledon. Stesso percorso per Arthur Ashe, la cui vita è un affascinante romanzo che potrebbe tranquillamente essere la sceneggiatura di un film. L’appassionato qualunque lo cita ogni anno durante lo Us Open, dove gli hanno intitolato il Campo Centrale, ricorda il suo successo a Wimbledon 1975, quando in finale fece un capolavoro di tattica contro Jimmy Connors, e forse ha ancora in mente il suo ritiro contro Ilie Nastase durante il Masters di quell’anno. (“Ho sbagliato, ma stavolta mi aveva proprio stufato” disse, salvo poi aiutarlo a passare ugualmente il girone eliminatorio). Ma Arthur è molto di più, a partire da una carriera di altissimo livello: vinse altri due Slam (Us Open 1968 e Australian Open 1970) e un totale di 33 titoli. Le fasi salienti sono ben raccontate nel libro di Mastroluca, completo e nozionistico senza risultare noioso. Ma lo stesso Ashe (che pure non aveva un carattere semplicissimo) sarebbe stato più felice di essere ricordato per le sue attività extra-tennistiche, sempre in nome della libertà.
 
Una libertà che doveva essere quella dei neri, per i quali si è battuto con orgoglio e lucidità, diventando una sorta di Martin Luther King dello sport. Nel 1973, dopo tanti rifiuti, gli fu concesso di giocare il torneo di Johannesburg, e fu un evento planetario. Un nero nel paese dell’apartheid, escluso dalle Olimpiadi del 1968, le stesse in cui ci fu la storica immagine di Tommie Smith e John Carlos, con il loro pugno chiuso verso il cielo e i piedi nudi durante l’esecuzione dell’inno nazionale. Li ricordiamo come due eroi, ma non furono accolti esattamente così: li cacciarono dal villaggio olimpico, furono sospesi dalla nazionale americana e subirono decine di ritorsioni. Soltanto decenni dopo il loro coraggio, il loro “pugno al razzismo” ha avuto il giusto riconoscimento. Ashe si è mosso in questo clima ed ha ottenuto grandi risultati, così come nella creazione dell’ATP e nel diritto dei tennisti di giocare i tornei che vogliono senza dover sottostare agli ordini di dirigenti e federazioni. Ovviamente, partecipò al boicottaggio di Wimbledon 1973 in solidarietà a Nikki Pilic. Ashe ha trovato il modo di combattere per la libertà anche a causa della malattia. Fu costretto a ritirarsi a causa di un attacco di cuore, tanto che dovettero mettergli un quadruplo bypass. Un secondo intervento, nel 1983, fu quello fatale. Una trasfusione di sangue infetto gli fece contrarre l’AIDS, la “Peste degli anni 80”. Lo scoprì nel 1988, quando aveva da poco adottato la figlia Camera insieme alla moglie Jeanne. Riuscì a tenere il segreto per quattro anni, quando la voce giunse alla redazione sportiva di USA Today. Lui non negò, ma chiese il tempo di poterlo annunciare in prima persona. E così fece, nell’aprile 1992, dieci mesi prima della morte. Gli ultimi anni di vita di Ashe sono stati fortemente impegnati nelle attività sull’educazione sessuale e sul sesso sicuro, cercando di togliere al mondo l’ignoranza su una malattia che aveva terrorizzato una generazione.
 
Tutto questo, e molto altro, è spiegato con passione e delicatezza da Alessandro Mastroluca, giunto alla sua seconda fatica letteraria. Lo scorso anno, infatti, era uscita “La valigià dello sport”, in cui raccontava il XX secolo nel delicato intreccio tra sport e politica. Anche lì c’era un capitolo su Ashe, ma era solo l’assaggio di un libro edito da Castelvecchi Editore nella collana Ultra Sport, e che è stato presentato lo scorso giugno su Sky Sport 24. In questo articolo vi abbiamo dato una modesta infarinatura, senza entrare in un dettaglio che “Il successo è un viaggio” vi offrirà con uno stile asciutto ma completo. Ha impressionato la cura della parte bibliografica: ci sono oltre 200 note a piè di pagina, alcune davvero interessanti (volete rinfrescarvi la memoria sullo scandalo Watergate? Troverete anche quello). La fatica e la cura si vedono in ogni singola pagina: nelle centinaia di libri che escono mensilmente, non sempre è così. Per questo, il libro di Mastroluca merita di finire nella vostra biblioteca, e non solo perché siete appassionati di tennis. Potete tranquillamente regalarlo anche ai profani, senza correre il rischio di deludere. Noi ve lo consigliamo. Per meno di 20 euro (il prezzo di copertina è 19,50), è un acquisto che vale la pena fare. Anche in tempi di crisi. 

IL SUCCESSO E' UN VIAGGIO
Alessandro Mastroluca 
237 pagine – 19,50 €

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