Seppi vince l’ennesima maratona contro Denis Istomin, battuto in cinque set (ma in meno di tre ore). Adesso sfida Chardy, che lo battè due anni fa negli ottavi. La Knapp serve male e lascia spazio a Simona Halep.

Di Riccardo Bisti – 19 gennaio 2015

 
Il soldatino non tradisce. Era il soprannome di Corrado Barazzutti, ma non ci sono dubbi sull'erede: Andreas Seppi. Forse Renzo Furlan aveva caratteristiche tecniche più simili, ma è durato meno. Andreas, invece, spinge da una dozzina d’anni e non molla. Non molla. Non molla. Per uno così, l’ennesima sfida contro Denis Istomin è una passeggiata di salute. Era il nono scontro diretto, il quinto in uno Slam, con i quattro precedenti sempre giunti al quinto set. Anche stavolta è andata così, ma ha vinto il giocatore più forte, meritevole, tenace. Tra l’italiano e l’uzbeko, a dispetto dei luoghi comuni, è più bravo l’italiano. Non c’è stata neanche troppa epica, e il punteggio parla chiaro: 5-7 6-3 2-6 6-1 6-4. Istomin ha prodotto il massimo sforzo per andare avanti due set a uno, poi aveva meno benzina. Eppure è due anni più giovane e serve più forte. Ergo, ha un gioco meno dispendioso. Ma se la partita diventa dura, Seppi lo è ancor di più. Quando gli parlarono delle proposte ITF di accorciare le partite, con set più brevi e regola del “no-ad”, lui ci scherzò sopra. “Se fosse così, avrei perso molte più partite di quante ne abbia già perdute”. Invece il tennis premia ancora quelli come lui. L’invecchiamento generale dei top-100 gioca a suo favore. Il prossimo 21 febbraio compirà 31 anni e sta bene. Molto bene. Ha trovato una certa stabilità emotiva, ha ovviato alla perdita del guru Dalibor Sirola (oggi al fianco di Milos Raonic) con un preparatore atletico altrettanto valido, Goran Turza, raccomandato proprio da Sirola. Il 2015 ci ha restituito un Seppi di nuovo brillante, gioiosamente simile a quello del 2012 d’oro. Sotto 2 set a 1 contro Istomin, ha messo il turbo e non ha rischiato granchè, prendendo subito un break di vantaggio in avvio di quinto set. L’uzbeko ha avuto una palla per il 5-5, ma non è bastata. E Andreas regala il primo sorriso azzurro tra il blu del Plexushion e il celeste del cielo australiano.
 
ALL'ASSALTO DI GEREMIA

Il suo periodo d’oro si interruppe proprio due anni fa, quando raggiunse gli ottavi in Australia. Nel percorso, ovviamente, una vittoria su Istomin. Poi si bloccò contro Jeremy Chardy con qualche rimpianto. Il francese giocava benissimo, serviva come un treno, ma fu l’unica occasione in cui Andy ha davvero avuto la chance di raggiungere i quarti in uno Slam. Perse in quattro set e può prendersi la rivincita quest’anno, giacchè sarà proprio Geremia il prossimo avversario. Pochi minuti prima, il francese aveva estromesso Borna Coric, che dopo la sparata di una decina di giorni fa (“Sono il più forte della mia generazione, ricordo Djokovic quando gioco bene e Murray quando gioco meno bene”), puntualmente smentita via Facebook, non ha ancora vinto una partita. Chardy è ormai esperto, quest’anno compirà 28 anni, e non ha più le ambizioni di quando vinse Wimbledon junior. E sarà un avversario difficile per Seppi, anche perchè ha iniziato bene la stagione, perdendo soltanto da giocatori forti (Dimitrov) o in gran forma (Muller). Seppi si porta dietro il carico di fiducia della semifinale a Doha e può dire la sua. Sarà sfavorito ma può provarci. E’ comunque “soldatino” ha fatto il suo dovere, come gli capita (quasi) sempre.

KNAPP, SI POTEVA FARE MEGLIO?
Viene dall'operoso Alto Adige anche Karin Knapp, ma l'impegno era decisamente più duro. Contro Simona Halep ha avuto più di una chance e non può essere soddisfatta del 6-3 6-2 finale. Aveva di fronte un’avversaria al 65-70%, in entrambi i set è andata avanti di un break ma non ha sfruttato l’occasione. 2-0 nel primo, 1-0 e 40-15 nel secondo. Ok, il traguardo era ancora lontano, ma Karin ha commesso troppi errori (peraltro servendo maluccio) e non ha fatto in tempo a seminare qualche dubbio nella mente della Halep. Per sua stessa ammissione, la rumena era molto nervosa prima del match, forse perchè non ancora pienamente ristabilita dalla gastroenterite che l’ha bloccata la scorsa settimana. “Ma mi sono rilassata, provando ad allungare gli scambi e pensando che fosse un match come gli altri”. E così ha risolto la pratica senza soffrire troppo. La trasferta australiana non è andata troppo bene per Karin: due match in un giorno a Hobart e un sorteggio-carogna a Melbourne. Ma il tennis, se lo meriti, ti restituisce sempre quello che ti toglie. La stagione è lunga e le chance non mancheranno. Poi la WTA le ha fatto un regalo: a febbraio tornerà il suo amato torneo di Anversa, dove 7 anni fa si rivelò al mondo e ottenne la sua vittoria più importante, almeno in termini di classifica: battè Patty Schnyder. Magari sarà la volta buona per superare finalmente una top-10 dopo tredici sconfitte in altrettante partite.