Dopo Rio De Janeiro, Pablo Cuevas vince anche a San Paolo e mette la ciliegina su una torta costruita in due settimane perfette. “La vittoria su Nadal mi aiutato a credere nel mio tennis”. In finale Carreno Busta lotta un set, poi crolla. Quinto titolo per l’uruguaiano.Fernando Verdasco potrebbe storcere il naso, ma battere Rafael Nadal fa bene. Basta guardare Pablo Cuevas, che l’ha superato nelle semifinali dell’ATP 500 di Rio De Janeiro e poi ha innestato la marcia più alta della sua carriera, prendendosi due titoli consecutivi. Prima quello all’ombra del Cristo Redentore, sette giorni dopo il bis a San Paolo, dove è arrivato con tanta stanchezza ma anche una dose enorme di fiducia, che l’ha aiutato a cancellare le fatiche e andare dritto fino alla doppietta. La si è vista tutta nella finale contro Pablo Carreno Busta, chiusa 7-6 6-3 in meno di un’ora e mezza, ma soprattutto scivolata via senza apparenti difficoltà. Non ha dovuto nemmeno tirare fuori la sua grinta forgiata in anni e anni di allenamenti: lui era il favorito e lui ha vinto, giocando meglio i (pochi) punti importanti del tie-break, prima di approfittare del calo fisiologico di un avversario alla prima finale in carriera. Spesso non è un fattore, ma lo può diventare contro gente come Cuevas: ne ha giocate sei e vinte cinque, segno che quando conta batterlo è ancora più difficile. Ci è andato vicino Luca Vanni lo scorso anno, meno lo spagnolo, che non ha mai dato l’impressione di averne di più. Il tennis del sudamericano è superiore e lo si è visto nei momenti importanti: prima il tie-break del primo set, che ha visto l’uruguaiano finire sotto 3-2 ma emergerne in grande stile fino al 7-4, poi il terzo game del secondo set. Cuevas ha mancato le prime due palle-break del match, ma se n’è costruita una terza, l’ha concretizzata e ha messo il turbo, scappando fino al 5-1. Si è disinteressato del game di risposta e poi ha giocato male quello al servizio, cedendolo con due doppi falli, ma ormai era fatta e un nuovo break sul 5-3 gli ha consegnato la corona.
 
IL TALISMANO BRASILE
Cuevas aveva già vinto due tornei di fila nel 2014, prima Bastad e poi Umago, ma in mezzo si era preso una settimana di stop. Stavolta, invece, ha fatto doppietta nel giro di otto giorni, incassando 750 punti che lunedì lo porteranno alla 25esima posizione, venti gradini più su rispetto a due settimane fa. Il suo a San Paolo è un bis particolare, perché sono cambiate sia la location sia le condizioni del torneo: nel 2015 vinse sulla rapida terra indoor del Ginasio do Ibirapuera, stavolta si è ripetuto all’aperto, all’Esporte Clube Pinheiros. “Mi avete fatto sentire a casa”, ha detto agli spettatori che l’hanno sostenuto a lungo nel corso della settimana, ringraziando in particolare qualche tifoso in tribuna con la bandiera del suo Uruguay. “Il successo contro Rafael Nadal – ha dichiarato nei giorni scorsi – mi ha aiutato a credere di più nel mio tennis.  Entro in campo rilassato e cerco di giocare in modo aggressivo, anche quando non tutto funziona nel modo giusto”. Che sulla terra Cuevas fosse un giocatore di alto livello si sa da anni, da quando ha detto definitivamente addio ai problemi al ginocchio che hanno provato a rovinargli la carriera, arrivando fino a un passo dai primi 20. Ma mai si era espresso con una costanza (e un ordine) degna di un top player, ragion per cui sarà da tenere sott’occhio anche nelle prossime settimane. Per qualche tempo di terra rossa non ne vedrà, ma ha spesso dimostrato di sapere il fatto suo anche sul veloce, aiutato da una palla pesante e un servizio di spessore. Talvolta lontano dal rosso cerca di strafare, finendo per regalare troppo: se riuscirà a limitare il problema potrebbe togliersi qualche soddisfazione anche sui campi duri. E poi c’è il talismano Brasile, da provare a sfruttare il più possibile. Come? Quest’anno da quelle parti ci sarà ancora un torneo, e pure parecchio importante.
 
ATP 250 SAN PAOLO – Finale
Pablo Cuevas (URU) b. Pablo Carreno Busta (ESP) 7-6 6-3