Si può amarlo o meno, ma quando a parlare è il campo il resto si trasforma in chiacchiere. E i risultati certificano che Andy Murray la prima posizione mondiale se l’è guadagnata alla grandissima. L’enorme calo di Djokovic è all’occhio di tutti, ma bisogna anche saperne approfittare, capacità che nel 2016 dello scozzese è stata una costante. Visto quanto ha saputo fare da maggio in avanti non meritava affatto di diventare numero uno così, grazie al forfait di Milos Raonic. E allora ha pensato bene di mettere la ciliegina sulla torta, lasciando da parte il passato e andando a sbancare per la prima volta il Masters 1000 di Parigi-Bercy. Un torneo storicamente poco amico, con un solo piazzamento oltre i quarti di finale (nel 2015) in nove apparizioni, ma quest’anno la posta in palio era ben altra: il nuovo Re del circuito ATP non poteva cadere proprio all’indomani (o alla vigilia, se preferite) della sua investitura, e non ha fallito disinnescando per 6-3 6-7 6-4 le bombe di un ottimo John Isner, bravo per tutta la settimana a farsi strada con l’amico servizio. Ma per battere un Murray da 14 errori gratuiti in 2 ore e un quarto serve qualcosa che lui non ha, e forse (al momento) nemmeno tutti gli altri. Fino a Roma il 29enne di Dunblane non aveva vinto nemmeno un titolo, poi ha trasformato in magia qualsiasi torneo. Ne ha vinti quattro prima dello Us Open, unico appuntamento (da Montecarlo in avanti) che non l’ha visto arrivare in finale, ma invece di fermarsi è ripartito ancora più forte, e dal k.o. contro Kei Nishikori nei quarti di finale a New York si è dimenticato la parola sconfitta. Ha vinto prima Pechino, poi Shanghai, quindi Vienna e infine Bercy: quattro titoli nell’arco di un mese, per zittire anche gli ultimi critici e diventare il più anziano a salire in vetta dai tempi di Newcombe (1974).
ORA SONO GLI ALTRI AD AVER PAURA
La finale contro Isner è stata più complicata del previsto, anche se non l’ha mai visto realmente in difficoltà. Entrambi avevano un compito ben chiaro: lui cercare di violare almeno una volta per set il servizio di Isner. Lo statunitense, invece, l’esatto opposto: perderlo il meno possibile. Ce l’hanno fatta a set alterni: il primo a Murray, grazie al break sul 3-2 consegnato dal rivale con un doppio fallo, il secondo a Isner, che ha fallito l’allungo sul 4-3, mancando ben quattro chance, ma è stato premiato nel tie-break, spezzato a metà da un gravoso doppio fallo di Murray. Ma di perdere la pazienza, oggi, lo scozzese non ne voleva sapere. Nemmeno quando ha mancato il break in entrambi i primi due game di risposta del terzo set, continuando a incassare ace su ace (18 a fine match). Il suo body language è stato perfetto: è rimasto sempre positivo, addirittura saltellava fra un punto e l’altro, sicuro che prima o poi il momento giusto sarebbe arrivato. Ha avuto ragione nel decimo game, quando la prima di servizio di Isner è andata completamente in tilt e tanto gli è bastato per procurarsi un match-point. Lo statunitense l’ha dovuto giocare con la seconda palla, Murray ha trovato una risposta un po’ fortunosa che ha messo in difficoltà il rivale e il successivo passante è stato quello buono, portando il quattordicesimo Masters 1000 nella bacheca del neo numero uno. Il dato più impressionante è il cambio di passo dal suo arrivo al Foro Italico, con 56 match vinti su 60. Un ruolino di marcia da numero uno del mondo. Ora, prima delle vacanze più meritate in carriera, gli restano le ATP Finals, a Londra, davanti al suo pubblico. Dovrà subito difendere la leadership in classifica, ma al momento sono gli altri a doverlo temere. E non più viceversa.
MASTERS 1000 PARIGI BERCY – Finale
Andy Murray (GBR) b. John Isner (USA) 6-3 6-7 6-4
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Il sigillo del nuovo number one
Andy Murray non si accontenta della fresca promozione a numero uno del mondo, e al Masters 1000 di Parigi Bercy completa l’opera. Supera John Isner in finale e conquista l’ottavo titolo del suo splendido 2016, il quarto in un mese. Da Roma ha perso solo quattro match, arrivando in finale in 11 tornei su 12. C’è ancora chi pensa non meriti la vetta del ranking?