Il fisico tirato a lucido, il rovescio e l'aver superato la fobia di Nadal hanno fatto la loro parte, ma nelle chiavi del magnifico 2017 di Federer c'è una crescita impressionante in uno dei suoi storici punti deboli: la gestione dei momenti delicati. Le statistiche ATP dicono che sotto pressione nessuno ha saputo giocare meglio di lui, fra palle-break, tie-break e set decisivo.Il numero uno del ranking ATP di fine anno è Rafael Nadal ed è giusto così, perché anche se il maiorchino ha vinto un Masters 1000 in meno rispetto a Roger Federer (e con lo svizzero ha perso 4 volte su 4) ha giocato con maggiore continuità, raccogliendo un migliaio di punti in più. Ma fra le due rinascite che li hanno portati di nuovo lassù, ha impressionato di più quella del 36enne di Basilea, capace di azzeccare praticamente tutte le scelte e chiudere il 2017 con in bacheca due Slam, tre Masters 1000 e altri due titoli. Federer ha usato la sua enorme esperienza per allenarsi e programmarsi nel modo ideale per il suo fisico, alternando tornei e settimane di riposo, e a tratti ha dato addirittura l’impressione di giocare un tennis migliore rispetto ai suoi anni d’oro, grazie a un servizio sempre più accurato e alla scelta di usare di più il rovescio coperto, che ha restituito un Federer ancora più aggressivo. Le vittorie si sono trasformate in fiducia, tutto ha funzionato sempre (o quasi) per il verso giusto e il risultato è nelle sole cinque partite perse da gennaio a novembre, peraltro un paio condizionate da noie alla schiena: a Montreal e allo Us Open. Tutte chiavi di volta che si rispecchiano in una statistica: secondo l’ATP, nel 2017 lo svizzero è stato l’under pressure leader, ovvero il miglior giocatore del Tour (secondo un calcolo matematico) nelle situazioni più delicate: palle-break da convertire, da salvare, tie-break e match al set decisivo. Nel minestrone delle percentuali, il “rating” migliore è il suo: 259.1, oltre 8 punti in più rispetto al Stan Wawrinka (secondo). Un dato molto importante, perché se c’è un appunto che si può fare alla carriera di Federer è che non sempre – e i numeri lo confermano – è stato il più freddo nelle situazioni delicate. Vinceva più degli altri, ma quando la palla scottava faceva comunque più fatica di tanti avversari. Quest’anno non è stato così, ed è una delle ragioni alla base della sua rinascita.
DA PEGGIORE (DEI FAB FOUR) A MIGLIORE
I dati raccolti per l’ATP da InfoSys evidenziano che nel 2017 di Federer è rimasto lo storico problema della conversione delle palle-break, tanto che le statistiche lo collocano addirittura al 37esimo posto della classifica di chi ne sfrutta di più, col 40,3% di realizzazione. Ma poi lo svizzero è settimo nelle palle-break salvate (67,5%), settimo nei tie-break (ne ha vinti 21 su 30: il 70%) e primo nella percentuale di match vinti al set decisivo: ha chiuso all’81% complessivo, con addirittura il 100% nei match di cinque set, grazie a cinque vittorie su cinque negli Slam. Dato che diventa ancora più sorprendente in relazione all’età. Nelle 57 partite disputate quest’anno, il 36enne di Basilea è stato costretto al “decider” in sedici occasioni e ha perso soltanto tre volte, peraltro due delle quali con match-point a disposizione: a Dubai contro Evgeny Donskoy e a Stoccarda contro Tommy Haas. La resa al set decisivo è il dato più significativo in assoluto del suo 2017: nasce come conseguenza della programmazione oculata, che gli ha spesso permesso di arrivare ai tornei più fresco degli avversari, e si trasforma in causa di una crescita statistica impressionante rispetto al passato. La sua media in carriera è di 64% di vittorie al set decisivo, che si abbassa ancora se si parla solo di quinto set (59%), e sarebbe ancora più bassa se dal totale fossero esclusi i dati del 2017. Risultati che lo collocavano dietro a tutti gli altri Fab Four: Djokovic (75% al set decisivo/75% al quinto), Nadal (68%/65%) e Murray (69%/67%). Col suo 81%/100% del 2017, invece, Federer non solo ha tenuto un rendimento mai avuto prima, ma è anche riuscito a fare meglio rispetto ai risultati storici dei suoi principali concorrenti. L’unica sconfitta “grave” – e al set decisivo – è arrivata contro David Goffin nella semifinale delle ATP Finals, lasciando un pizzico di amaro in bocca proprio nel finale di stagione. Ma pazienza. Nessuno dodici mesi fa si sarebbe aspettato di ritrovarlo a certi livelli con tale continuità. E con una capacità di gestire la pressione mai vista prima.