Gran sorpresa a Brisbane: Hewitt gioca un gran match, approffitta di un Federer sciupone e lo batte in tre set. E’ il 29esimo titolo, sedici anni dopo il primo. Lo svizzero: “So su cosa devo lavorare”.
Le fasi salienti della finale del torneo ATP di Brisbane

Di Riccardo Bisti – 5 gennaio 2014

 
Il tempo ammorbidisce i giudizi. Una dozzina d’anni fa, quando Lleyton Hewitt ha fatto razzia di titoli durante l’interregno tra il dominio di Pete Sampras e quello di Roger Federer, la gente storceva il naso. I suoi “C’mooon!”, quell’aria da impunito e un tennis tutt’altro che affascinante, non avevano esaltato neanche gli australiani, abituati a ben altro stile. Oggi Rusty ha quasi 33 anni e il suo successo a Brisbane, con tanto di successo su Roger Federer (6-1 4-6 6-3 in finale), viene accolto con simpatia. Da domani ne riparleremo, ma per un giorno è lui – e non Federer – l’emblema di una vecchia guardia che non si arrende allo scorrere del tempo. C’è qualcosa di poetico, in questo successo di Hewitt, il 29esimo di una lunga e travagliata carriera. Il suo primo titolo risale esattamente a 16 anni fa, ad Adelaide, torneo defunto e sostituito proprio da Brisbane. 16 anni che si vedono anche nei dettagli. Allora si giocava sul Rebound Ace, superficie gommosa che metteva a dura prova gli arti dei tennisti. Il campo era verde. Oggi si gioca su un Plexicushion blu, confortevole e più televisivo. Allora, dopo quel successo, Hewitt disse di non sentirsi ancora pronto per vincere uno Slam. In effetti, ci vollero quasi quattro anni prima che vincesse lo US Open. Oggi fa lo stesso, anche se difficilmente lo vedremo vincere uno Slam nel 2017. Probabilmente si sarà già dedicato anima e corpo alla famiglia. Federer era la sua maledizione, adesso è il suo portafortuna. Ci aveva perso 15 volte di fila, adesso lo ha battuto in finale nei suoi ultimi due titoli ATP. E’ una ruota che gira, come la vita.
 
Che Hewitt sia ancora qui è un miracolo. Deve ritenersi fortunato a poter camminare senza zoppicare, figurarsi a giocare ad alti livelli. Lasciando perdere i numerosi interventi chirurgici del passato, l’alluce del piede sinistro è clinicamente KO. Ma lui ride e dice che non prova alcun dolore. Ed anzi, nel primo set della finale sembrava tornato il “Mr. Intensità” di 10 anni fa, quando non sbagliava una palla manco a sparargli. Tre errori gratuiti, contro i ventidue di Federer, gli hanno regalato un sorprendente 6-1. Nel secondo, Federer si è rimesso in partita e ha trovato l’unico break nel nono game, sufficiente per allungare la finale. Ma Hewitt non è uscito dal match, ha annullato ben sette palle break nel terzo (alcune con la complicità dello svizzero, va detto) salvo strappargli il servizio e sollevare le braccia al cielo in un’arena intitolata a un suo ex compagno di Coppa Davis. Deve essere stata una strana sensazione. Pat Rafter era ancora tra i migliori e Hewitt era già là. Oggi Pat il bello è già un’icona, sebbene sia ancora un under 40, e Hewitt è ancora in campo. A modo suo, un fenomeno. “Nel primo set vedevo la pallina grande come un pallone da calcio – ha detto l’australiano – non importava dove servisse Federer: io c’ero. E’ stata una grande sensazione”. Il 24 febbraio compirà 33 anni ed è ancora il migliore australiano. Dopo un decennio trascorso ad aspettare il suo erede, il miglior canguro resta lui, classifica a parte. In attesa della maturazione di Tomic (ma arriverà mai?) o dell’esplosione dei vari Kyrgios e Kokkinakis.
 
“Australian Open? Molto dipenderà dal sorteggio e da come giocherò. Non ho obiettivi particolari, andrò a giocare esattamente come ho fatto questa settimana”. Hewitt non dovrebbe essere testa di serie, poiché questo successo non sarà sufficiente per entrare tra i top-32. E’ uno svantaggio, ma potrebbe anche essere un vantaggio. Se capitasse nello spicchio giusto, chissà…”Se mi esprimo su questi livelli, posso fare danni anche contro ottimi giocatori. E pensare che prima dell’ultima operazione ero stato chiaro: non c’era alcuna garanzia che io potessi tornare a giocare”. Differenze con 16 anni fa? Poche. L’unica davvero importante, olte all’età, è il fatto che potrà concedersi una birra. All’epoca era minorenne e non poteva. “Sarà difficile replicare un successo del genere. Avevo 16 anni, ero nella mia città natale, fu lì che iniziò tutto. Però battere il più forte ha significato molto”. Già, il più forte. Federer sarà pure sceso al numero 6, ma il suo carisma resta intatto. A parte questo, che Federer vedremo all’Australian Open? A Brisbane ha cancellato alcuni dubbi, ma ne ha sollevati altri. Lui non perde l’ottimismo: “Mi sento abbastanza bene, soprattutto dopo aver giocato così tante partite, doppi compresi. E’ una buona cosa, non sapevo cosa aspettarmi alla vigilia”. In merito alla finale, pur dando il giusto credito a Hewitt, ha ammesso di non aver giocato un gran match. “Tuttavia adesso ho una chiara idea di dove mi trovo e su cosa devo lavorare. Sono molto affamato in vista dell’Australian Open”. Federer ha detto di non aver avuto problemi con il caldo afoso di Brisbane, tanto da dire di sentirsi bene come se fosse in un idromassaggio. “Non è un problema. Quando arriverò a Melbourne, verificherò la velocità dei campi e avrò un’idea esatta su cosa dovrò lavorare”. 

ATP BRISBANE – FINALE
Llyton Hewitt (AUS) b. Roger Federer (SUI) 6-1 4-6 6-3