L’INTERVISTA – Parla Simone Bolelli. “Il decorso post-operazione è ottimo, sono al 70%. Mi trovo in età da best ranking, credo di poter dare ancora molto. E sul doping vi dico che…” 
Dopo l'infortunio a Miami, Simone Bolelli ha cercato di evitare l'operazione. Ma non è stato possibile

Di Riccardo Bisti – 26 novembre 2013

 
Nel momento più brutto, quando non riusciva a tornare tra i top-100, Simone Bolelli ha vissuto l’unica gioia vincendo lo scudetto con il Circolo Canottieri Aniene. Era mezzanotte e vinse il doppio di spareggio insieme a Flavio Cipolla. Anche per questo, sente un forte legame con il suo club. L’operazione al polso gli impedisce di giocare, ma ha seguito i compagni a Forte dei Marmi per la semifinale d’andata (“Li avevo già sostenuti nella partita contro l’ATA Battisti Trento”, racconta). Giacca militare e pantaloni sportivi, fa un tifo silenzioso. Lo osservi e capisci che non è cambiato. Simone è sempre lo stesso, gentile ed educato, il “Bravo Ragazzo” che ogni madre vorrebbe come genero (è già impegnato, rivolgersi altrove). Il tennis italiano ha ancora bisogno di lui. Gli anni d’oro sono passati, quel numero 36 ATP a ventitrè anni è un ricordo sbiadito (l'infortunio lo ha fatto precipitare al 244). Ma Simone crede di poter dare ancora molto, con fiducia e volontà. A partire dal 2014.
 
La prima domanda è d'obbligo. Come procede il decorso post-operatorio?
Il peggio è passato. Dopo l’intervento sono stato fermo un mese, poi ho iniziato con la riabilitazione. Non ho avuto grossi problemi, non ho riscontrato dolori neanche quando ho tolto il tutore e le fasciatura. L’operazione è stata molto 'pulita', ben eseguita. Anche la riabilitazione è stata “facile” e non ci sono state complicazioni. Direi che adesso sono al 70%, ho già ripreso a giocare e riesco a tirare più o meno tutti i colpi. Ho iniziato a servire da poco, avverto un po’ di fastidio soltanto quando devo dare rotazione alla palla. Ma è tutto normale, non è nemmeno il punto esatto dove mi hanno operato, ma un po' intorno. Si tratta di un dolorino di assestamento.
 
Già abbozzato un programma di massima?

Il mese prossimo valuterò se andare o meno in Australia. Dipende molto da come arriverò a metà dicembre. Tuttavia sono fiducioso: il decorso sta andando bene, miglioro di settimana in settimana, faccio sempre qualcosa di più…l’umore è buono, dai.
 
La tua quotidianità attuale? Dove lavori, con chi ti alleni, ecc…
Sto prevalentemente a Monte Carlo, dove risiedo, poi ogni tanto mi capita di andare a Tirrenia. Lavoro con Umberto Rianna, poi a Tirrenia c’è anche Eduardo Infantino che mi dà una mano. Ho mantenuto lo stesso gruppo di lavoro, il team di Tirrenia con cui mi sono sempre allenato, anche sul piano fisico. Quando non potevo toccare la racchetta, ho sempre cercato di tenermi fisicamente. Adesso sto cercando di trascorrere più tempo possibile sul campo e di ritrovare le sensazioni perdute.
 
Il momento più difficile del tuo travagliato 2013?
Forse quando mi hanno detto che dovevo operarmi. Quando mi sono fatto male ho subito avuto la sensazione che fosse qualcosa di abbastanza grave. Mi faceva troppo male per pensare che potesse passarmi in fretta. C’è il rimpianto di non essermi operato prima: sai, mi sono fatto male a fine marzo e mi sono operato a metà luglio. I tre mesi trascorsi con le varie riabilitazioni non sono servite a granchè. L’unico rammarico è quello: avrei potuto avere un miglior ranking protetto, rientrare due mesi prima…magari adesso starei già giocando e non avrei dubbi riguardo all’Australian Open. Sono un po’ ritardo, ma ormai è andata e cerco di viverla nel miglior modo possibile. Sarà dura perchè ripartirò dal numero 250 ATP, poi avrò punti pesanti da difendere a Doha e San Paolo. Non sarà facile. Credo che la programmazione sarà incentrata soprattutto sui challenger, almeno nei primi mesi dell’anno. Dovrò incamerare tante partite e più punti possibile.
 
Hai sempre avuto obiettivi molto importanti. Adesso ti ritrovi, a 28 anni, a ripartire daccapo o quasi. Cosa pensi di poter dare ancora al tennis?
Credo di poter giocare ancora 4-5 anni ad alto livello. Sperando di non avere altri infortuni, spero di poter dare ancora tanto. Il tennis mi piace, è la mia passione e credo che 28 anni siano un’età da best ranking, non certo da pensione. Ormai l’età media dei migliori si è spostata in avanti. Ci sono molti top-100 intorno ai 30 anni, altri che ottengono la loro miglior classifica a questa età. Acquisisci una maggiore maturità, fisicamente sei ancora al top…da questo punto di vista sono molto tranquillo. Insomma, mi vedo ancora in salita.
 
Ripensando al passato, magari anche in chiave autocritica, qual è l’errore più grave che hai commesso o che ti hanno fatto commettere?
Sinceramente non rimpiango niente. Peccato per quei due anni in cui sono stato fuori dai top-100 e non sono riuscito a recuperare. Quello è il mio unico rammarico. Ma il tennis è uno sport molto difficile, può capitare un periodo in cui le cose vanno male. L’importante è continuare e credere in se stessi, cercando di migliorarsi giorno dopo giorno.
 
L’argomento più “caldo” del periodo è il doping. Se c’è un giocatore su cui si può mettere la mano sul fuoco è proprio Simone Bolelli. Che pensi dell’argomento, anche alla luce degli ultimi casi? La WADA lavora bene?
E’ un argomento molto importante. E’ fondamentale essere testati: noi diamo un’ora di disponibilità tutti i giorni, sanno sempre dove siamo e hanno la possibilità di controllarci ogni giorno. Avrei qualcosa da dire sulle sanzioni, nel senso che ci sono casi e casi. Può capitare che un dopato sistematico prenda sei mesi e chi commette una leggerezza in buona fede abbia la stessa squalifica. Esempio: Troicki ha sbagliato a non dare il sangue. Sei un giocatore professionista e non puoi rifiutarti, a meno che tu non stia male. Ma male sul serio. Essere stanchi o avere paura dell’ago non sono motivazioni valide. Tuttavia, gli hanno dato 18 mesi poi ridotti a 12. E’ un anno, accidenti…
 
Di mancati guadagni.
Non tanto quello. Perdi gli sponsor, poi devi ricominciare da zero perchè sparisci dalla classifica ATP. E pensa all’immagine: totalmente rovinata. Non è mai stato trovato positivo, però c’è una sentenza di doping nei suoi confronti. E’ un argomento delicato. Io starei molto attento alle sanzioni: Cilic è stato un po’ coperto con la storia del ginocchio, poi gli hanno dato tre mesi. E non si sa se magari hanno preso altra gente, e questa gente viene coperta. E’ un brutto argomento. Io combatto affinchè il tennis sia pulito. Lo sport deve rimanere tale, anche se il tennis costringe a rimanere al 100% fisicamente per tutto l’anno, devi giocare molte partite, i viaggi…non è facile.
 
Con quale frequenza vieni controllato?
Nel 2013, al di fuori delle competizioni, è successo solo una volta. Sono venuti a casa mia, prima di Miami, mi pare che fosse febbraio-marzo. Da allora non sono stato più testato. Nei tornei, soprattutto quelli più importanti, vieni controllato spesso. Quando perdi, oppure a estrazione, il numero dei test è piuttosto importante.
 
Simone, praticamente sei fuori da marzo. Ti ha sorpreso che non ti abbiano mai controllato in otto mesi?
Si, un po’ mi ha fatto strano. Devo dire che io sono fuori dai top-50, quindi non sono sottoposto agli obblighi della Wada. Tuttavia, ho esattamente gli stessi obblighi di reperibilità con il CONI. Non so perchè, ma quest’anno è andata così.