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A Rio il problema viene a galla ogni anno, quando lo staff inizia a lavorare per portare in città i migliori del mondo. “Abbiamo contattato Juan Martin Del Potro – ha detto ancora Carvalho – ma nel 2018 non verrà. In quel periodo dell’anno lui preferisce giocare sul cemento: ha detto che qualora la nostra superficie dovesse cambiare, sarebbe disposto a partecipare. È da un po’ che stiamo portando avanti questa battaglia, ma per ora senza risultati”. Un discorso simile a quello fatto da Del Potro vale anche per Federer, Djokovic e Murray, che hanno sempre declinato l’invito in partenza a causa della superficie, mentre Rafael Nadal ha giocato le prime tre edizioni (2014, 2015 e 2016), prima di cambiare programmi e preferire a sua volta il cemento. L’obiettivo del Rio Open è quello di percorrere le orme dell’evento di pari categoria di Acapulco, che dalla terra è passato al cemento nel 2014, ottenendo risultati addirittura superiori alle aspettative. Basti pensare che nel 2017 l'Abierto Mexicano Telcel è stato l’unico ATP 500 in grado di vantare la bellezza di cinque top-10, battendo la concorrenza di un evento storico come quello di Dubai, che si gioca nella stessa settimana. Negli Emirati Arabi avranno anche Roger Federer, ma loro hanno risposto con Rafael Nadal e Novak Djokovic, staccando tutti gli eventi di categoria e mostrando che la superficie può davvero essere determinante. Solitamente l’ATP è restia a concedere cambi del genere, ma la presenza di una struttura già pronta, costruita ad hoc per un torneo di alto livello, e già testata in occasione di un appuntamento importante come i Giochi Olimpici, potrebbe favorire le intenzioni di Carvalho & Co.
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“Avere a disposizione un impianto così bello e non poterlo sfruttare – ha aggiunto il direttore del torneo – sarebbe un vero peccato”. Tuttavia, il punto non è affatto l’impianto, bensì il cambio di superficie, che toglierebbe un altro torneo sulla terra battuta a una Gira Sudamericana che ha già perso Acapulco, e che da tempo vede anche il torneo di Buenos Aires intenzionato a passare al cemento. Una strada che non sembra nelle intenzioni dell’ATP: un problema visto che l'approvazione del progetto dovrà passare dal board, che comprende tra rappresentanti dei tornei e altrettanti dei giocatori, col presidente Kermode chiamato al voto in caso di parità. Concedere il cambio al Rio Open vorrebbe dire trasformare quella che una volta era la mitica “Golden Swing” in un mini-tour di tre piccoli ATP 250: Quito, Buenos Aires e San Paolo, riducendo sempre di più gli appuntamenti cari agli specialisti del rosso. In più, ci sarebbe anche un nodo nel calendario non semplice da sciogliere, perché con lo schema attuale il torneo di San Paolo (che chiude la tournée, nella quarta e ultima settimana) sarebbe staccato dagli altri due eventi sul rosso, e non basta invertirlo con quello di Rio, perché il Rio Open non può finire nella stessa settimana di Acapulco e Dubai. E non funzionerebbe nemmeno la possibilità di spostare in toto i tornei della quarta settimana nella terza (e viceversa), perché così facendo verrebbe eliminata la continuità fra Rotterdam e Marsiglia e fra New York e Delray Beach. Con sole quattro settimane a disposizione, la situazione è più difficile da gestire di quanto pensino gli organizzatori del Rio Open. E, loro malgrado, potrebbero continuare a farne le spese.
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