Se Nadal e Djokovic avessero rispettato il tempo limite tra un punto e l’altro, la finale dell’Australian Open sarebbe durata 70 minuti in meno. Lo rivela uno studio di ESPN. 
Rafael Nadal e Novak Djokovic stremati dopo la finale dell'Australian Open

Di Riccardo Bisti – 7 febbraio 2012

 
5 ore e 53 minuti di lotta. Per qualcuno un grande spettacolo, per qualcun altro un po’ meno. Di sicuro la finale più lunga nella storia del Grande Slam. Tutto questo è stato Nadal-Djokovic, la finale dell’Australian Open 2012. Ma stavolta non vogliamo parlare del dominio del cannibale Nole, dell’orgoglio di Rafa e di come il tennis abbia (forse) trovato una grande rivalità. No, con l’aiuto di Kamakshi Tandom di ESPN facciamo un po’ di matematica dura e pura. Dunque: con 5 ore e 53 minuti, Nadal-Djokovic ha abbondantemente battuto il record di Wilander-Lendl, finale dello Us Open 1988, durata “appena” 4 ore e 54 minuti. Ha superato anche il match più lungo di sempre all’Australian Open: la semifinale del 2009 Nadal-Verdasco (anche se quel match, in realtà, durò meno di Lopez-Muller, primo turno sempre nel 2009. Un problema ai cronometri lo colloca a 4 ore 22 minuti, ma in realtà si giocò per circa cinque ore e mezza). I numeri servono a trasmettere la drammaticità del match, però…
 
Però ESPN ha mostrato una statistica che “inchioda” i due giocatori. E’ risaputo che Nadal e Djokovic sono tra i più lenti a riprendere il gioco tra un punto e l’altro. Lo spagnolo con i suoi tic, il serbo con l’infinito numero di rimbalzi che fa fare alla pallina prima di colpire. All’inizio del match, ESPN ha mostrato una statistica che evidenzia come Nadal faccia trascorrere (in media) 31 secondi tra un punto e l’altro, mentre Djokovic addirittura 35. Entrambi superano abbondantemente il limite consentito nei tornei del Grande Slam, fissato in 20 secondi (25 nei tornei ATP). Verso la fine del secondo set, quando il giudice di sedia, il francese Pascal Maria, aveva invitato i giocatori a non prendere troppo tempo tra un punto e l’altro, le statistiche dicevano che Nadal faceva passare 30 secondi, Djokovic 33. E’ possibile che i numeri siano ancora cresciuti nel resto del match, con i giocatori via via sempre più stanchi. E allora diventa un facile esercizio matematico calcolare che:
  • Servendo 166 volte, Djokovic si preso circa 36 minuti in più di quanti gliene avrebbe consentiti il regolamento.
  • Servendo 203 volte, Nadal ha “allungato” la sfida di 34 minuti oltre il lecito.
Significa che Nadal-Djokovic, se entrambi avessero rispettato le norme, sarebbe durato 70 minuti in meno, per un totale di 4 ore e 43 minuti. Il record di Wilander-Lendl sarebbe dunque rimasto inviolato, peraltro restando indietro anche a Nadal-Federer (finale di Wimbledon 2008) e Djokovic-Murray (semifinale Australian Open 2012), anche se in questi ultimi due casi andrebbe tolta la tara delle violazioni “orarie” che certamente saranno state commesse. Il tutto, ricorda la Tandon, senza contare il tempo che Rafa&Nole si sono spesso presi tra la prima e la seconda di servizio.
 
Ovviamente si tratta di un calcolo matematico che non tiene conto dei fattori esterni che comunque non dipendevano dai giocatori (l’urlo della folla, l’attesa delle palline). Inoltre ci sono stati scambi molto lunghi che hanno giustificato un giusto periodo di pausa tra un punto e l’altro, al di là dei 20 secondi regolamentari. Tuttavia – prosegue ESPN – è legittimo dire che questo match è collocabile più nell’ottica delle cinque ore che in quella delle sei. Insomma, una finale lunghissima ma forse non da Record. Sarebbe bastato un solo giocatore più “rapido” per modificare la durata. E’ stato stimato che Roger Federer si prende 15 secondi tra un punto e l’altro. Con 18 secondi di differenza con Djokovic, se in campo di fosse stato lui, il match sarebbe potuto durare anche 50 minuti di meno. Alla luce di questo, non sorprende che il record assoluto di durata per un match sulla breve durata (2 set su 3) appartenga proprio a Nadal e Djokovic, che lottarono 4 ore e 4 minuti nella semifinale di Madrid 2009. E’ indubbiamente un dato di fatto che il tennis sia cambiato, e che tutte queste pause abbiano rallentato il gioco. Qualcuno ha ipotizzato l’istituzione di uno “shotclock” per obbligarli a rispettare le regole. Ma, a parte le difficoltà di realizzazione (sarebbe facile nei grandi tornei, ma in quelli più piccoli?) non è adatto per uno sport pieno di alti e bassi, in cui la durata delle pause dipende strettamente dalla durezza dello scambio precedente.
 
Ad ogni modo – conclude ESPN – tutto è relativo. Nadal e Djokovic non si sono neanche avvicinati alle 11 ore del mitico Isner-Mahut (peraltro spalmate su 3 giorni), ma potrebbero aver speso molte più energie. Anzi, è probabile. Senza contare la durezza di entrambe le semifinali. Nadal e Djokovic non bluffavano quando non riuscivano a stare in piedi durante la premiazione. Ciò che conta non è soltanto il tempo, ma anche (e soprattutto) lo sforzo profuso. Le regole, tuttavia, andrebbero sempre rispettate.