di Francesco Camanzi – foto Getty Images
Thomas Muster, ex numero uno del mondo e indimenticato protagonista del tennis anni ’90, lascia il circuito agonistico all’età di 44 anni.
La motivazione sta tutta in quelle poche parole pronunciate in vista del torneo ATP di Vienna: "avevo voglia di rivivere il grande tennis e mi sono divertito molto, ma niente dura in eterno".
Un epilogo quasi scontato, considerato il misero score della "seconda carriera" che lo ha visto impegnato dal giugno 2010 a oggi: due isolate vittorie (con il giovane croato Puc e con l’argentino Mayer) e un pugno di set racimolati in ventidue tra ATP (pochi) e Challenger (tanti). Troppo poco per sentirsi ancora competitivo, e così il tennista di Leibnitz, complice indubbiamente l’età avanzata, ha deciso di dire basta.
Muster lascia da numero 847 e mette il punto su un’avventura iniziata nel 1985 con l’ingresso nei Pro, arricchita da 44 allori ATP (di cui 8 Masters1000) e sublimata dalla vittoria del 1995 al Roland Garros.
È stato esponente di punta di una generazione di tennisti tramontata ormai da tempo, ma ostinatamente abituata a procrastinare il ritiro. Dotato di un dritto micidiale da fondo campo e supportato da una corporatura robusta, Muster non amava il fioretto, preferiva di gran lunga rimettere la palla da fondo e aspettare il momento ideale per liberare il suo mancino.
Un gioco di questo tipo non poteva che trovare la sua massima espressione sulla terra rossa, di cui per anni è stato dominatore assoluto tanto da guadagnarsi il soprannome di "King of Clay". Il suo stile, fisico e regolare, si ritrova oggi nei top-spin arrotati di molti giocatori ed è naturale debitore del gioco di Borg.
La sua carriera vive di alti e bassi, segnata ora dal suo carattere bizzarro ma fortemente determinato, ora da episodi tragici come il terribile incidente del 1989.
Siamo a Key Biscayne e il giovane Muster ha da poco raggiunto la finale in cui incrocerà la racchetta con il ben più quotato Ivan Lendl. Thomas è nel parcheggio del campo sportivo e sta riponendo la sua borsa in auto quando un autista ubriaco lo investe colpendolo alle gambe. Il grave infortunio lo terrà lontano dai campi fino alla primavera del ’90, non abbastanza per placare la sua tenace passione che una volta lo portò a dichiarare: "Se fossi nato duemila anni fa, credo che sarei stato un gladiatore. Del resto, quello era lo sport dell'epoca, e la competizione è sempre stata la fiamma che dentro m'accendeva, che mi faceva lavorare come un matto".
Nel 1995 torna più forte di prima e centra il trionfo in uno slam, al Roland Garros in finale contro Michael Chang. Nel febbraio dell’anno seguente il punto d’arrivo: conquista il trono del ranking mondiale dopo una serie impressionante di vittorie (12 titoli su 14 finali).
Nel 1997, a 30 anni suonati, si concede il lusso di vincere due tornei sul cemento, a Dubai e, ironia della sorte, a Miami, dove si riprese ciò che l’incidente gli aveva negato otto anni prima.
Da quel momento in poi la sua carriera subisce un progressivo rallentamento che lo porterà, nel 1999, a rinunciare all’agonismo in seguito a una bruciante sconfitta con l’ecuadoriano Lapentti nel "suo" Roland Garros.
L’irresistibile tentazione di rimettersi alla prova lo ha riportato sui campi un anno fa, i capelli più radi e il fisico un po’ appesantito. Quel che non è mai cambiato è la determinazione, oggi come allora marchio di fabbrica del campione austriaco.
© 2011 Il Tennis Italiano
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