Oggi Jannik compie 23 anni – Auguri! – e a Cincinnati si troverò di fronte l’australiano, un rugbista mancato che in campo non si risparmia mai
Baffoni da attore anni ’70, tatuaggio sul braccio composto dai cinque cerchi olimpici e lo stemma australiano, rugbista mancato ma grintoso anche sul campo da tennis come una terza linea, Jordan Thompson è il… regalo di compleanno per Jannik Sinner.
Oggi Jannik compie 23 anni – è il suo primo compleanno da numero 1, auguri campione! – e al secondo turno di Cincinnati, dopo il debutto con qualche ombra contro Michelsen, si trova davanti un professionista tosto e navigato come il canguro di Sydney. Trent’anni, numero 32 Atp, quindi a soli due posti dal best ranking raggiunto quest’anno, JT è un prodotto dell’abilità di allenatore papà Steven, che nel 2016 ha anche vinto il premio come ‘sviluppatore di talenti’ di Tennis Australia.
Ha iniziato a giocare a 4 anni e da junior il suo miglior risultato è la finale di doppio raggiunta agli Us Open in coppia con Nick Kyrgios. Da pro ha vinto un solo titolo, proprio quest’anno a Los Cabos, ma di top player ne ha già seccati parecchi: a Los Cabos, ad esempio, in semifinale ha battuto dopo 3 ore e 40 minuti di lotta Sascha Zverev, in finale il campione uscente Casper Ruud, e vanta successi anche su Nishikori e Monfils.
Ha già battuto anche un numero uno in carica – Andy Murray, nel 2017, addirittura sull’erba del Queen’s – quindi attenzione. Quest’anno nei quarti di Brisbane ha superato Rafa Nadal, salvando tre matchpoint, «ed è una vittoria che mi ha dato molta fiducia. So bene che Rafa stava recuperando da un infortunio, ma devi sempre batterlo. E’ comunque uno che ha vinto 20 Slam, ha iniziato a farlo quando io ero ancora alle elementari, è stata comunque dura anche perché mi aveva sempre battuto».
Jordan è forte anche in doppio, finalista a Wimbledon quest’anno e vincitore di sei titoli; come è facile intuire dal tatuaggio, stravede per le gare a squadra e per la maglia della nazionale. Fra i colleghi e compagni di squadra è poi famoso per essere un salutista – a cena beve succo di mela -, uno stakanovista degli allenamenti («il duro lavoro paga sempre» è il suo motto) e un appassionato di sport in generale.
Dopo il tennis la sua grande passione è il rugby a tredici, rugby league come viene chiamato nei paesi anglosassoni per differenziarlo dal Rugby Union, la versione a 15 giocatori che si gioca nel Sei Nazioni. Il suo team sono i West Tigers, e quando a inizio anno il club di Sydney è stato invitato per un allenamento, non se lo è fatto ripetere due volte.
«Dopo la sessione, sono uscito a cena e ho pensato: ‘È stato il giorno più bello della mia vita’», ha raccontato al sito dell’Atp. «Mi hanno fatto partecipare a quasi tutto, tranne che alla partita vera e propria: mi avrebbero distrutto! Ma ho avuto modo di giocare e sinceramente è stata l’esperienza più bella della mia vita. Ovviamente sono più piccolo di loro, ma credo che se giocassi a rugby league potrei irrobustirmi. Sono abbastanza veloce e resistente, penso di essere andato bene. Spero che ci sarà un’altra occasione». Stasera, invece, proverà a placcare Sinner.