Clamoroso negli Stati Uniti: il campionato NCAA adotterà la regola del no-ad anche in singolare. Una scelta che può avere ripercussioni importanti sul medio e lungo termine.

Di Riccardo Bisti – 13 agosto 2014

 
Il tennis è uno degli sport più affascinanti anche per il suo sistema di punteggio. Per vincere un game devi fare due punti in più dell’avversario. Per vincere un set devi fare due game in più. E se la partita va al tie-break, devi comunque distanziarlo di un paio di punti. Significa che vince sempre il più meritevole. La novità del tie-break, inventato da Jimmy Van Halen, e introdotto gradualmente negli anni 70, è stata salvifica perchè ha evitato inutili maratone. Ma non bisogna andare oltre. A quanto pare, invece, stiamo prendendo una piega pericolosa. Il campionato americano NCAA (da cui sono emersi tanti giocatori), ha deciso di introdurre la regola del no-advantage anche in singolare. Significa che sul 40-40 si giocherà un punto secco per decidere il game. L’iniziativa ha funzionato abbastanza bene in doppio, ma non c’erano alternative per salvare una specialità in fin di vita (secondo alcuni già morta). Per il singolare, invece, non c’è motivo di cambiare. Non la pensano così NCAA, ITA e USTA, che la scorsa settimana hanno annunciato la novità, forse per evitare le fasi finali troppo lunghe. Dal 2006, infatti, il titolo universitario si decide in un’unica sede sia per gli uomini che per le donne. Si parte alle 9 del mattino e si finisce a mezzanotte. Ma l’essenza del tennis, in fondo, è anche questa. Con la regola del deuce, il nostro sport ha vissuto le pagine più belle. Senza andare in profondità, basti pensare a Federer-Cilic, miglior match del Masters 1000 di Toronto. Il no-ad ci avrebbe privato delle emozioni di un game da 19 minuti, con 6 matchpoint falliti. Nel tennis NCAA, la finale thriller dello scorso anno tra Kyle McPhillips (UCLA) e Caroline Price (North Carolina Panthers) non potrà più ripetersi.
 
NESSUNO ASCOLTA I TENNISTI
La spinta in questa direzione arriva dalla ITA (Intercollegiate Tennis Association), il cui obiettivo è rendere appetibile per le TV il tennis universitario. ESPN trasmette quasi tutti gli sport accademici, ma il tennis fatica a trovare spazio. La scelta non è piaciuta a tanti club. Pare che oltre 170 scuole abbiano firmato una petizione per chiedere un rinvio delle novità. Non tutti erano contrari in assoluto, ma permane un certo malumore perchè sentono di non essere ascoltati. Va ancora peggio ai tennisti, che poi saranno i diretti interessati. Non sono stati minimamente consultati, anche perchè non hanno un solo delegato nelle commissioni operative ITA e nemmeno nel comitato NCAA dedicato al tennis. Secondo alcune voci, circa l’80% dei giocatori sarebbe contrario alla novità, sgradita persino ai doppisti (che dovrebbero essere già abituati al sistema di punteggio). Il nuovo format è stato adottato per la prima volta ai Campionati Indoor, vinti dagli Ohio State’s Ty Tucker: nella squadra vincitrice non c’era un solo sostenitore dell’iniziativa. C’è un rischio a medio e lungo termine: è possibile che alcuni (tutti?) i migliori junior degli Stati Uniti decidano di evitare il college. D’altra parte, chi ha obiettivi professionistici, perchè mai dovrebbe abituarsi a un sistema di punteggio che non troverà nel tour?
 
POSSIBILI CONSEGUENZE
La formula del no-advantage ha certamente lati positivi, ma rischia di essere un canonico boomerang. Nell’immediato potrebbe esserci qualche vantaggio economico e politico, ma sul lungo termine il campionato potrebbe indebolirsi. E magari non essere più il trampolino di lancio per futuri professionisti. La tradizione del tennis NCAA è straordinaria: da questo campionato sono passati futuri campioni come John McEnroe, Brad Gilbert, Mikael Pernfors, Paul Annacone, Tim Mayotte, Kavin Curren, Jim Grabb e tanti altri. Nel complesso, 104 giocatori provenienti dal college sono entrati tra i top-150 ATP-WTA in singolare o in doppio. Secondo i promotori dell’iniziativa, il no-ad aumenterà la solidità mentale dei giocatori, abituandoli a giocare più spesso sotto pressione. Può essere vero, ma se una situazione non è realistica…a cosa può servire? Ormai il dato è tratto, un po’ come fu negli anni 90: il tennis universitario fu il precursore nel far giocare prima il doppio e poi il singolo nelle gare a squadre. L’obiettivo era rilanciare il doppio tra i giocatori. Dando un’occhiata ai ranking, non si direbbe che l’obiettivo sia stato raggiunto…