dal nostro inviato a Roma Roberta Lamagni – foto Ray Giubilo
La terza volta è stata quella buona. Ci aveva già provato nel 2007 Alberta Brianti (grazie a una wild card in tabellone) e nel 2009 (passando attraverso il purgatorio delle qualificazioni). Il 2010 è stato invece l’anno della svolta, con le dovute proporzioni, s’intende. Di diritto nel main draw grazie a una classifica che da mesi oscilla intorno alla 70esima posizione mondiale, Tina, come la chiamano confidenzialmente gli amici, si è tolta lo sfizio di superare quel primo dannato turno degli Internazionali d’Italia, che per i giocatori azzurri vale così tanto.
Dall’altra parte della rete un’avversaria di ben 11 anni più giovane, Anastasia Pavlyuchenkova, 19enne, promettente nonché prorompente russa, matrioska di 1 metro e settantasette centimetri per 72 chili. A favore della moscovita una classifica migliore di quasi 50 posizioni; a dare speranze alla nostra il computo dei precedenti, 2-0 in suo favore.
Il match, va dichiarato, non è stato di altissima qualità tecnica, complice un vento molto fastidioso, anche per gli stessi spettatori che si sono trovati a volte addirittura sopraffatti da folate di terra rossa. Un vento imprevedibile, a tratti vorticoso, che non ha permesso alle giocatrici di affrontarsi a carte scoperte con naturale tranquillità. La tattica e la superiore esperienza dell’azzurra si sono alla fine rivelate decisive.
Primo set amministrato con brivido da Alberta, prima in vantaggio per 4 a 2, poi riagganciata sul 4 a 4. Neanche il tempo di subire il contraccolpo e di nuovo la testa avanti sul 5 a 4, per poi chiudere la frazione al set point numero due (6-4).
Nel secondo parziale più brividi che amministrazione controllata. La Brianti sprofonda fino al 4 a 1, quasi senza accorgersene. Dal gioco vario degli inizi si passa a una sfida di bordate dal centro, tattica che la russa, data la non esaltante condizione atletica, apprezza e sulla quale può incidere. Poi di nuovo la luce, all’improvviso. Ricompaiono velenosi backspin, palle corte, angolazioni più incisive. Il recupero è quasi automatico. Una progressione fino al 5 a 4 in proprio favore, un respiro, la consapevolezza di essere rientrata appieno in partita, quindi una distrazione, comprensibile. Sarà il tie-break a decidere: specchio dell’intero incontro. Una Brianti carica e attenta si porta sul 6 a 3; inevitabile, sembrerebbe, il provvisiorio black out, per poi stringere finalmente i pugni e gioire per il punto del 7 a 5.
“Credo proprio che la Pavlyuchenkova mi porti bene – ha commentato una radiosa Brinati – “sicuramente è più forte sul veloce ma il mio gioco le dà comunque molto fastidio”. E a chi la interroga sul vento, “sinceramente l’ultima cosa cui pensavo era il vento. La tensione si è fatta sentire, avevo altro per la testa“. Prossima avversaria la vincente del match tra Stosur e Cibulkova. “Non ho preferenze. Ho già giocato contro la Stosur in Australia, proprio quest’anno. Lì aveva fatto la differenza il servizio, ma la terra è un altro sport” … così si carica.
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