Sei anni fa, Parigi ha cambiato la carriera di David Goffin. Aveva perso nelle qualificazioni, era stato ripescato come lucky loser e si è spinto negli ottavi, arrivando a sfidare Roger Federer sul campo Suzanne Lenglen. Non fece mistero di essere cresciuto con il poster di Roger in camera: gli portò via un set, tanto da sembrare più emozionato nell'intervista post-match. Oggi il belga è un top-player. Stabile tra i top-10, piace ai nerd, a quelli che amano il tennis pulito e rifuggono dal bum bum di un gioco che sembra rifiutare i giocatori più bassi di 1.90. Oltre a non essere un gigante (arriva a stento ai 180 centimetri), è anche molto leggero. Pesa meno di 70 chili: nel 21esimo secolo, pochissimi pesi piuma hanno raggiunto il traguardo. Gli ultimi sono stati Guillermo Coria e Gilles Simon. “È uno dei giocatori più veloci del tour – dice Alexander Zverev, che ha tribolato per batterlo nei quarti al Foro Italico – commette pochissimi errori e trova sempre il modo per rendere le cose difficili al suo avversario”. Lo scorso anno è arrivato a tanto così al vincere le NITTO ATP Finals, poi ha fatto il possibile – e qualcosa di più – per regalare la Coppa Davis al Belgio. Purtroppo per lui, i compagni non erano all'altezza. Risultati straordinari se associati a un ragazzo cresciuto con evidenti problemi di autostima. “Non mi sarei mai aspettato di salire così in alto – dice Goffin, attualmente numero 10 ATP – da ragazzo, ovviamente, sapevo di avere alcune buone qualità atletiche. Anche se non sono molto alto, ho un buon gioco di gambe. Sono veloce e vedo la palla con un certo anticipo. Sapevo di potermela giocare, ma il mio obiettivo era entrare tra i top-100. Da ragazzino non avevo troppa fiducia in me stesso. Quando sei giovane e quasi non arrivi alla spalla dei tuoi avversari, compaiono un mucchio di dubbi”.
BASTA SFORTUNA
Oltre agli avversari, il belga ha dovuto sconfiggere anche la sorte. Lo scorso anno ha lasciato il Roland Garros nel peggiore dei modi. Opposto a Horacio Zeballos, si è ritirato perché inciampato in un telone antipioggia steso a bordocampo. Brutta storta alla caviglia, un paio di mesi di stop. Come se non bastasse, quest'anno si è preso una pallata nell'occhio sinistro durante la semifinale di Rotterdam contro Dimitrov. Al momento di giocare una volèe, la palla ha preso una traiettoria impazzita e lo ha messo KO. È tornato dopo un mese, ma non era ancora pronto. A Miami ha raccolto un game, poi ha saltato la Coppa Davis. Adesso sembra nuovamente in forma, e il suo gioco leggero e fantasioso si adatta particolarmente alla terra battuta. E Parigi, dove tutto è iniziato, potrebbe dargli qualche soddisfazione inedita. David rientra tra gli outsider, ma non è assurdo ipotizzarlo in semifinale. “L'incidente dell'anno scorso è stato davvero sfortunato, perché di solito non gioco così lontano dalla linea di fondo – ha detto il belga – prendi giocatori come Nadal e Thiem. Per loro, tra giudici di linea, teloni e cartelloni più essere pericoloso”. Da diversi anni, il belga si fa seguire da Thierry Van Cleemput: secondo il coach, David ha raggiunto la massima efficacia possibile in relazione al suo potenziale. “Copre bene il campo, corre veloce e ha la capacità di anticipare i colpi. È fantastico. Prova sempre a giocare il colpo migliore: se non lo fa, viene immediatamente punito”. E pensare che Van Cleemput viene da allenare un giocatore ancora più basso di lui: Olivier Rochus.
FUTURO ROSEO
Per questo, non è impressionato dalla differenza di stazza tra Goffin e gli altri. “Il tennis è difficile, ma ti offre sempre una chance. C'è una rete a separare i giocatori. Se fosse come il pugilato, David finirebbe al tappeto dopo cinque minuti”. Forte di questa consapevolezza, Van Cleemput ha stabilito il limite: semifinali in uno Slam, finale nei Masters 1000. Per andare oltre, ci vuole un bel po' di fortuna. Quelle strane convergenze che ogni tanto capitano. “Ma penso che in futuro le cose possano cambiare, in meglio. Quando si saranno ritirati Federer, Nadal, Djokovic, Murray e Wawrinka, ci saranno opportunità per tutti”. Oggi Goffin ha 27 anni, tre in meno rispetto a Djokovic e Murray. Però è fresco, visto che gioca a certi livelli da “appena” sei anni. Per quanto riesca a giocare bene un po' dappertutto, la terra rossa europea è la sua superficie preferita. È quella dove ha iniziato a giocare. “Appena metto piede sul rosso, mi sento benissimo”. Anche Nadal è convinto che il belga possa essere un'avversario pericoloso. “Intanto è molto veloce, poi ha un grande talento. È così in alto perché ha tutto quello che un giocatore ha bisogno per diventare molto forte”. Come detto, pur rispettando lo spagnolo, Goffin è cresciuto nel mito di Federer. Non potrà certo vincere come lui, ma punta a imitarlo almeno come longevità. “Sarà la chiave della mia carriera. Spero di arrivare a 36 anni nelle stesse condizioni atletiche di Roger”. Intanto a Parigi non dovrà affrontarlo. È già qualcosa.