Damir Dzumhur non si ferma più: dopo il primo titolo ATP a San Pietroburgo conquista anche la semifinale a Szenzhen, superando un provato Alexander Zverev. Il 25enne di Sarajevo ha vinto 18 delle ultime 21 partite nel Tour, e inizia ad annusare la top-30. E pensare che da ragazzino sembrava destinato alla carriera da attore, e ha recitato in due film.Ogni volta che la sua penna incrocia il nome di Paolo Lorenzi, Gianni Clerici si diverte a ricordarne il passato sui libri di medicina, tanto da aver iniziato a soprannominarlo con la sigla di MM (Medico Mancato). Chissà come reagirebbe scoprendo il passato di Damir Dzumhur, uno dei grandi protagonisti delle ultime settimane. La sua storia, iniziata in mezzo alle bombe dell’ex Jugoslavia (letteralmente: l’ospedale di Sarajevo fu evacuato due giorni dopo la sua nascita a causa dei bombardamenti), è venuta a galla man mano si è fatto strada nel Tour, ma nella biografia extra-tennis del 25enne bosniaco non figura solo la guerra del Kosovo, ma anche dei trascorsi da attore. Nel 2006, uno Dzumhur allora 14enne ha avuto una parte minore in “Grbavica”, pellicola toccante ambientata nel periodo di guerra, mentre l’anno successivo è stato addirittura il protagonista nel film tedesco Snipers Valley, che racconta la storia di un adolescente kosovaro – da lui interpretato – che prova a riscattarsi dopo la guerra. Non sapremo mai se sarebbe diventato una star (anche se ha parlato del mondo del cinema come uno degli obiettivi del post-carriera), mentre è certo che il tennis sia stata una scelta corretta, ogni settimana di più. Fino ad agosto Dzumhur aveva giocato solamente una semifinale a livello ATP, nel 2015 a Marrakech, poi di colpo è esploso. Negli ultimi quattro tornei ATP è sempre arrivato fra gli ultimi quattro: semifinale a Los Cabos, finale a Winston Salem, terzo turno allo Us Open, titolo a San Pietroburgo e nuova semifinale a Shenzhen, dove col suo tennis fatto di gambe veloci e regolarità ha mandato ai matti il grande favorito Alexander Zverev. Fanno 18 vittorie negli ultimi 21 incontri, che l’hanno portato dal numero 87 ATP al numero 36, best ranking che potrà migliorare ancora se dovesse vincere la semifinale di sabato contro Dolgopolov.I SOLDI NON SONO PIÙ UN PROBLEMA
Nel giro di due mesi Dzumhur ha cambiato la sua dimensione, confermando come i risultati ottenuti da juniores non siano stati casuali. Era arrivato al numero 3 del mondo under 18, ma si è accorto in fretta che il professionismo era ben altra cosa, specie per chi ha ben poco da ringraziare madre natura, avendo ricevuto appena 175 centimetri. Così, uscire dalla trafila di Futures e Challenger non è stato semplice, anche perché le casse della famiglia avevano poco da offrire, e i guadagni miseri gli hanno sempre impedito di assumere un coach. Si è arrangiato con papà, un tipo taciturno che poté abbracciarlo per la prima volta dieci mesi dopo la sua nascita, arrivata il 20 maggio del 1992, perché si trovava fuori Sarajevo e durante i bombardamenti non poté tornarci per un sacco di tempo. Fu lui ad aprire un circolo nel bel mezzo della guerra, e poi a portarlo a tirare i primi colpi in una palestra, visto che giocare all’aperto era ancora troppo pericoloso. Chi li ricorda ai tempi dei Futures, oltre alla capacità del figlio di rispondere sempre (sempre!) anche sulle superfici più rapide, non ha dimenticato l’abitudine di Damir di mandare platealmente a quel paese il babbo durante gli incontri, stanco dei consigli non sempre graditi. Eppure, quella collaborazione che all’inizio era una necessità oggi è una scelta ponderata, malgrado gli oltre 800.000 dollari guadagnati solo nel 2017. Sarà riconoscenza per gli sforzi del passato, sarà quel che sarà, ma risultati danno ragione a loro, e l’accoppiata Dzumhur-Dzumhur si sta spingendo sempre più in là. Damir è diventato il primo bosniaco a giocare uno Slam, a disputare le Olimpiadi, e soprattutto a vincere un torneo ATP.QUARTO TOP-10 BATTUTO IN 6 MESI
A onor del vero a conquistare un torneo del Tour (e pure degli Slam, chi in singolare e chi in doppio) ci sono riusciti anche Marin Cilic e Ivan Dodig, entrambi nati a Medjugordje, ma quando la città famosa per le presunte apparizioni mariane faceva ancora parte della Jugoslavia. Dzumhur invece è venuto al mondo quando la Bosnia ed Erzegovina aveva ottenuto l’indipendenza da un paio di mesi, e oggi è uno degli sportivi più importanti del Paese. Il caratterino di un tempo non l’ha perso, come possono confermare i giudici di sedia, ma piano piano ha imparato a sfruttarlo a suo favore, usando un pizzico di malizia (positiva, per carità) per risultare ancora più difficile da battere. A vederlo in allenamento non gli daresti due lire: la sua palla viaggia meno rispetto a quella di buona parte dei colleghi, il servizio rende poco, la mano non è delle più educate, e il body language tende a diventare negativo non appena le cose funzionano meno. Eppure ha fatto fuori quattro top-10 in sei mesi, ultimo Zverev, aggiunto alla collezione che contava già gli scalpi di Rafael Nadal, Stan Wawrinka e Milos Raonic. “Sascha” è stato avanti di un break in entrambi i set e nel secondo ha avuto anche tre set-point consecutivi, sul 5-4. Ma Dzumhur gli è rimasto appiccicato, ha tenuto il servizio, è riuscito ad allungare il match e ha raccolto il crollo del numero 4 del mondo. Va detto che il tedeschino era a pezzi (e con le vesciche a un piede) dopo le tre ore del giorno prima contro Darcis, doppiamente probanti a causa dell’umidità terribile di Shenzhen, ma non può essere sempre e solo fortuna. Quella va e viene, ciò che conta è farsi trovare pronti nel momento giusto. L’ex baby attore nato sotto le bombe ci sta riuscendo sempre meglio.
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