WIMBLEDON – Gli americani si riscattano con un gran torneo junior, vinto da Noah Rubin su Stefan Kozlov. Tra le donne vince Julia Ostapenko, la piccola Gulbis.
Di Alessandro Mastroluca – 7 luglio 2014
“Il miglior tennista di New York dopo John McEnroe”. Così il suo allenatore Lawrence Kleger, che dirige l'accademia dell'ex Superbrat, descriveva Noah Rubin, il campione junior di Wimbledon. Per Rubin, McEnroe è una sorta di mentore. “Mi ha dato una prospettiva diversa su come leggere il gioco, su come vedere i singoli colpi. Non avrei potuto imparare queste cose da nessun altro”. Del grande Mac ha la stessa voce pacata e la stessa tagliente ironia. “Abbiamo giocato quattro set e ho vinto al massimo due o tre game – raccontava l'anno scorso – poi l'ho battuto 7-6, tutto qua. Credo che non vorrà più giocare con me”. A Rockville, sede dell'Academy, vive anche suo padre Eric con cui Noah continua a scambiare quando può. “Cerco una vita normale – spiega – per questo cerco di mantenere separati lo sport dalla famiglia e dagli amici, anche se non ho una gran vita sociale”. Quest'anno aveva giocato un solo torneo junior prima di Wimbledon, quindi è dovuto passare qualificazioni. Otto vittorie più in là, è diventato il primo statunitense a conquistare il titolo junior dopo Scott Humphries nel 1994, nella prima finale tutta yankee dal 1977 quando Van Winitsky sconfisse Eliot Teltscher. Ovviamente si augura di fare meglio dei suoi predecessori.
NOAH LA SPUNTA NEL FINALE
Rubin è un counter-puncher dal fisico non così imponente, più simile a quello del suo idolo Ferrer. In finale ha battuto la “Next Big Thing” del tennis americano e mondiale, Stefan Kozlov, con il punteggio di 6-4 4-6 6-3. Classe 1998, nato a Skopje, testa di serie numero 6, l'anno scorso Kozlov stava per diventare il più giovane a vincere un match in un torneo ATP: solo i crampi l'hanno fermato a Newport contro il polacco Przysiezny. Stefan, il più giovane di sempre a portare a casa punti in classifica (a 14 anni raggiunse i quarti al Future di Godfrey), è figlio dell'ex tennista russo Andrei Kozlov, che nel 2002 ha aperto la sua accademia a Pembroke Pines, in Florida, dove si sono allenati Brendan Evans, Julia Cohen e la nostra Camila Giorgi. I due non si affrontavano dai quarti di finale dell'International Spring Championships di Carson, edizione 2011: Rubin vinse 6-4 6-4 e finì per conquistare il titolo. Ma Kozlov, acerbo ancora oggi, aveva solo 13 anni e la differenza d'età fu determinante. Sul Campo 1 di Wimbledon, come da pronostico, il match si è deciso sulla diagonale sinistra, la peggiore per entrambi. Così, spesso, gli scambi li ha vinti il primo che è riuscito a girare intorno alla palla per accelerare con lo sventaglio o variare con la palla corta. Decisivo, nel primo set, il break di Rubin per il 3-2. Nonostante l'ottima difesa di Kozlov, ha chiuso in 37 minuti con più vincenti e meno errori del più giovane avversario. Si è trovato però subito sotto di un break (0-2) nel secondo set, ha recuperato fino al 3-2 con un parziale di 12 punti a 1, ma non è bastato. Una volée sbagliata ha consegnato a Kozlov il 3-3, prima che una serie di gratuiti di rovescio portassero la finale al terzo set. I primi sei game seguono i servizi, poi qualcosa nel giovane Kozlov si rompe: si ritrova 15-40, arriva ai vantaggi ma sbaglia due volte in lunghezza. Il campo 1, pieno e incredibilmente partecipe, si scalda ancora di più. “Non mi aspettavo questa atmosfera, pensavo ci fosse poca gente. Invece l'entusiasmo del pubblico è stato incredibile” ha raccontato Rubin che ha chiuso al secondo match point sul rovescio a rete di Kozlov. “E' quasi surreale – ha commentato Rubin, che a fine partita ha abbracciato papà Eric, più commosso di lui a bordo campo – non mi aspettavo molto da questo torneo, è uno degli ultimi che gioco da junior, non lo dimenticherò mai”.
IL VENTO DELL'EST NON SI FERMA MAI
Nessuna sorpresa, invece, nel singolare femminile, sempre più euro-centrico, sempre più fiera dell'Est. Ha vinto la lèttone Jelena Ostapenko, che a Roland Garros è stata invitata per un paio di partite nel box di Ernests Gulbis. 17 anni compiuti lo scorso 8 giugno, è un prodotto dell'Accademia Bollettieri, espressione già evoluta del “corri e tira”, cifra stilistica del guru americano che tra pochi giorni entrerà nell’agognata Hall of Fame. Più efficace di rovescio che di dritto, capace di sostenere scambi lunghi ad alto ritmo, a 16 anni ha vinto l'Eddie Herr International tra le under 18. Bambina prodigio, nel 2012 ha già vinto il primo dei suoi sei titoli ITF, tre dei quali vinti quest'anno a Santa Margherita di Pula. In finale ha sconfitto Kristina Schmiedlova, sorella minore di Anna, capace di sorprendere Venus Williams e raggiungere il terzo turno a Roland Garros. Si erano già incontrate pochi giorni fa nella finale del Nike International a Roehampton e Jelena aveva vinto con agio. Stavolta ha dovuto sudare. In poco tempo Schmiedlova, dopo aver salvato tre palle break, chiude 6-2 al quarto set point sulla risposta affossata a rete dalla lèttone. “Ero un po' nervosa nel primo set – ha ammesso Ostapenko – lei ha iniziato molto bene, poi nel secondo ho cercato di recuperare la concentrazione e pensare punto dopo punto”. La stanchezza ha fatto il resto. Ostapenko, che ha perso undici game tra gli ottavi e la semifinale, ha chiuso con 40 vincenti contro i 17 della slovacca, costretta a una vistosa fasciatura al braccio destro sin dal secondo set. Ed è finita 2-6 6-3 6-0. Ha le idee chiare, Ostapenko, quasi su tutto. “Voglio arrivare tra le prime 300, magari 200 a fine anno” ha detto. Però non ha ancora pensato al vestito da indossare al ballo. Di sicuro gliel’avranno suggerito.
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