L'appuntamento è tra 50 settimane, quando il tennis abbandonerà la polvere della terra battuta per assaporare di nuovo la sacralità dell'erba. Ecco, “sacralità” è il termine che rappresenta al meglio Wimbledon. Storia, tradizione, abitudini uniche. Però hanno un grande merito: stare al passo coi tempi senza rinunciare al passato. Wimbledon spende un mucchio di soldi per ampliare il “site”, tra stadi nuovi, tetti già esistenti e quelli che verranno. Senza dimenticare l'aumento dei montepremi, tutto a carico del club. Eppure riescono ugualmente a fare soldi. In attesa del bilancio della nuova edizione, è difficile immaginare che abbia prodotto un utile inferiore rispetto al 2014, quando l'All England Club ha intascato 32 milioni di sterline. Un traguardo ancora più importante per un torneo che riduce al minimo la presenza degli sponsor. A parte il minuscolo logo di Slazenger, gli striscioni a bordo campo restano immacolati ed è un vero e proprio miracolo. Persino due baluardi come il Barcellona e l'Athletic Bilbao si sono inchinati alle necessità moderne e hanno ospitato uno sponsor sulle proprie maglie. A Wimbledon, invece, resistono. Come spiega Misk Desmond, responsabile del club per i rapporti con i media e con le aziende, Wimbledon non ha veri e propri sponsor ma soltanto fornitori ufficiali. “Ad esempio, gli arbitri, i giudici e i raccattapalle sono vestiti da Ralph Lauren, gli orologi sono Rolex, i dati sono forniti da IBM, le palline sono Slazenger e i giocatori bevono acqua Evian. Anche se i nostri partner non hanno striscioni ovunque, noi presentiamo i loro prodotti esattamente come voi vi aspettate di trovarli a Wimbledon”. La politica è chiara: pochi partner, ma buoni. In tutto sono 13, molti meno rispetto agli altri Slam. “Ma va bene così: un range tra 10 e 15 è perfetto per noi”. Oltre ad essere pochi, sono anche fedeli. Le palle Slazenger, per intenderci, sono utilizzate da oltre un secolo. Anche per questo, forse, è l'unico nome che trova spazio nei teloni (ma è talmente piccolo che a occhio nudo non si vede…). “Tutte le ricerche che abbiamo fatto evidenziano che la partnership sono ben note e il consumatore sa quello che fanno le varie aziende con noi”.
PIOGGIA DI SOLDI DALLE TV
Un accordo con Wimbledon va oltre la presenza fisica a Church Road. C'è la possibilità di realizzare spot pubblicitari, apparire su riviste, manifesti, pubblicità varie. I partner commerciali, tuttavia, non sono la principale fonte di business per i Championships. Nell'epoca del digitale, i quattrini arrivano soprattutto dalla vendita dei diritti di trasmissione. Negli ultimi anni, Wimbledon è arrivato ad essere trasmesso in 200 paesi. Quest'anno hanno piazzato per la prima volta le telecamere su 15 campi (anche se soltanto 9 sono stati inviati alle TV internazionali, tra cui la nostra Sky). Negli ultimi 10 anni si sono moltiplicate le fonti di business: oltre alla TV tradizionale adesso ci sono le trasmissioni in streaming, on demand. L'obiettivo è realizzare contratti della durata di cinque anni. Negli ultimi 12 mesi hanno realizzato una serie di accordi quinquennali con diverse emittenti, peraltro di mercati importanti come Asia, Australia, Giappone e Brasile. “Ed è un corso una gara d'appalto per il Medio Oriente: se la giocano Abu Dhabi Media e beIN Sports. Dai nostri partner TV non ci accontentiamo dei soldi. Vogliamo una grande copertura, trasmissioni in diretta e la possibilità di avere più campi. Senza contare il modo in cui promuovono il nostro prodotto, come ci commercializzano, cosa dicono di noi”. Gli sponsor e i diritti TV, uniti al programma di obbligazioni, sono le tre principali fonti di reddito del miracolo di Wimbledon. In Italia, l'accordo con Sky Sport scade nel 2016.
100.000 STERLINE PER DUE BIGLIETTI
A differenza di quanto accade nel calcio, soprattutto in Italia, dove i proventi della biglietteria sono una voce sempre meno importante nel bilancio di una società, a Wimbledon i biglietti sono ancora molto importanti. I biglietti obbligazionari sono veduti su base quinquennale e il recente pacchetto che va dal 2016 al 2020 ha fruttato la bellezza di 105 milioni di sterline. I soldi che provengono da questo settore vengono reinvestiti per il rinnovamento del club. Dopo la Seconda Guerra Mondiale furono i biglietti a consentire le riparazioni, mentre oggi servono alle varie ristrutturazioni. Per questo tipo di operazioni ci sono 2.500 posti sul Centre Court e un migliaio sul Campo 1. Si possono acquistare con il tradizionale sistema del ballottaggio. I costi sono pubblici, si invia il proprio interessamento e poi c'è il sorteggio. Due biglietti che danno accesso per cinque anni costano la bellezza di 100.000 sterline. Chi li acquista, tra l'altro, è libero di venderli. Di sicuro devono essere utilizzati: se i possessori dei tagliandi non si presentano a Church Road, i biglietti stessi vengono dichiarati nulli. Ad ogni modo, si tratta di un quantitativo di biglietti che non superare il 25% del totale. Significa che i tre quarti dei tagliandi sono a disposizione degli appassionati normali, non in grado di sostenere un investimento milionario. Come detto, i tennisti guadagnano sempre di più: quest'anno, Novak Djokovic ha intascato 1,88 milioni di sterline contro le 477.500 incassate dieci anni fa da Roger Federer. Cedendo alle pressioni dei giocatori, le percentuali maggiori di incremento sono per chi perde al primo turno e nelle qualificazioni. Tutte cose ben note: è probabile che, al di là delle dichiarazioni di facciata, ne avrebbero fatto volentieri a meno. Ma Wimbledon non conosce crisi. “La nostra sfida è mantenere il giusto bilancio tra tradizione e innovazione. Ma anche l'attenzione al dettaglio e la capacità di migliorare anno dopo anno”. Arrivederci Wimbledon, ci vediamo l'anno prossimo.