L’amore sconfinato per lo svizzero ha varcato le barriere del nazionalismo argentino. Nei pochi giorni a Buenos Aires lo hanno trattato come un Re, e lui si è concesso con grande umanità.
Roger Federer e Juan Martin Del Potro a Tigre
Di Gianluca Roveda – 14 dicembre 2012
C’erano 40.000 occhi a seguire la seconda esibizione tra Roger Federer e Juan Martin Del Potro. Lo svizzero ha compiuto la magia di distogliere l’attenzione dal campione argentino. Non era mai successo che il pubblico di Buenos Aires (anzi, di Tigre) dedicasse cori e ovazioni al tennista nemico. E invece è partito, spontaneo, un potente “Olè olè olè olè Roger Roger”. E’ una delle tante cartoline della doppia esibizione allo stadio Pipa Tigre, in cui non è andato tutto alla perfezione (mercoledì sera aveva ceduto una tribuna), ma che è destinata a restare nella storia, più di quando a Buenos Aires arrivarono gli Stati Uniti di John McEnroe, o della finale della Davis 2008, unica giocata nel paese. Prima che i giocatori entrassero in campo, il presentatore Jorge Rial (imposto dalla TV…) ha presentato un videoclip, dicendo semplicemente: “Così gioca Roger Federer”. Sono partite le immagini, focalizzate soprattutto sugli scontri diretti tra lo svizzero e l’argentino. L’ingresso di Federer è stato accompagnato da un’ovazione. Gli hanno subito passato il microfono: “E’ un grande privilegio essere qui. Mi state facendo vivere il miglior momento della mia vita”. Nel frattempo i cori si facevano sempre più caldi e rumorosi. Quando è iniziata la partita, gliene hanno dette di tutti i colori. Idolo, Genio, Maestro, “Roger, ti amo” e così via. Lui salutava tra un punto e l’altro, ma si impegnava davvero. Il giorno prima aveva perso, stavolta voleva prendersi la rivincita. Il 6-4 7-6 finale si è snodato in un’ora e mezza di buon tennis. Il clima era da esibizione, ma la classe va al di là dell’agonismo. Ci sono stati scambi di oltre 20 colpi e alcune bordate che hanno esaltato la gente.
Federer ha giocato di pura classe, ricorrendo spesso al rovescio in slice. Un colpo perfetto: poco sforzo, tanta eleganza, spettacolo assicurato. E quando andava a rete ha saputo deliziare il pubblico, senza disdegnare un tweener, ormai un classico del suo repertorio. Dopo la stretta di mano, l’abbraccio collettivo è continuato. Foto, saluti, autografi…tutti volevano un ricordo del campione, un extraterrestre che è finito (per sbaglio? Chi lo sa…) nel nostro pianeta. A parte un tennis mirabolante, lo svizzero si è fatto amare per la sua umanità. Ha iniziato a dispensare foto e autografi appena sceso dall’aereo, ed ha sgranato gli occhi quando Gabriela Sabatini e Paola Suarez gli hanno regalato l’impressionante volume “La historia del tenis en Argentina”. Lo ha anche sfogliato, sorridendo quando si è accorto che il primo match di Davis nella storia dell’Argentina si è giocato nel 1923, proprio contro la sua Svizzera. Prima della seconda esibizione, si è concesso una gita alla Bombonera di Buenos Aires, mitico stadio del Boca Juniors. “E’ un luogo storico, al pari di Wimbledon o del Madison Square Garden”. Insieme a lui Del Potro (immancabile una partita a calcio-tennis) e Gabriel Batistuta, uno dei suoi primi idoli calcistici. C’erano anche il giocatore di polo Adolfo Cambiaso (buon amico di Nalbandian) e il calciatore del Boca Rolando Schiavi. Federer si è mostrato in tutta la sua semplicità, chiedendo scusa a uno spettatore che gli aveva detto qualcosa in spagnolo…e lui non aveva capito. Adesso si trasferirà in Colombia per giocare l’ultima esibizione di un tour che gli frutterà qualcosa come 12 milioni di dollari. La sola presenza in Argentina ha creato un movimento di 8 milioni: lui ne ha intascati poco meno della metà, mentre Del Potro si è “accontentato” di 800.000 dollari. “E’ stato il miglior viaggio della mia vita” ha detto con gli occhi sorridenti, quasi a voler convincere della sua sincerità. Sarà stato l’affetto della gente, o forse i vini e l’asado che gli hanno fatto provare. “Grazie Argentina! Sto lasciando ora il vostro splendido paese. L’atmosfera vissuta fuori dal campo è stata una delle più belle che io abbia mai vissuto”. Muchas Gracias.
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