L'INTERVISTA – Fulvio Fognini racconta il figlio, punta azzurra nella sfida contro la Gran Bretagna. Tanti piccoli segreti e una convinzione: "Deve scalare altre due montagne".
Papà Fulvio è convinto che Fabio Fognini possa abbattere il muro dei top-10
Intervista di Riccardo Bisti – 4 aprile 2014 (*)
Il titolo è banale, lo sappiamo. E’ lo slogan di Luciano Ligabue, Walter Mazzarri, persino di Matteo Renzi…Però l’assist ce l’ha dato Fulvio Fognini dopo averci raccontato il Nuovo Fabio, il giocatore che l’Italia aspettava da troppo tempo. Dopo l’ultima risposta, si è preso qualche secondo di silenzio. Stavamo spegnendo il registratore, quando ha sentenziato. “…E speriamo che il meglio debba ancora venire”. C’è da credergli: papà Fulvio conosce meglio di chiunque altro le potenzialità del figlio, primo top-15 italiano dai tempi di Corrado Barazzutti. Ma il suo tennis vale di più. Lo sta dimostrando giorno dopo giorno, torneo dopo torneo. Ed è chiamato a confermarsi nell’affascinante sfida contro la Gran Bretagna di Andy Murray. “Lo conosco da quando aveva 11 anni. Gioca meglio di Nadal e Djokovic, ma Fabio ha il 40% di chance di farcela”.
Fulvio Fognini, papà felice: Fabio ha svoltato. Come ha fatto?
E’ cresciuto sul piano tecnico. Serve molto meglio, ed è migliorato tantissimo con il rovescio. Più in generale, le cose buone vengono insieme. Si è creato un circolo virtuoso: se migliori l’aspetto mentale, migliori anche la solidità in campo…e alla fine diventi un giocatore molto pericoloso.
Qual’è la sua migliore qualità, magari sottovalutata dai critici?
Credo che Fabio sia il figlio che ogni genitore vorrebbe avere. In campo può avere atteggiamenti diversi, ma nella vita di tutti i giorni è un ragazzo educato, rispettoso, si dà da fare per chi è meno fortunato…credetemi, non mi ha mai dato alcun problema, di nessun genere. In campo, in effetti, è una testa calda.
Pensavo che avrebbe citato la voglia di lavorare. Fabio si impegna moltissimo.
Quello si, ma prima lavorava in maniera disordinata, mentre adesso è sempre “sul pezzo”. Ha avuto la fortuna di trovare Josè Perlas, un allenatore che ha saputo “prenderlo”. Gli ha fatto capire che esisteva un solo metodo per arrivare in alto: il lavoro.
Fabio ha rivelato che è molto importante anche l’aiuto della moglie di Perlas, valida psicologa dello sport…
La signora Ana Puente lavora su aspetti mirati, identificati dal marito. Non so molto di più, si tratta di cose personali e ho preferito non approfondire. E’ una psicologa dello sport di provata esperienza: oltre a Fabio, segue diversi altri giocatori. In passato ha lavorato con Nicolas Almagro, ancora oggi segue ragazze spagnole tra le prime 50 WTA…avendo un marito allenatore, che conosce alla perfezione i problemi del giocatore, il suo lavoro è più facile. Grazie a Josè, trova subito gli aspetti su cui lavorare.
Persino il colosso ESPN si è interessato a Fabio, intervistandolo durante il torneo di Buenos Aires. Il noto cronista Greg Garber gli ha chiesto come mai lo avete chiamato Fabio. Lui non ha saputo rispondere, parlando solo della ricorrenza della lettera “F”…
Verissimo. E’ una tradizione di famiglia, strettamente legata a questa lettera. Mio fratello si chiama Fausto, la mia prima nipote si chiama Fabiana…allora abbiamo proseguito nella tradizione inaugurata dai miei genitori. E la sorella di Fabio si chiama Fulvia.
A luglio, dopo l’accoppiata Stoccarda-Amburgo, disse che il sogno di padre era vedere Fabio tra i primi 10. Non è che adesso l’asticella si è un po’ alzata?
Restiamo con i piedi per terra: tra i top-10 non ci è ancora arrivato. Per entrarci deve scalare ancora due montagne. Ne ha affrontate due per arrivare dov’è, adesso ce ne sono altrettante. Che dire…dovesse arrivare ancora più in alto, mi ripagherebbe di tutti i sacrifici compiuti sin da quando è ragazzino.
Ci racconta il momento in cui Fabio l’ha veramente fatta arrabbiare?
Ce ne sono stati diversi. La partita in cui mi sono arrabbiato di più risale a tre anni e mezzo fa, ad Umago, quando perse 6-1 6-4 contro Bjorn Phau. Sarò sincero: scappò subito in albergo, perchè se si fosse avvicinato sarebbero stati guai. Andò in “sciolta” sin dal primo game e iniziò a guardarmi per osservare la mia reazione. Si aspettava che facessi qualcosa, in modo da addossarmi qualche colpa. Io rimasi a testa bassa per tutto il match, ma se alla fine lo avessi beccato….gli avrei dato un bel calcione!
Che fine hanno fatto quelli che lo deridevano?
Quando vinci, i denigratori spariscono e tutti vogliono salire sul carro del vincitore. Ma noi, per fortuna, non abbiamo bisogno di gente che venga a strisciarci intorno. Per questo, abbiamo fatto salire con piacere chi lo meritava, mentre a tutti gli altri ho detto in faccia come la pensavo. Se decidi di stare accanto a una persona lo fai sempre, soprattutto nella sconfitta. E’ troppo facile farlo quando si vince.
Nel tennis ci sono tanti tipi di genitori. Nel femminile abbiamo visto tanti casi di padri-padroni, ma c’è anche chi non ama i riflettori. Fulvio Fognini che tipo è?
Sono sempre stato al mio posto. Ho aiutato Fabio come potevo, perchè lui è stato ambizioso sin dalla nascita. Avendo la possibilità di dargli una mano, ho sempre cercato il meglio. Per il resto, credetemi, non mi è mai piaciuto apparire. Quando lo seguo in giro per tornei, gli altri giocatori mi vengono a salutare, scherzano e ridono con me…qualcosa vorrà pur dire.
Il momento in cui ha visto Fabio più felice?
Quando è tornato dalla vittoria in Coppa Davis contro la Croazia. Io ero presente, fu grande protagonista ed era davvero contento. Ma vi stupirò: la gioia più grande l’ho vista quando gli hanno detto che aveva risolto tutti i problemi al polso, dopo che aveva temuto di doversi operare. La gioia vera l’ho vista in quel momento, ancor più che per i tornei vinti. Fabio ha sempre conosciuto le sue potenzialità. Forse non ci credeva abbastanza, ma lo sapeva. Ha sempre investito su se stesso, e io con lui.
Napoli lo aspetta. Quante chance gli diamo di battere Andy Murray?
Sono abbastanza ottimista. Ci fossero stati Djokovic o Nadal, avrei detto il 5 o il 10%. Con Murray voglio essere più largo e dico un 40%. Lo scozzese ha un gioco che non lo infastidisce troppo, lo lascia giocare. C’è un paradosso: a tennis gioca meglio degli altri due, e lo so bene perchè lo conosco da quando aveva 11 anni, ma dico che Fabio può giocarsela.
Fognini può diventare uno dei più grandi Davisman nella storia del tennis italiano?
Se ci riferiamo a Barazzutti e Panatta, direi di no. Sono stati top-10, hanno vinto la Coppa Davis e si sono aggiudicati grandi tornei. Il giorno in cui Fabio farà altrettanto, ne potremo parlare. Tuttavia, penso che i numeri degli ultimi 20-30 anni parlino chiaro. Direi che lo si può considerare il miglior giocatore dell’era post Panatta e Barazzutti. Almeno riconosciamogli questo.
In chiusura, quali sono state le cinque persone più importanti nella vita e nella carriera di Fabio?
Togliendo la famiglia…me ne vengono in mente soltanto tre: Leonardo Caperchi, Oscar Serrano e Josè Perlas. Ognuno ha avuto un ruolo fondamentale: Caperchi lo ha aiutato tecnicamente, Serrano lo ha condotto nei primi 100 e gli ha dato moltissima fiducia, mentre Perlas ha completato il lavoro con grande competenza e lo ha portato ai livelli attuali. E speriamo che il meglio debba ancora venire…
(*) Intervista pubblicata sul programma ufficiale di Italia-Gran Bretagna, realizzato dalla Federazione Italiana Tennis, che ci ha autorizzato a riproporla su TennisBest.
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