Dopo uno stop di due anni, e contro il parere dei medici, Giovanni Lapentti (fratello minore di Nicolas) è tornato a giocare. Lo fa per la figlia. Parteciperà allo Us Open. 
Giovanni Lapentti giocherà le qualificazioni dello Us Open

Di Riccardo Bisti – 20 agosto 2013

 
Una vittoria su Lautaro Pane, anonimo argentino numero 1984 ATP, può essere la più dolce di una carriera. E pazienza se al turno successivo raccogli tre game contro Emilio Gomez, figlio del mitico Andres. Quella tra Gomez e Giovanni Lapentti è stata una sfida affascinante: il figlio e e il fratello degli unici top 10 nella storia tennistica dell’Ecuador, destinati a vivere nell’ombra. Anche per questo, Lapentti jr. ha deciso di tornare a giocare dopo due anni di assenza. Nell’ottobre 2011, dopo la seconda operazione al ginocchio in tre mesi, i medici gli dissero che non c’era nulla da fare, che la sua carriera era terminata. Supportato dalla famiglia e da un’incrollabile forza di volontà, Lapentti è tornato. E la scorsa settimana ha vinto una partita al future di Guayaquil, conquistando il primo punto della sua seconda carriera. Lapentti è stato un ottimo giocatore: nel 2005 ha sfiorato i top 100 (best ranking al n, 110 ATP), poi nel 2011 si è bloccato dopo che era tornato tra i top-200 e aveva vinto il decimo challenger in carriera. “Era un’operazione molto semplice e tutto è andato bene – racconta – ma due mesi dopo, a inizio riabilitazione, mi sono fatto male di nuovo”. L’infortunio arrivò in un contesto incredibile: si trovava in Ecuador (lui adesso vive a Miami) per l’esibizione tra il fratello Nicolas e Pete Sampras, e si fece male salendo le scale dell’impianto. Uno scatto repentino ha causato il crack. “E ho dovuto aspettare un altro mese per la seconda operazione, perché dopo due settimane mi sarei sposato. Ho vissuto il mio matrimonio con il tendine del quadricipite rotto. Fu un’operazione molto delicata e i medici mi dissero che non avrei potuto più giocare, che nessuno era tornato dopo un infortunio del genere. Fu terribile perché avevo ritrovato il mio miglior tennis. Ma mi sono lentamente abituato all’idea che era finita”.
 
Ma il tennis è una malattia strana, ancor più grave di qualsiasi infortunio. Come diceva David Dinkins, ex sindaco di New York, “Non è una questione di vita o di morte. E’ molto di più”. Allora ha ripreso ad allenarsi per conto suo. Un giorno la moglie gli chiese se aveva intenzione di tornare a giocare. Lui rispose di no, ma lei insistette. “Mi disse che nessuno può dirmi cosa devo o non devo fare fino a quando non lo decido io”. Il momento chiave è stato la nascita della figlia Giulianna. Ogni volta che la stringeva a sé si disperava, pensava che non lo avrebbe mai visto giocare. Un sentimento condiviso da tanti tennisti-papà, che hanno prolungato le loro carriera per mostrare ai figli le loro capacità: Davide Sanguinetti, Roger Federer e Tommy Haas sono stati gli ultimi. “Dopo aver passato tutta la vita sul campo da tennis, non potevo credere che lei non potesse mai vedermi. E così, mentre dormiva, le sussurravo che sarei tornato a giocare”. In effetti, Lapentti ammette di aver tratto una forte ispirazione da Tommy Haas, che ha 35 anni ed è ancora in pista dopo aver superato una montagna di infortuni. Tuttavia, il processo di recupero è stato molto lento. Lapentti ha avuto bisogno di quasi un anno per riprendere soltanto a correre. Poi è arrivato il momento di ritrovare la forma fisica. “Ho dovuto ricominciare da zero. E’ molto difficile costruirsi una base fisica per tornare a competere”. Ci sono volute nove settimane di lavoro prima di riprendere la racchetta in mano, All’inizio teneva ritmi da scuola SAT: un’ora al giorno per tre volte a settimana. Poi ha aumentato i carichi di lavoro, fino a decidere di giocare un set. “E’ stato il più strano della mia vita. Non riuscivo a muovermi”. Ma le cose sono lentamente migliorate, e con l’aiuto di Josè De Armas (ex giocatore venezuelano, molto forte da junior) ha deciso di provarci al challenger di Medellin. Ha perso 6-3 6-4 contro Michael Quintero. “Ero arrabbiato, ma era un buon segnale”.
 
Prima di giocare la partita, era pieno di ansie. Era nervoso, spesso piangeva, non sapeva cosa fare. Aveva perso il tempo, le sensazioni, non ricordava che doveva riscaldarsi o mettere il grip al manico della racchetta. Si sentiva come un ragazzino alla prima esperienza. Tutto sommato è andata bene, e poi la vittoria a Guayaquil gli ha restituito fiducia. Senza contare che Emilio Gomez, suo giustiziere, ha poi vinto il torneo. Adesso Giovanni giocherà diversi challenger. Avrà una wild card a Quito e Guayaquil, forse riuscirà a infilarsi in qualche tabellone colombiano. Ma in questi giorni c’è la scommessa più affascinante: le qualificazioni dello Us Open. Potrà giocarle grazie al ranking protetto. “E’ un piccolo rischio. Mi hanno raccomandato di non giocare sul cemento, almeno all’inizio, per non forzare il ginocchio. Ma dopo il ritorno ho parlato con il dottore e mi ha detto che posso provare se non sento dolore. Negli allenamenti non ho avuto problemi, quindi…proviamo”. Il sogno è entrare tra i top 200 entro un anno. Ci sono un mucchio di incognite…ma chissà. Nel frattempo, il fratello Nicolas è diventato presidente della federtennis ecuadoriana, Ma per Giovanni non è ancora tempo di sedersi dietro a una scrivania. Prima vuole trovare un modo per essere ricordato.