E’ difficile trovare un punto, un immagine, una fotografia che spieghi la sconfitta di Roger Federer contro Milos Raonic. Lo rivedremo ancora ai Championships. Una volta, forse due, ma secondo molti era l’ultima occasione per azzannare un titolo Slam che gli manca da quattro anni. Con Nadal ai box, Djokovic fuori dai giochi, un’ipotetica finale contro Andy Murray non faceva così paura. Invece è arrivato l’omone del Canada (o meglio, del Montenegro) che ha rispedito nel cassetto i sogni suoi e di una comunità del tennis che si era schierata – compatta o quasi – dalla sua parte. La capacità di non sciogliersi è uno dei meriti di Milos Raonic nel 6-3 6-7 4-6 7-5 6-3 che regala al Canada la prima finale Slam della sua storia, almeno tra gli uomini. In ambito giovanile sgomitano Felix Auger Aliassime e Denis Shapovalov, ma oggi è chiaro, inciso su pietra, che il primo canadese a vincere uno Slam sarà lui. E non sembra esserci il rischio di una ricaduta come è successo due anni fa a Eugenie Bouchard. Raonic aveva tutti contro, lo sapeva, ma ha tenuto un atteggiamento glaciale quando la bomba stava per scoppiargli tra le mani. Sotto due set a uno sembrava spacciato, anche perché non riusciva ad essere incisivo nei turni di risposta. Per due set non è stato capace di leggere le traiettorie di Federer, ed anzi zoppicava vistosamente nei suoi turni di servizio, aggrappandosi alle sassate con la prima palla. Gli ha dato tanto, il servizio: 23 ace non sono una cifra straordinaria, ma ha messo il 68% di prime palle. Quando tiri così forte, è una percentuale spaventosa. Ma questo risultato è più merito di Raonic o demerito di Federer? Come sempre, la risposta sta nel mezzo.
LA TESTA D’ORO DI MILOS
Il merito di Raonic sta nella qualità con cui ha giocato le tre palle break che ha dovuto fronteggiare nel quarto set. Due sul 2-2, una sul 4-4. A quel punto, Federer si è trovato a cinque punti dalla finale. Ha respirato profondamente, ha fatto rimbalzare la palla per otto volte e…booom! Un messaggio chiaro per Federer e per il pubblico. Lui non avrebbe perso la partita, casomai Roger avrebbe dovuto prendersela. Non deve essere facile giocare contro un campione, contro 15.000 persone che muoiono dalla voglia di decantarne le imprese. Bisogna ponderare ogni atteggiamento, perché c’è il rischio di metterseli contro, di essere preso di mira. Insomma, una solidità psicologica impressionante. Cilic non l’ha avuta, Raonic sì. Ragazzo intelligente, si è affidato a Riccardo Piatti per la costruzione delle basi, poi a Carlos Moyà per imbiancare le pareti. Quando ha capito che non bastava, ha chiamato John McEnroe per gli arredi. Scelte rischiose e costose, ma se l’azienda “Milos Raonic Tennis”, come l’ha chiamata lui, deve crescere, è opportuno investire. Lui l’ha fatto e ha avuto ragione. Qualcuno lo critica perché non esprime troppe emozioni, o perché il suo tennis è noioso. Vero. Ma per quale ragione dovrebbe fare il giullare o inventarsi uno stile di gioco che non gli appartiene? Perché dovrebbe lasciarsi battere per fare contenti gli esteti? La verità è che il servizio è un colpo come gli altri e Milos lo usa alla perfezione. Che poi – intendiamoci – non è vero che nella pugna da fondocampo vale quanto un B1, come qualcuno ha provato a ipotizzare. Lo slice è migliorato a tal punto da poter essere considerata un’arma del suo arsenale. E il dritto fa i buchi per terra. Contro Federer ha tirato alcune mazzate incrociate, sia in risposta che durante lo scambio, frutto di un timing eccezionale. E Roger, già proteso a difendere il lato sinistro, non se l’aspettava. O vogliamo parlare del punto che lo ha issato a palla break sul 5-5 al quarto (che peraltro gli sarebbe stata annullata)? E’ sceso a rete, ha giocato una volèe di rovescio di difficoltà 11 nella Scala Mercalli del tennis (cit.) per poi chiudere con la seguente, in allungo. L’avesse tirata Federer, saremmo ancora inginocchiati nel santuario del tennis.
DUE CONTROPIEDI SENZA LOGICA
Ovviamente ci sono anche i demeriti di Federer. Due, forse tre, ma sono bastati. Al netto delle qualità di Raonic, se Roger non avesse commesso alcuni erroracci nelle fasi calde, probabilmente in finale ci sarebbe lui. Quando una partita si gioca sul filo del rasoio, anche la minima scelta sbagliata può essere fatale. L’allusione è al dodicesimo game del quarto set, quando Roger ha servito sul 5-6. Avanti 40-0, la testa di tutti era già al tie-break. Invece ha commesso due doppi falli consecutivi (da 40-15 a 40-40) che hanno ridato vita al game e vigore a Raonic. Non era pronto, Roger, a battagliare in un game che sembrava routine. Ha cancellato due palle break, ma la terza gli è stata fatale. E li ha commesso un errore gravissimo: dritto da metà campo, tutto l’incrociato libero. Invece ha cercato il contropiede, ha voluto insistere sul rovescio di Raonic. Ed è stato punito. Stessa storia nel quarto game del quinto set: anche lì un doppio fallo ad aprire la strada al canadese, anche lì errore al momento di attaccare. Stessa storia: cerca il rovescio di Raonic quando un buon attacco dall’altra parte sarebbe stato più efficace. Stavolta si difende come può: gioca una volèe di sbarramento, una seconda, una terza, persino una quarta, ma il quinto passante è quello buono. 3-1 Raonic, che da lì a poco si sarebbe tramutato in 6-3. Niente favola, niente retorica, niente esaltazione sfrenata di chi era già pronto a disegnare l’epica. E’ il bello e il brutto dello sport: non basta scriversi il finale come in un film. No, qui bisogna costruirselo. Roger ha accettato la sconfitta con eleganza, come sempre, ma stavolta non si è fermato a scarabocchiare quei 4-5 fogli di carta all’uscita dal campo. Si è preso l’ovazione del pubblico, ma dentro di sé schiumava rabbia, anche per i guai fisici che probabilmente lo hanno limitato nel finale: problemi muscolari alla coscia destra, poi una lievissima distorsione al ginocchio sinistro nel game che avrebbe consegnato il break a Raonic. Tanti fattori, un unico risultato: il finalista di Wimbledon si chiama Milos Raonic. Ci sarà tempo per riflettere sul fatto se sia un bene per il tennis. Ma il verdetto specifico non fa una grinza. Questo bisogna specificarlo, con buona pace di chi non vorrebbe accettarlo.
Milos Raonic (CAN) b. Roger Federer (SUI) 6-3 6-7 4-6 7-5 6-3