Appena tornata nel tour dopo un'assenza biblica, Laura Robson si è ritirata dal torneo ITF di Gaitenau. Per fortuna non c'entra il polso, ma è solo un problema muscolare. La dura vita di una stellina tornata nella polvere. 

Si può essere contenti per un stiramento muscolare? Si può provare sollievo se ti ritiri al primo turno di un torneo ITF? Sì, si può se ti chiami Laura Robson e sei appena tornata dopo un calvario di un anno e mezzo. Un grave problema al polso, inizialmente sottovalutato, l'ha spazzata via dal tour nel gennaio 2014 ed è tornata soltanto nei recenti tornei erbivori. Ha raccolto sonore batoste, ma era previsto. E poi, quando la salita non sembrava così ripida, arriva la notizia del ritiro dal torneo ITF di Gatineau, 25.000$ di montepremi in Canada, dopo che la scorsa settimana aveva finalmente vinto una partita. Opposta alla ceca Barbora Stepkova, la britannica si è ritirata senza apparente motivo sul 5-1 per la sua avversaria. Panico tra i sostenitori. E' andata bene: niente polso, ma soltanto uno stiramento ai muscoli addominali che si era procurata durante il riscaldamento. Lo ha detto lei stessa via Twitter, tranquillizzando chi pensava a una terribile ricaduta. Dopo aver incassato gli auguri dell'avversaria, ha iniziato a pensare ai tempi di recupero. Di certo non saranno eterni come uno stop che ha messo a repentaglio la sua carriera e l'ha fatta precipitare al numero 913 WTA. Dopo la campagna erbivora, buona per far rivedere il suo visino (l'hanno inserita nella lista delle 100 donne più sexy al mondo…), la vera ripartenza c'è stata 10 giorni fa a Granby, dove ha finalmente vinto una partita contro la giovane giapponese Naomi Osaka, battuta col punteggio di 7-6 6-7 6-3. L'avventura è terminata al secondo turno contro l'americana Ellie Halbauer (6-2 4-6 6-2), ma la discreta finale ottenuta in doppio aveva riacceso la speranza. “Il mio obiettivo è giocare più partite possibili – diceva la scorsa settimana, parlando delle sensazioni sul campo – ho ripreso a colpire lo scorso ottobre. Il timing non l'ho mai perso, ma la capacità di anticipare torna col tempo. Ora va sempre meglio, sono nella giusta direzione”.


IL PUBBLICO NON LA CONOSCE

A ben vedere, Laura non ha ancora fatto granchè nella sua carriera. Non ha ancora vinto titoli WTA ed è stata al massimo numero 27. E' ricordata soprattutto per aver messo fine alla carriera di Kim Cljsters e per un paio di quarti turni negli Slam. Ma le riconoscono un gran talento, una notevole personalità e poi c'è quel vecchio successo a Wimbledon junior, ottenuto poco più che bambina, da cui sono partiti voli pindarici. Era lei l'erede disegnata di Virginia Wade, ultima britannica a vincere i Championships. Adesso, invece, la speranza numero 1 si chiama Heather Watson. Tornare a giocare un torneo ITF non deve essere stato facile per chi si era abituata a girare spot pubblicitari. A Granby, il montepremi era di 50.000 dollari e si giocava in un circolo pubblico: non appena i giocatori abbandonavano i campi di allenamento, i bambini del poto li riempivano con entusiasmo. I servizi per gli spettatori? Una fila di bagni biologici. Laura si scaldava dal balcone della club house e ha vissuto una strana sensazione: gli spettatori non badavano troppo a lei. Per questo, forse, lo spirito era buono. “Non ho nessun problema a giocare questi tornei. Sapevo che sarebbe stato un passaggio necessario. Sono felice di esserci, anzi li ringrazio per avermi dato una wild card. E poi, diciamolo, c'è più pubblico qui che a un grande torneo come Pechino”. In Gran Bretagna c'è grande interesse per sapere come andrà questo rientro. Uno dei giornali più importanti, il Guardian, ha addirittura spedito un inviato a Granby per seguire le vicende di Laura. Quando è scesa in campo per il match contro la Osaka, alcuni spettatori si domandavano come mai avessero dato la night-sessione del campo centrale a una britannica, numero 913 WTA, e a una giapponese. Ma quando lo speaker ha annunciato il suo palmares, la gente ha capito. “Accidenti, deve essere qualcuno”.


VITA DA CIRCUITO ITF

L'avventura è terminata al secondo turno, ma in doppio è arrivata in fondo. Anche questa è una piccola storia da raccontare: la sua compagna era la 20enne canadese Erin Routliffe, semiprofessionista che alterna tennis e studi universitari. Le due si sono conosciute il giorno prima. “Cosa? Devo giocare con Laura Robson? – ha esclamato quando le hanno detto il nome della compagna – in campo ho provato a fare del mio meglio, cercando di aiutarla il più possibile. Lei è gentilissima”. Si sono trovate talmente bene che ci hanno riprovato a Gatineau. Hanno passato il primo turno, ma il ritiro in singolare ha colpito anche il doppio. “Io mi sono trovata bene – dice la Robson – magari non hai tutti i servizi che ci sono in un torneo WTA, ma le cose funzionano”. Quello che deve ancora registrarsi è il suo tennis. Un anno e mezzo senza racchetta si fanno sentire. Insieme a lei, soltanto il coach Mauricio Hadad. Se il problema fisico patito a Gatineau non sarà così grave, tra un mesetto la vedremo allo Us Open, dove giocherà in virtù della classifica protetta. Ma poi tornerà nei tornei piccoli, dove per trovare una cyclette dovrà rivolgersi al personale dell'hotel. Nei circoli pubblici, si sa, certe comodità non esistono.