Una vicenda che finì sulla prime pagine di tutti i giornali: per motivi mai chiariti, l’orso svedese assunse una potente dose di sonnifero mentre era fidanzato con Loredana Berté e fu salvato da un rapido ricovero in ospedale. Fu uno dei punti più controversi di una storia burrascosa, finita male e piena di veleni e ripicche.

In quel febbraio del 1989, l’Italia di Coppa Davis affrontava un match scontato contro la fortissima Svezia. Ci pensò Adriano Panatta a creare un po’ di scompiglio, schierando gli esordienti Massimilano Narducci e Omar Camporese, preferendoli a Paolo Cané e Diego Nargiso. Fece un po’ di scalpore, i due neofiti fecero bella figura ma si perse ugualmente. Era una FIT commissariata, in attesa di un’Assemblea Elettiva che prometteva di essere una delle più “calde” di sempre. Una serie di irregolarità amministrative compiute da Paolo Galgani negli anni precedenti erano venute a galla, peraltro certificate dal CONI (che però le aveva definite “non gravi”), ma non gli impedirono di ricandidarsi e vincere le elezioni del 18 marzo 1989, superando un’opposizione guidata da Giulio Malgara e Nicola Pietrangeli. Tra ricorsi al TAR, polemiche e polemicucce, il tennis si prese le prime pagine con una notizia-shock, strillata a nove colonne.
“Bjorn Borg ha tentato il suicidio?”.
La faccenda fu ancora più clamorosa perché si sviluppò in Italia, a Milano, nell’abitazione che l’ex orso svedese condivideva con la compagna di allora (che poi sarebbe diventata sua moglie), Loredana Berté. già fidanzata di Adriano Panatta. Era un ex a tutti gli effetti, avendo giocato il suo ultimo torneo cinque anni prima (Stoccarda 1984, ma in realtà aveva interrotto l’attività nel 1981). Di lui si continuava a parlare per faccende extra-tennistiche, soprattutto legate alla cronaca rosa. La sua era stata un’escalation: dalla timida svedesina Helena Anliot, alla tennista Mariana Simionescu (che aveva sposato, ma senza avere figli), alla bellona Jannike Bjorling (conosciuta 17enne a un concorso di bellezza di cui era giurato: non si sposarono, ma da lei ebbe il figlio Robin), lo svedese era piombato in una storia d’amore travolgente con la cantante italiana, con cui si presentava ovunque, come a voler ostentare la loro relazione. Tutto sembrava andare a gonfie vele, quando una telefonata della Bertè al Pronto Soccorso di Milano sconvolse tutto: la mattina di martedì 7 febbraio 1989, Borg era in fin di vita. Un’ambulanza della Croce Bianca si presentò in Via Ariosto 10, a sirene spiegate. Cosa sia davvero successo, beh, non si sa nemmeno oggi, a 27 anni di distanza. La versione più fantasiosa parlò di un tentativo di suicidio dovuto a una crisi di coppia, peraltro a poche settimane da un matrimonio che si sarebbe dovuto svolgere 20 giorni dopo (si sarebbero sposati davvero, il 4 settembre 1989; rito civile celebrato da Paolo Pillitteri, sindaco socialista della Milano da Bere). Ma andiamo con ordine.

Giunti al Pronto Soccorso (qualcuno sussurra che Borg fosse addirittura in grado di camminare con le proprie gambe), gli fecero radiografie a torace e intestino. Gli chiesero cosa aveva ingerito e lui scrisse su un biglietto “60 Roipnol”. Si tratta di un potentissimo sonnifero che, assunto in proporzioni così grandi, significa morte sicura. La versione delle 60 pastiglie ingolosì i giornalisti, che si fiondarono a frotte fuori dal Policlinico. I medici risolsero tutto con una lavanda gastrica, e poi dopo qualche ora Borg firmò il rifiuto del ricovero e tornò a casa con la Bertè. Qui ci sono altre discordanze: qualcuno racconta che abbiano chiamato un taxi e siano usciti a piedi. Altri sostengono che abbiano fatto passare un’ambulanza a sirene spiegate come diversivo e poi fuggire dal retro, nascosti su due barelle. Di sicuro i giornalisti li intercettarono ed ebbe la peggio un giovane fotografo, che urtò il taxi scatenando la violenta reazione dell’autista, da cui incassò un sonoro schiaffone. Il tutto con Bjorn e Loredana che, incredibilmente, aspettarono che finisse tutto e rassicurarono l’autista. “Se dovesse denunciarti, noi testimonieremo a tuo favore”. A fatica, il taxi sarebbe tornato in Via Ariosto 10, nell’appartamento rilevato anni prima dalla moglie di Mike Bongiorno. Bocche cucite, giornalisti fuori a scampanellare senza sosta. Nessuna risposta. Soltanto un paio di versioni ufficiali: Mara Savastano, amica della Bertè e componente della sua band, disse che Borg aveva mangiato un po’ di cibo avariato e che si era sentito male. Alessandro Racci, amico della coppia e futuro testimone di nozze, spiegò che Bjorn aveva ingerito qualche pastiglia di troppo, sbagliando dose. Forse è andata davvero così, ma nessuno ci voleva credere. Soprattutto le troupe televisive e i giornalisti che si erano sistemati fuori dall’abitazione della Bertè.


Ad alimentare le tesi più ardite, oltre alle sparate dei giornali svedesi (“Il povero Borg è finito nelle grinfie di una tigre italiana”), ci fu la spettacolare fuga. Alle 22.30 di quello stesso martedì, i due uscirono di casa a bordo di una volante della polizia e poi proseguirono verso Cap Ferrat, in Costa Azzurra, dove trovarono ad attenderli i genitori di lui. Il giorno dopo, di nuovo tranquilli, si spostarono a Monte Carlo dove Borg aveva alcuni appuntamenti d’affari (che peraltro in quel periodo gli andavano male). L’assenza di un comunicato ufficiale, sia da parte della coppia che dell’ospedale, alimentò le tesi più ardite. Secondo alcuni amici, Bjorn e Loredana avrebbero litigato pesantemente nella serata di lunedì e lui sarebbe uscito di casa, vagando in solitudine per Milano. Una volta tornato a casa, avrebbe ingerito un imprecisato numero di pastiglie di Roipnol. Non è chiaro se per togliersi la vita o per chissà quale ragione. Per qualche giorno non si parlò d’altro, poi la vicenda finì nel dimenticatoio, soprattutto dopo le nozze (che avrebbero resistito per tre anni). Un matrimonio tornato alla ribalta lo scorso inverno, quando è uscita: “Traslocando – è andata così”, la biografia di Loredana Bertè in cui ha sparato a zero su Borg, senza pietà, definendolo un paranoico con la passione per la cocaina e per una folle progetto di rientro agonistico. In nome di quel sogno, la coppia si sarebbe trasferita a Londra dove lui si allenava ed evitava ogni rapporto sessuale perché sconsigliato da un presunto guru, un 79enne di nome Ron Thatcher (ma che si faceva chiamare Tia Honsai), che non sapeva nulla di tennis ma era convinto che Borg potesse vincere di nuovo Wimbledon. La vulcanica Loredana, ovviamente, la prese malissimo e scappò via – a suo dire – dopo otto mesi. Senza dimenticare il periodo in Svezia, dove Borg viveva in una specie di reggia con vista sul Mar Baltico. “Non assumeva domestici perché pensava che fossero giornalisti pronti a sputtanarlo. Inoltre era convinto che la villa fosse piena di cimici e chiamava periodicamente squadre di bonificatori. Ovviamente non c’era niente e, in assenza di domestiche, ero io la schiava che doveva far risplendere il castello”. La love story tra Borg e la Bertè è terminata molto male: lei stessa tentò il suicidio un paio d’anni dopo, ingerendo lo stesso Roipnol che stava per essere fatale a lui (Bjorn la raggiunse in ospedale dopo la batosta contro Jordi Arrese, nel patetico tentativo di ritorno a Monte Carlo 1991), poi terminò l’anno dopo quando la cantante italiana si rese conto “di non poter combattere il vero amore di Bjorn: la cocaina”. I contenziosi post-separazione furono molto accesi, poi nel 2002 la Bertè lo accusò di bigamia perché si sposò con l’attuale moglie Patricia Östfeldt, quando risultava ancora sposato con lei. Chiede un indennizzo di 5 milioni di euro che non le è mai stato corrisposto. Di questo, e di molto altro, la Bertè non ha avuto remore a parlare nella sua autobiografia. Ma costa successe davvero, nella notte tra il 6 e il 7 febbraio 1989, non è mai davvero venuto a galla.