“Finita la Davis, eravamo distrutti. Sono pochi giorni, ma c'è un incredibile dispendio di energie fisiche e mentali”. Parola di Omar Camporese, uno dei nostri uomini-simbolo degli anni 90. Se qualcuno aveva dubbi sulla veridicità di questa frase, dovrà ricredersi dopo il primo turno del torneo di Marrakech, in cui Philipp Kohlschreiber si è fatto superare da un tennista… part-time. Ma i manuali non ricorderanno che il tedesco, soltanto tre giorni prima, lottava per cinque ore nell'arena di Valencia contro David Ferrer. Ricorderanno che, da finalista in carica, è uscito al primo turno contro Lamine Ouahab, uno di quei personaggi che sembrano usciti da un cartone animato. Volto “sporcato” dalla barba incolta, aspetto trascurato, tanti capelli grigi che lo fanno sembrare più anziano dei suoi 33 anni e, soprattutto, una condizione fisica inadeguata per un professionista. Ma il talento, il “braccio”; Lamine lo ha sempre avuto. Ce l'aveva da ragazzino, quando è stato numero 4 del mondo nella classifica Under 18. Nel 2002 arrivò in finale a Wimbledon, battendo nel suo percorso un certo Rafael Nadal. In quegli anni, si erano arresi al suo talento futuri top-10 come Soderling, Berdych e Gasquet. Ma se tra i giovani è sufficiente giocare bene, tra i professionisti è diverso. Ed è ancora più complicato se vieni da un paese arabo, dove è complicato ottenere i visti per viaggiare. Nel corso degli anni, Ouahab ha sempre sottolineato questo aspetto. La sua attività part-time non è voluta, ma è figlia di una burocrazia che quattro anni fa, di questi tempi, gli ha fatto prendere una decisione sofferta: lasciare l'Algeria per rappresentare il Marocco. L''operazione è stata possibile grazie alla moglie marocchina, ma non è stata una scelta sentimentale. E poco importa se tra i due paesi non corre buon sangue.
DIFFICOLTÀ BUROCRATICHE
“Se adesso ottengo il 15-20% del budget che mi serve per coprire le spese di una stagione, prima ero a zero. Quindi è stato un miglioramento – diceva tre anni fa a Sport360, principale portale sportivo arabo – sono algerino, così come la mia famiglia, ma a un certo punto vanno prese delle decisioni. La gente non conosce i sacrifici che ci sono dietro tutto questo. Per esempio, da ragazzino potevo scegliere di giocare per la Francia. Ho rifiutato perché volevo continuare a essere algerino, ma nessuno se n'è accorto: federazione, sponsor, autorità… “. Il legame con il suo nuovo paese non sarà così sentito, ma gli ha dato ottimi risultati: Ouahab è il più titolato di sempre nei Futures, gradino più basso del professionismo, con 29 titoli. Di questi, 21 sono arrivati a Casablanca e dintorni. Come se non bastasse, nella capitale ha vinto uno dei suoi tre Challenger (nel 2015) e nel locale torneo ATP ha colto la migliore vittoria in carriera, sempre nel 2015 contro Guillermo Garcia Lopez, allora n.24 ATP. Oggi Kohlschreiber è n.34, ma forse questo successo vale ancora di più. Vuoi perché Lamine è franato al n.617 ATP, vuoi perché quel fisico lì sembra davvero al limite. Eppure, dopo un primo set di routine, si è imposto 2-6 6-0 7-6, tirando alcuni colpi d'alta scuola che hanno convinto l'ATP a realizzare un video-collage dei punti più spettacolari. Difficile considerarlo un esempio: se è vero che il problema dei visti è reale, il fisico si può allenare ovunque. Ci sono altre ragioni se Ouahab non è mai entrato tra i top-100 ATP, e se le sue ultime foto nelle agenzie fotografiche risalgono al 2009, quando si qualificò per l'Australian Open. Ma lui insiste: “A volte è difficile viaggiare, mi è persino capitato di non poter andare a Wimbledon – raccontava – altre ho ottenuto il visto il giorno prima di partire, o addirittura il giorno stesso. Lo faccio da molti anni, ormai sono abituato. Non c'è niente da fare: per noi arabi, certe questioni possono diventare un problema. Se le cose restano così, difficilmente il mondo arabo troverà un buon giocatore. Io ho battuto gente forte, ma i problemi economici mi hanno tolto la continuità. A causa dei problemi sul campo è difficile effettuare una buona programmazione”
MARRAKECH, CHE OCCASIONE!
Se fate un giro sulla sua scheda sul sito ATP vedrete che risulta residente a Barcellona. Ci ha passato cinque anni, si è allenato in più di un'accademia e parla un ottimo spagnolo, ma da qualche tempo ha scelto il Marocco per ragioni economiche. Evidentemente, ha bisogno di qualcuno che lo metta in riga. Viene da domandarsi fin dove sarebbe arrivato se avesse avuto le possibilità di un qualsiasi giocatore europeo. “Per 5 anni sono rimasto senza coach, preparatore atletico e manager. Faccio tutto da solo, eppure posso competere contro giocatori forti”. Ancora adesso non ha uno sponsor né particolari aiuti, se non quel poco che arriva dalla federtennis marocchina. Non a caso, risponde sempre presente alle convocazioni in Coppa Davis. La scorsa settimana, in Romania non è andata troppo bene. Ma a febbraio ha battuto Nikoloz Basilashvili, numero 57 ATP. Guarda caso, il suo prossimo avversario a Marrakech. Al di là della classifica, un match giocabile. “Marrakech è una grande opportunità – ha detto nel suo giorno di gloria, sempre a Sport360 – non riesco ad essere costante, ma ho il livello necessario per battere dei top-100 ATP, soprattutto nel singolo match”. In fondo, in carriera ne ha battuti una quindicina. “Attualmente non ho obiettivi di classifica. Semplicemente, cercherò di giocare più tornei possibile, diciamo 25-30. Più partite vinco a Marrakech, meno piccoli tornei avrò bisogno di giocare. Mentalmente non è facile giocare i tornei più piccoli dopo un match come questo”. La vittoria su Kohlschreiber gli garantisce un salto di 100 posizioni, ma per uscire dall'incubo dei Futures (in cui è impelagato da un paio d'anni) dovrà raccogliere ancora un paio di vittorie, e non sarà facile. Però, davanti a qualche centinaio di connazionali acquisiti, ha vissuto un pomeriggio di gloria. Non era mica scontato.