dalla nostra inviata a Parigi, Roberta Lamagni
E’ il giorno della verità, qui al Roland Garros, un venerdì perfetto.
In campo i quattro più forti atleti mondiali che si giocano la storia: Rafael Nadal, in cerca della 44esima vittoria nella sua serra, al Bois de Boulogne; Andy Murray, primo giocatore britannico a contendersi l’accesso alla finale parigina dopo Fred Perry; Roger Federer, il migliore di sempre, detentore di 16 titoli dello Slam ora scalzato in terza posizione nel ranking dalla “nouvelle vague”; e infine Novak Djokovic, l’uomo imbattibile, alla sua 43esima vittoria consecutiva, certo e futuro numero uno: solo la settimana è da definire.
Gli occhi puntati sullo Chatrier, dunque, e alle semifinali maschili, posticipate di un’ora rispetto alle consuete 13 per volontà di sponsor, dato che i palchi “dorati” affittati dalle aziende durante tutto il torneo venivano lasciati desolatamente vuoti all’ora del caffè.
A cornice dell’evento, le tradizionali conferenze stampa delle finaliste. Francesca Schiavone e Na Li, personalità distanti come pianeti accomunate da un dato anagrafico simile: 31 anni non ancora compiuti l’una, 29 l’altra. Ma non parlate loro di vecchiaia!
“Non mi sento vecchia – commenta Francesca – corro ancora come una bestiolina a destra e sinistra. Alla mia età più degli anni conta più come ti senti il giorno stesso. E ci sono anche dei vantaggi: a 22 anni godi di freschezza e incoscienza, a 30 puoi contare sul fisico, che non mi manca, e sull’aspetto mentale, che ho avuto modo di migliorare. Diciamo che sono come il vino, con il tempo divento più buono”.
“Io non sono vecchia!” è la risposta stizzita di Li Na. “Quando guardo le avversarie più giovani resto impressionata da come colpiscono bene la palla ma non dai loro anni, questo non cambia niente!”.
La semifinale tra Maria Sharapova e Na Li, ieri, ha appassionato oltre 400 milioni di cinesi. “In Italia quanti siamo? Una settantina? Meno, sì, ma non importa, perché noi siamo italiani e abbiamo un grande cuore”.
Da un lato la pressione per la cinese, consapevole di essere la donna delle conquiste nel suo Paese. “Ho sentito oggi la notizia dei miei 400 milioni di tifosi, dovrò giocare ancora meglio domani, visto che mi guarderanno in tanti”. Prima finale Slam raggiunta in Australia quest’anno, altra storica finale qui a Parigi, ora. Un’emancipazione e consapevolezza di sé che ha radici lontane, da quando “nel 2008 decisi di staccarmi dal governo cinese, che fino ad allora mi aveva sponsorizzato tutto, per avere un mio team, un mio coach. Comunque continuo a chiedere ancora tante cose alla Federazione, soprattutto aiuti per i Visti”.
Dall’altro la pacatezza e la serenità di un generale la sera prima della battaglia, che prepara tattica e strategia fumando sigari e bevendo whisky: fuor di metafora qualche passeggiatina tra i boulevard, riposo, un po’ di fisioterapia e cena tra amici. “Oggi non penso a Na Li, l’importante è preservare energia per essere ‘focused’ domani. La terra è fisico, testa, tattica, non puoi giocare solo di potenza, devi saper difendere, attaccare e contrattaccare. Ho tanta voglia di tornare a provare sensazioni incredibili, anche se lo scorso anno, finito il torneo, ero da ricovero. Come i grandi tenori dopo una recita? Proverò a chiedere a Bocelli cosa fare…”. Chissà se domani sono previste standing ovation.
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