A 25 anni, e dopo aver pensato al ritiro, Miloslav Mecir jr ha vinto il primo match in carriera nel circuito ATP. Per un giorno, non sentirà l’eredità del padre “gattone”. Sfida Tommy Haas.
Miloslav Mecir vince l'oro olimpico. All'epoca, Miloslav jr aveva nove mesi

Di Riccardo Bisti – 17 ottobre 2013

 
Chissà se Miloslav Mecir jr si è mai confrontato con Sergei Bubka jr.
Nati a un anno di distanza, si sono trovati nella stessa situazione: giocare a tennis con la zavorra del mito paterno. E' dura, la vita dei figli d'arte. O sei un fenomeno come Paolo Maldini, altrimenti vivrai sempre nell’ombra del padre. E poi, onestamente…dovevano chiamarli proprio Sergei e Miloslav? Il primo è ancora ai box dopo il terribile incidente di un anno fa, quando cadde dal terzo piano di un appartamento a Parigi in circostanze non del tutto chiarite. Ha ripreso a fare un pizzico di attività e nel 2014 dovrebbe riprovarci. Da parte sua, “gattino” Mecir sta vivendo il suo piccolo momento di gloria. Quando il padre vinse l’oro olimpico a Seul, lui aveva nove mesi. Non può ricordare. Ma lo ricordano tutti i connazionali, anche i cechi. All’epoca la Cecoslovacchia era una paese unito. In quella mattina del 30 settembre 1988, il paese si fermò. La gente doveva andare a lavorare, ma tergiversò perchè c’era la finale tra Mecir e lo stiloso Tim Mayotte. Alle 6.50 di Praga e Bratislava, un urlo tagliò in due il paese. L’ultima volèe di Mayotte era finita in rete e la Cecoslovacchia poteva festeggiare. Se ne ricordano ancora oggi, tanto che un paio di settimane fa diversi giornali hanno celebrato i 25 anni dell’impresa. Ha 25 anni anche Miloslav jr, che a Vienna si è tolto la soddisfazione di vincere la prima partita nel circuito ATP. Ad oggi, aveva raccolto un pugno di successi nei challenger e sei titoli nei futures. La vittoria contro Pablo Andujar gli spalanca le porte di un match affascinante contro Tommy Haas (ore 15, diretta ORF Sport Plus per chi ha la fortuna di riceverlo). “Non vedo l’ora di affrontarlo – racconta Mecir – spero di fare bella figura. In passato ho già giocato su un campo centrale, ma mai davanti a così tanta gente”.
 
Il 2013 sembra l’anno dei figli d’arte. Tre mesi fa, a Bogotà, Emilio Gomez (figlio di Andres, ex vincitore del Roland Garros) ha vinto il suo primo match ATP. “Francamente non pensavo di farcela – ha proseguito Mecir – un paio d’anni fa ero sul punto di smettere”. Dopo quattro anni di professionismo, soprattutto a livello future, si era procurato un’infiammazione ai legamenti del gomito (la temibile epicondilite) che lo ha tenuto fermo per quattro mesi. “Ma ho tenuto duro, mi sono allenato ma poi ho deciso di iscrivermi all’università. Adesso sono al secondo anno, ma continuo a giocare perchè i guadagni del tennis potrebbero essermi utili per gli studi”. Non c’è l’obbligo della frequenza: gli basta andare ogni due settimane per sostenere gli esami. “Posso studiare per conto mio, ma quando sono a casa provo a frequentare le lezioni. Quando ero infortunato, ho pensato che fosse una buona idea utilizzare anche il cervello”. Ma il tennis è nel suo destino sin da piccolo. Papà si è ritirato nel 1990, a 26 anni, per un persistente infortunio alla schiena. Per questo, non può ricordarne lo stile ed è cresciuto nel mito di Marat Safin e Pete Sampras. “In realtà ho sempre voluto fare meglio di lui”. Ma un talento così non nasce tutti i giorni. Non ce l’aveva nemmeno Karol Kucera, per anni allenato proprio da Miloslav sr. Il piccolo Mecir li seguiva in giro per il mondo e provava ad assimilare. “In realtà, mi hanno detto più volte che il mio stile gli assomiglia un po’. Posso adattarmi al gioco dell’avversario. Posso giocare d’anticipo, soprattutto sul cemento, e posso anche tirare un vincente senza aspettare l’errore altrui”. Attualmente è numero 240 ATP, a un passo dal best ranking (n. 238). Con il risultato di Vienna, lo supererà.
 
Adesso c’è la partita contro Haas, in cui spera di non farsi “travolgere dall’emozione” (anche se lui ha usato un termine ben più colorito). Sin da piccolo, Miloslav ha avuto un mucchio di opportunità. Il padre lo ha aiutato molto, ma poi si sono staccati per evitare che il figlio avesse troppa pressione. D’altra parte, il mitico gattone non è mai stato l’emblema del fanatismo. Lo si vede ancora in giro con magliette senza marca, totalmente disinteressato all’immagine e alle mode. Meglio un pomeriggio a pescare nei dintorni di Bratislava che una serata mondana. “Ho visto Haas per la prima volta quando aveva nove anni – racconta Miloslav jr – eravamo a Perth per la Hopman Cup, quando mio padre seguiva Kucera. Da allora l’ho visto spesso in televisione. Forse non mi conosce molto bene, spero di poterlo metterlo in difficoltà all’inizio”. Mecir proviene dalle qualificazioni, e durante i match preliminari ha fatto avanti e indietro tra Vienna e Bratislava, distanti appena 50 chilometri. “Si, l’ho fatto perchè ho approfittato del fatto che non ci fosse troppo traffico. Ero io a guidare. Poi però ho preferito sistemarmi in hotel perchè non potevo passare più di un’ora al confine”. Difficilmente lo vedremo vincere le Olimpiadi o raggiungere due finali Slam, ma il piccolo Mecir riuscirà a tirare fuori il meglio dal suo talento. Lo deve al padre, che non gli è mai stato dietro con ossessione. Però, caro gattone, non potevi dargli un altro nome?