AMARCORD. L’incredibile episodio di Argentina-Cecoslovacchia 1980, quando il pubblico di Buenos Aires lanciò confezioni di shampoo in campo per protestare contro una decisione arbitrale.
Il Centrale di Buenos Aires durante Lendl-Vilas del 1980
Di Riccardo Bisti – 14 settembre 2012
32 anni fa, Boemia e Slovacchia erano ancora unite sotto la bandiera della Cecoslovacchia. Nelle politica, ma anche nello sport. L’Unione Sovietica era solida, forte della marea di medaglie ottenute all’Olimpiade di Mosca, boicottata dai paesi del blocco occidentale. Dal canto suo, l’Argentina era sotto la dittatura militare di Jorge Videla, l’“Hitler della Pampa”. Ma se in Europa, soprattutto nell’area comunista, lo sport aveva (anche) una valenza politica, in Argentina era una delle poche ragioni per distrarsi e magari sorridere. Un paio d’anni prima, la nazionale di calcio aveva vinto i Mondiali mentre gli oppositori erano rinchiusi nei lager prima di diventare “Desaparecidos”. Molti di loro, dopo aver gioito per i gol di Kempes, venivano drogati, caricati negli aerei e gettati in mare. In un clima ancora dittatoriale, che si sarebbe trasformato in incerta democrazia solo qualche anno dopo, Argentina e Cecoslovacchia si giocarono l’accesso alla finale di Coppa Davis. La vincente avrebbe affrontato l’Italia, che nell'altra semifinale battè l'Australia a Roma (si, erano proprio altri tempi…). In quel 19 settembre, Josè Luis Clerc aveva battuto in cinque set Pavel Slozil. A seguire, Guillermo Vilas sfidava un giovanissimo Ivan Lendl, 20 anni ma già numero 8 del mondo. Meno di 3 anni dopo, sarebbe diventato numero 1. E nel 1984, vincendo il Roland Garros, lo avrebbero soprannominato “Ivan il Terribile”.
Lendl conduceva 7-5 8-6 2-0 quando avvenne il fattaccio. Il ceco tirò un ace che venne chiamato fuori. Aveva 20 anni, ma aveva già un carattere duro e spigoloso. Risultato? Iniziò un’eterna diatriba con il giudice di sedia. La situazione non si sbloccò fino all’intervento del giudice arbitro, lo statunitense Frank Hammond, il quale giudicò buono il servizio e assegnò il punto alla Cecoslovacchia. Si era dimenticato di trovarsi nell’inferno di Buenos Aires. Scoppiò un pandemonio. Ogni volta che Lendl si apprestava a servire, il pubblico gli urlava dietro. Gli argentini fecero peggio dei romani, che in quegli anni tiravano monetine in campo (durante la finale Panatta-Borg, vinta dallo svedese che promise di non mettere mai più piede al Foro Italico) fino ad arrivare al panino che salvò Alberto Mancini (toh, un argentino) nel 1991, quando era in svantaggio contro Mark Koevermars. Il pubblico di Buenos Aires prese a lanciare confezioni e bustine di shampoo che erano state consegnate all’ingresso per promuovere il prodotto. Il pandemonio era tale che Hammond intervenne di nuovo e minacciò di far proseguire il match su un altro campo, magari senza pubblico. L’allora presidente della AAT (la federtennis argentina), Horacio Billoch Caride (cui oggi è dedicato un campo al Lawn Tennis Club di Buenos Aires), disse: “Mi rammarico per la reazione del pubblico, peraltro totalmente immeriatata per Lendl”. Antonin Bolardt, capitano cecoslovacco, si espresse a fine partita. “La gente deve capire che il giudice arbitro ha preso la decisione che gli sembrava corretta. Vilas non aveva chance di prendere quella palla”. Pochi minuti dopo, sul 3-1, il match venne sospeso per oscurità. Il giorno dopo, Lendl vinse anche il terzo con il punteggio di 9-7.
Vilas era in lotta con la Federazione, si lamentava per la distribuzione dei biglietti (venduti solo nei circoli e non alla gente comune). La serie prese la strada di Praga. I cechi vinsero il doppio con Smid e Lendl, poi sempre Ivan battè Clerc e spedì la Cecoslovacchia in finale, dove i furti dei giudici di linea e un clima intimidatorio consentirono di battere l’Italia. Dopo la sconfitta, Vilas annunciò il ritiro dalla Coppa Davis: “Lascio strada ai più giovani. Sarà tutto diverso, ma per me la Davis è un ciclo terminato. Non potrei mai tornare a giocarla. Mi spiace moltissimo, ma è la fine di un sogno e una delle più grandi delusioni della vita”. Ci volle poco per cambiare idea, tanto che l’anno dopo scese regolarmente in campo e giunse in finale, dove l’albiceleste perse contro gli Stati Uniti. I “vecchi” del tennis argentino ricordano quel bagno di shampoo ancora oggi, a 32 anni di distanza. Si sono già presi una rivincita nel 2005, quando vinsero sulla Repubblica Ceca sullo stesso campo. Ma era un banale primo turno. Stavolta è una semifinale, proprio come allora. Si giocherà davanti ai 14.000 dell’Estadio “Mary Teràn de Weiss”, ma all’ingresso verranno consegnati soltanto i bastoni di gomma griffati BNP Paribas, sponsor della Coppa Davis. Il clima sarà caldo, ma nessuno pensa che un “No!” di un giudice di sedia possa scatenare il finimondo. Ma si sa, la Davis è anche questa.
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