CURIOSITA’ – Durante lo Us Open, il Wall Street Journal ha calcolato il gioco effettvo di un paio di match. Ci si attesta sul 17,5%: si può fare qualcosa per aumentare questa percentuale?
Un incontro di tennis è (stra)pieno di pause
Di Riccardo Bisti – 9 settembre 2013
I cronisti del Wall Street Journal non guardano la TV austriaca. E’ normale. Se avessero seguito una sola edizione dei tornei di Vienna o Kitzbuhel sul canale sportivo della ORF, probabilmente, non avrebbero fatto l’esperimento di cui hanno pubblicato i risultati durante lo Us Open: calcolare il gioco effettivo di una partita di tennis. In effetti, il nostro sport è pieno di tempi morti: non solo i cambi di campo o le pause tra un punto e l’altro, ma ci sono anche mille situazioni che alimentano il “brutto”. Già, “brutto”. Ogni volta che scatta un’ora di gioco in un torneo austriaco, scatta una sovrimpressione della ORF, con il “brutto” (la durata totale della partita) e il “netto” il gioco effettivo. Ovviamente siamo su percentuali piuttosto basse, molto inferiori al calcio. Tuttavia, il Wall Street Journal è entrato più nello specifico, andando oltre la consapevolezza che un collage dei punti di una partita di tre ore si può racchiudere in 15-20 minuti. Gli appassionati vivono per gli scambi lunghi. Game come il terzo del quinto set tra Djokovic e Wawrinka sono l’essenza del tennis e producono lunghe standing ovation. Tuttavia, nei due match presi in esame durante lo Us Open, è emerso che il gioco effettivo di una partita si attesta sul 17,5% del totale. I giornalisti del WSJ si sono improvvisati cronometristi e hanno fatto scattare l’orologio ogni volta che un giocatore effettuava il lancio di palla, stoppandolo solo quando il punto era terminato (secondo rimbalzo, palla fuori, ecc…).
Il primo match analizzato è stato il secondo turno del singolare maschile tra Andy Murray e Leonardo Mayer, vinto dallo scozzese col punteggio di 7-5 6-1 3-6 6-1 in due ore e quarantuno minuti, grossomodo la durata media dei match di singolare maschile allo Us Open 2012 (2 ore e 44 minuti). Murray e Mayer hanno giocato per 26 minuti e 29 secondi, il 16,4% del totale. Come detto, il tennis è pieno di pause. Al termine di ogni set c’è una pausa di 2 minuti, mentre ad ogni cambo di campo (ad eccezione del primo game di ogni set), ci si siede per 90 secondi. E poi si perde un mucchio di tempo tra un punto e l’altro, tra l’utilizzo dell’asciugamano, riprendere fiato, scegliere le palline e concentrarsi prima del servizio. In realtà esiste una norma che prevede un massimo di 20 secondi tra un punto e l’altro (25 nei tornei ATP), ma spesso viene interpretata con elasticità anche se a inizio anno c’è stata un po’ di polemica sul fatto che gli arbitri dovessero essere più rigidi. Il secondo match preso in esame è stato il primo turno del doppio tra le nostre Vinci-Errani e Hingis-Hantuchova. L’incontro è durato un’ora e ventisei minuti, e c’è stato un risultato a sorpresa: si penserebbe che i punti più brevi nel doppio riducessero il gioco effettivo, invece le quattro hanno giocato per 16 minuti e 50 secondi, il 19,6% del tempo totale. Meno servizi vincenti e meno botte da fondocampo hanno allungato la durata degli scambi.
Probabilmente un incontro di John Isner o Ivo Karlovic avrebbe ulteriormente abbassato la percentuale di gioco effettivo. Ma come si comporta il tennis rispetto agli altri sport? In realtà non così male, almeno in relazione agli altri sport americani: studi analoghi, infatti, hanno rivelato che una partita di baseball di 3 ore ha soltanto 18 minuti di gioco effettivo (il 10%). Ancora peggio con il football NFL, dove sono stati rilevati soltanto 11 minuti di gioco su 185 di partita. Per l’appassionato americano, dunque, il tennis è sufficientemente corposo. Ovviamente non esiste il paragone col calcio (dove il gioco effettivo che oscilla tra il 50 e il 65%), o con gli sport dove il cronometro è scandito dal gioco effettivo, su tutti il basket. Detto che ogni sport ha le sue peculiarità, in effetti sarebbe interessante trovare un modo per accorciare la duarata delle partite, magari senza arrivare agli estremi di mezzo secolo fa, quando i match di cinque set duravano appena un’ora e mezza. L’introduzione di uno “shot-clock” a fondocampo potrebbe essere un’idea, ma in effetti non tutti i punti sono uguali. E allora, probabilmente, la durata di un match dipenderà sempre dai giocatori. Ci saranno quelli come Federer o Kafelnikov, molto rapidi tra un punto e l’altro, e i “polentoni” come Nadal o Mary Pierce. Probabilmente dovremo rassegnarci.
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