La Cina è una potenza tra le donne, mentre tra gli uomini è ancora molto indietro. Come è possibile? Secondo il direttore del torneo di Shanghai, ci vorranno 10 anni per avere un top-20. 
Ze Zhang sogna di essere l'apripista di una nuova "Grandeur" del tennis cinese

Di Riccardo Bisti – 10 ottobre 2013

 
Il tetto retrattile dell’immenso Qi Zhong Stadium (15.000 posti a sedere) ha salvato le prime giornate del Masters 1000 di Shanghai, condizionate dal tifone Fitow. Tra i vari match giocati sotto il tetto, c'è stato il doppio di Roger Federer e Ze Zhang. Lo svizzero ha accettato con entusiasmo la proposta di giocare con il cinese, nonostante quest’anno avesse giocato un solo match di doppio (ad Halle con Tommy Haas). Sin da quando il circuito ha spostato il suo baricentro verso l’Asia, Federer è stato un sincero ambasciatore del tennis in questa zona del mondo. Zhang, soprannominato “Big George”, ha comunicato con Federer in inglese, e ha detto: “Ho imparato molto da lui: non solo il gioco, ma anche la professionalità. A inizio partita, ho sbagliato un paio di palle e lui continuava a ripetere: ‘Non importa, non importa’. Mi ha sempre incoraggiato. Questo mi ha permesso di gestire il match con più facilità”. Il tennis in Cina è un cantiere aperto. Na Li ha rotto gli argini nel tennis femminile, dove ci sono un mucchio di buone giocatrici. Tra gli uomini, il processo è più lungo. Eppur qualcosa si muove, al di là del doppio-spot Federer-Zhang. Cinque anni fa non c’era un solo cinese tra i top-500. Oggi ci sono due giocatori da challenger: oltre a Zhang (n. 271 ATP, è stato al massimo 148) c’è Di Wu (n. 244). A parte loro due, il tennis fatica a prendere piede. Strano: un bacino di un miliardo di abitanti dovrebbe essere sufficiente per tirare fuori un paio di fenomeni, come ad esempio è accaduto nel basket con l’arrivo di Yao Ming.
 
La Cina è il fulcro della stagione asiatica: è qui che si giocano i tornei più importanti dopo lo Us Open. Ed anche l’attività di base è interessante. Basti pensare che il paese ospita otto tornei challenger. In campo femminile va ancora meglio: nel 2014 ci saranno cinque tornei WTA più tre "WTA 125" (ibrido tra gli ITF e il circuito maggiore). Ma c’è un gran bisogno di un cinese uomo: per trovarlo, hanno introdotto il tennis nelle scuole. Inoltre, nei progetti di costruzione di nuove abitazioni, sono sempre previsti i campi da tennis. Michael Luevano è il direttore del Masters 1000 di Shanghai. Lavora nel paese da 16 anni ed è convinto che prima o poi la Cina produrrà un buon numero di giocatori di alto livello. Stima che ci vorranno una decina d’anni per costruire un top-20. “I cinesi sono estremamente determinati. Anche i tennisti di oggi sono in grado di giocare un buon tennis. Tuttavia, hanno bisogno di fiducia e di un catalizzatore per effettuare il salto. Non ci sono più segreti da svelare, è solo una questione di tempo”. Tuttavia, ci sono ancora diversi problemi da risolvere. Problemi che nascono dall’alto. L’atleta cinese ha bisogno del visto per recarsi in quasi tutti i paesi del mondo, e questo rende complicato svolgere attività internazionale. Inoltre c’è il problema dei costi, spesso proibitivi. Giocano spesso le competizioni interne, buone per migliorare ma inutili ai fini della classifica ATP. C’è poi il problema della tradizione. Fino al 1988, anno delle Olimpiadi di Seul, il tennis è stato totalmente ignorato. Significa che le nuove generazioni non hanno avuto la giusta formazione sin dalla giovane età. Lo sviluppo si può far risalire alla metà degli anni 90, quando Pechino ha ospitato il suo primo torneo ATP. Allora l’idolo si chiama Michael Chang, e si giocava su due campi attaccati.
 
Le cose sono cambiate nel 2002, con la prima edizione “cinese” del Masters ATP, che poi è diventato una cosa seria nel quadriennio 2005-2008, con la costruzione dell’attuale impianto di Shanghai. Gli uomini devono fare i conti con la concorrenza femminile, dove il progresso è stato molto più semplice. Nel 2004, Tiantian Sun e Ting Li si sono aggiudicate la prima medaglia olimpica nella storia tennistica della Cina. Un paio d’anni dopo, Jie Zheng e Yan Zi hanno ottenuto il primo Slam in doppio (Australian Open). Exploit che hanno spianato la strada a Na Li, che pure ha avuto i suoi problemi con il governo. Molti atleti, infatti, devono girare allo stato buona parte dei loro guadagni, altro elemento che disincentiva l’attività internazionale. Na Li è riuscita a staccarsi, cosi come Shuai Zhang in tempi più recenti. Le potenzialità sono immense: nonostante la censura del web, 21 milioni di persone seguono la Li nel social network “Weibo”, e ben 116 milioni cinesi hanno visto la sua finale del Roland Garros. Una popolarità che le ha consentito di diventare la terza sportiva più pagata del globo secondo le stime di Forbes. Davanti a lei, che guadagna oltre 18 milioni di dollari all’anno, ci sono soltanto Maria Sharapova e Serena Williams. Il suo agente è Max Eisenbud, lo stesso della Sharapova. Quest'ultimo ha intuito la potenza del mercato cinese e le ha trovato sponsor di primo livello. Basti pensare che la Li è l’unica atleta griffata Nike a poter mettere il badge di un’altra azienda sulla divisa da gioco. E che azienda: la Mercedes. La WTA, ancor più attenta dell’ATP al mercato cinese, ha aperto un ufficio a Pechino. Gli uomini sono ancora indietro, ma Ze Zhang è ottimista. “Negli ultimi due anni, le cose sono migliorate – ha detto – penso che ci siano state un sacco di innovazioni”. Dando credito a Luevano, entro un paio di lustri ce ne saranno altre, ancora più importanti.