L’INTERVISTA – Gianluigi Quinzi e Matteo Donati sono stati aggregati al team di Coppa Davis. I rapporti con il team, gli scherzi e il futuro. “Mamma mia, i campioni fanno sempre la scelta giusta!”.
Quinzi "catechizzato" da Massimo Sartori. Il coach di Seppi è stato importante anche per Donati. (Foto Costantini – FIT / E' di Costantini anche la foto in home page)
Dall’inviato a Napoli, Riccardo Bisti – 6 aprile 2014
A Napoli non c'erano soltanto Fognini, Seppi, Bolelli e Lorenzi. Lo staff tecnico ha aggregato i giovani Gianluigi Quinzi e Matteo Donati. In un futuro non troppo lontano, i protagonisti potrebbero essere loro. Li abbiamo visti a bordocampo, sostenere a gran voce il team, ma hanno fatto molto altro. Validi sparring partner, ventata d’aria fresca nel team e oggetto di curiosità per chi non li conosceva. Gianluigi è già una star, ma colpisce per il suo atteggiamento gioviale e la voglia di ridere. Matteo è più tranquillo, perfetto figlio del suo Piemonte. Siamo convinti che non gli dispiaccia stare un po’ in secondo piano.
Ragazzi, come avete vissuto questa settimana?
DONATI: E' stata un’esperienza unica: c'erano alcuni dei più forti al mondo. In particolare, la vigilia a stretto contatto con i big ci ha insegnato molto. Buona parte del merito è dei ragazzi, molto disponibili ad aiutarci, spiegarci tante e cose e raccontarci le loro esperienze. Speriamo che tutto questo possa essere utile per raggiungere i loro stessi traguardi.
QUINZI: Fare il quinto uomo è stata una grande emozione. Giusto pochi mesi fa avevo dichiarato che la Davis era uno dei miei sogni. Speriamo, tra qualche anno, di essere qui da protagonisti. In questi giorni ci siamo allenati tanto e bene, ed è un grosso aiuto sia sul piano mentale che su quello fisico, in vista dei prossimi tornei. Anche osservare le partite è molto utile.
Tra i giocatori frequentati in questi giorni, chi vi ha colpito di più? E perché?
DONATI: Murray è un grande campione. E’ stato numero 2: anche se adesso è più indietro, secondo me vale tranquillamente i primi tre. Adoro la sua capacità di vincere anche quando non è al 100%. Mi è piaciuto anche Fognini: veniva da un periodo di stop, e nonostante i problemi fisici ha dato una grande dimostrazione di maturità contro Ward, vincendo un punto tutt’altro che semplice.
QUINZI: Murray. Anche se non è al 100% mi ha colpito molto perché è solido e deciso nei punti importanti. Legge molto bene le situazioni tattiche, capisce in anticipo dove andrà la palla, e riesce a tenere la concentrazione nonostante il tifo contrario.
Quanto vi è sembrato distante il vostro livello di gioco da quello dei titolari?
DONATI: Vi dirò: in allenamento non è tanto un problema di ritmo o di velocità di palla. Sicuramente c’è una differenza sul piano fisico, ma la distanza più grande è nel loro modo di gestire i punti, di come muovono la palla. Nei punti importanti fanno sempre la cosa giusta, mettono la palla dove vogliono. Noi, al contrario, facciamo qualche errore di troppo e prendiamo rischi eccessivi.
QUINZI: Sono d’accordo con Matteo. Non è un discorso tecnico, ma soprattutto mentale. Secondo me, in questo sport, la testa conta per un buon 70-80%. Ovviamente sono già formati fisicamente, mentre noi stiamo ancora crescendo. Inoltre noi regaliamo di più, mentre loro sono sempre decisi, sanno gestire le emozioni quando sono tesi. In particolare, Fognini e Murray sono impressionanti da questo punto di vista.
Qual è stato il consiglio migliore ricevuto in questa settimana? E da chi è arrivato?
DONATI: Sin dal primo giorno, Corrado Barazzutti mi ha inquadrato. Mi ha detto di stare più vicino al campo e di non far scendere la palla. In effetti è una cosa su cui devo migliorare. In questi giorni credo di averlo fatto abbastanza bene, tanto che mi è sembrato soddisfatto. Da parte sua, Massimo Sartori mi ha dato un consiglio tecnico sull’esecuzione del dritto. E’ qualcosa su cui dovrò lavorare molto.
QUINZI: Ovviamente Barazzutti è stato prodigo di consigli, ma direi nulla di specifico. Abbiamo discusso del comportamento dentro al campo, mi hanno mostrato i miei difetti…sono stati molto precisi nel segnalarmi gli aspetti su cui devo migliorare. Anche Massimo Sartori è stato importante, ma più in generale tutto il team è stato molto utile.
C’è qualcuno del team con cui vi siete trovati particolarmente bene? C’è stato un po’ di cameratismo nel gruppo, visto che siete i nuovi arrivati?
DONATI: Quello con cui ho scambiato più idee è Paolo Lorenzi. Lo conoscevo da tempo, abbiamo un rapporto più stretto anche perché giochiamo nella stessa squadra in Serie A (Società Tennis Bassano, ndr). Mi ha aiutato molto. Ma mi sono trovato ottimamente sia con Fabio che con Andreas. Abbiamo creato un buon gruppo, eravamo sempre uniti. Tra noi si scherza e si ride, ma quando è il momento della partita siamo pronti: i titolari a giocare, noi a fare il tifo. Cameratismo? No, dai, ci hanno accolto bene. Per fortuna!
QUINZI: Conosco bene Simone Bolelli. Avevamo fatto insieme buona parte della preparazione invernale a Tirrenia, ed ha continuato ad aiutarmi. Per me è un grandissimo giocatore. Lo ritengo una persona squisita e umile, lo apprezzo molto anche per quello. Non conosco benissimo Seppi e Fognini, ma abbiamo trascorso ottimi momenti, li ritengo degli amici. Inoltre sono il più piccolo, quindi capita che me ne dicano di tutti i colori. Nello spogliatoio, in effetti, c'è stata qualche presa in giro nei miei confronti. Tra i più attivi, ovviamente, c’è stato Fabio Fognini!
Ci sono importanti novità a livello di coaching per Gianluigi. Come hai vissuto la separazione con Eduardo Medica? Matteo, invece, continui a lavorare con Massimo Puci?
DONATI: Si, nessun cambiamento. Ormai sono tre anni che faccio base a Bra. Mi sono subito trovato bene, sia dentro che fuori dal campo. Mi sembra la situazione ideale e andiamo avanti, decisi, su questa strada.
QUINZI: Che ti devo dire…secondo me Eduardo aveva in serbo questa decisione da un po’, ma non me lo voleva dire subito. Durante la trasferta in Cina mi era sembrato un po’ strano, non era lui. Non saprei: di certo voleva passare più tempo con la sua famiglia. O forse tutte le pressioni provenienti dall’esterno lo hanno infastidito. Di preciso non lo so. Io ho accettato la sua decisione, in fondo che gli posso dire? Adesso farò un’altra vita, in questi quattro anni mi ha aiutato moltissimo, soprattutto sul piano mentale. Non fa lo psicologo di mestiere, ma mi ha dato davvero una grossa mano. Per me è stato come un padre, lo ringrazierò sempre. Se avevo un dubbio, era sempre pronto a risolverlo. Ovviamente ci sono rimasto male, ci ho rimuginato per un giorno ma poi sono ripartito. Devo pensare ad altro, senza focalizzarmi sul passato. Adesso andrò in Sud America accompagnato da Tomas Tenconi, uno dei coach della FIT. Vediamo come andrà.
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