IL PERSONAGGIO – Jamie Murray ha vissuto per anni nell'ombra di Andy. Da ragazzino era il più promettente dei due, ma quegli otto mesi a Cambridge ne hanno bloccato la crescita. Adesso è top-10 in doppio e può vincere la Davis da protagonista.  

Per anni è stato l'unico Murray a vincere un torneo del Grande Slam. Poi, se Dio vuole, Andy si è sbloccato. Ma Jamie Murray non è semplicemente il vincitore del doppio misto a Wimbledon 2007, conquistato insieme a Jelena Jankovic (si parlò addirittura di una liason tra i due, rapidamente smentita). Si tratta di un ottimo doppista che finalmente ha trovato la sua dimensione. Anni fa si era ridotto a giocare i tornei challenger: lo ricordiamo vincitore a Bergamo insieme a Jonathan Marray. Poteva rassegnarsi alla mediocrità, al destino crudele che gli ha consegnato un fratello campione. Invece ha continuato a migliorarsi fino a diventare top-10. E nel 2015 è stato il Murray ad andare più vicino a uno Slam: se Andy ha giocato solo una finale, in Australia, lui ne ha raggiunte due, a Wimbledon e Us Open insieme all'australiano John Peers. Ma, soprattutto, ha vinto due doppi fondamentali per raggiungere la finale di Coppa Davis. Andy ha fatto il suo dovere in singolare ed è stato valido apporto in doppio, ma la colonna portante è stata il fratello maggiore, come accadeva ai tempi dell'infanzia. In quegli anni, sembrava che la grande promessa fosse lui. Jamie Murray sarà fondamentale anche nella finale in Belgio, quando dovrà regalare il terzo punto alla Gran Bretagna, dando per scontate le vittorie di Andy e le sconfitte del numero 2 britannico in singolare (anche se nel tennis, vivaddio, non c'è nulla di scontato):


MALEDETTA CAMBRIDGE

Sarebbe il coronamento di una storia interessante. La storia di un ottimo tennista e persona ancora migliore. La storia di un ragazzo che non si è fatto travolgere dalla gelosia nei confronti del fratello. Semmai, ha vissuto la sua escalation con orgoglio e affetto. “C'è molta gelosia nel mondo, ma da noi non trova spazio – dice Jamie Murray – le persone guardano sempre i successi altrui senza guardere quello che hanno ottenuto. E perdono il corretto punto di vista. Spesso mi chiedono se sono infastidito dalla bravura di mio fratello. Qualcun altro è più esplicito dicendo che io sono spazzatura e mio fratello è un grande. Bè, io so di non essere spazzatura e sono solo orgoglioso di quello che Andy sta facendo. Ho visto in prima persona tutti i sacrifici, il duro lavoro e la dedizione. Merita tutto quello che ha ottenuto. Sono sempre stato il suo primo fan e continuerò ad esserlo. Non sono mai stato geloso, nemmeno quando abbiamo iniziato a capire come sarebbero andate le cose. Non ho mai voluto essere al suo posto, non l'ho mai ritenuto fortunato e non mi sono mai domandato perché non succedesse a me. Lui è mio fratello, è sangue del mio sangue”. Il suo rapporto con Andy è ancora più valido perché le premesse erano ben diverse. Da ragazzino, Jamie è stato il migliore Under 12 del mondo, finalista all'Orange Bowl e vincitore di tanti tornei in Europa. Poi, quando aveva 12 anni, la svolta. Lo hanno mandato via da Dunblane, lontano dalla famiglia, lontano dal fratello. Lo hanno mandato a Cambridge, presso la The Leys School. L'ala protettrice della LTA avrebbe dovuto renderlo ancora più forte. Col senno di poi, non è andata così: “E' stata una scelta affrettata – dice oggi – in realtà sarei dovuto andare a Bisham Abbrey, ma un paio di settimane prima hanno aperto dei nuovi centri e quello di Cambridge era destinato a quelli della mia età. Sono partito insieme a 4-5 ragazzi”. Il progetto non ha funzionato. Era il più giovane del gruppo e non ha legato con gli altri.


UN TENNIS CHE NON SI VEDE PIU'

“Devo essere onesto: non è durata molto. Sono stati appena otto mesi e non avrei dovuto patirne come invece è accaduto. Ho avuto bisogno di molto più tempo per smaltire quel periodo, ma quando sei giovane le esperienze possono essere più traumatiche e avere un effetto più duraturo”. Jamie ha smesso di amare il tennis, si è fermato un paio di mesi e si è domandato se valesse la pena continuare. Ha deciso di farlo, ma non è mai più stato il giocatore che incantava prima di andare a Cambridge. “E' l'unica cosa che vorrei cambiare della mia vita. Avrei dovuto affrontare meglio quel periodo, riprendere la strada giusta, ma mi sono fatto travolgere dagli eventi”. A Cambridge gli hanno rovinato il dritto, quello che bambino era il suo colpo migliore. Le gerarchie familiari sono cambiate quando Andy è andato a Barcellona, ad allenarsi da Emilio Sanchez e Sergio Casal. Ma oggi è acqua passata. Jamie è stato il primo Murray a sposarsi: cinque anni fa ha scelto Alejandra come compagna di vita e oggi è più felice che mai, anche perché il ranking WTA di doppio lo vede in settima posizione. Il doppio è il suo rifugio perché è l'unica specialità dove può esaltare il serve and volley, il suo splendido tocco sotto rete e il senso della posizione. “In effetti il mio tennis non è così tradizionale – racconta con orgoglio – qualche anno fa hanno provato a farmi cambiare, servendo più forte e spingendo da fondocampo, ma non faceva per me. Ho visto che tutti i migliori giocavano in questo modo, allora ho provato a imitarli. Questo tentativo mi è costato un paio d'anni”. Finalmente ha accettato le sue qualità e oggi ha imparato a sfruttarle. Come se non bastasse, anni fa aveva interrotto la collaborazione con Eric Butorac e ha passato molto tempo senza trovare un compagno fisso. Poi è arrivato John Peers. “E' molto difficile gestire una coppia di doppio perché passi molto tempo insieme. Vedi più spesso il tuo partner piuttosto che la tua moglie o fidanzata. Più passi tempo con qualcuno, più emergono i lati negativi. E così nascono litigi, fastidi, voglia di cambiare”.


ORGOGLIO DI DUNBLANE

Come il fratello, anche Jamie non parla volentieri del massacro di Dunblane, quando un pazzo squilibrato uccise 16 bambini e la loro insegnante. Lui c'era, in un aula a pochi metri dalla palestra dove si è consumata la tragedia. Come gli altri bambini, sentì i rumori ma non sapeva che fossero spari. Poco dopo, un dirigente parlò con l'insegnante di Jamie. Funereo in volto, portò via i bambini. “Preferisco non parlarne per una questione di rispetto verso le famiglie coinvolti. Posso dire che io ed Andy siamo molto orgoglioso perché abbiamo permesso alla gente di parlare di Dunblane anche per altri motivi. Anzi, oggi quando si parla di Dunblane si parla di Andy”. Però adesso c'è un po' di spazio anche per lui, soprattutto quando ha contribuito ai successi contro la coppia francese e poi contro quella australiana. “E' stato fantastico riuscirci insieme a lui. Basta alzare gli occhi e te le trovi accanto, non potrebbe esserci niente di meglio”. La Davis? Ovviamente spero di vincere per la Gran Bretagna, ma vorrei tanto che entrasse nel curriculum di Andy. Ha fatto cose incredibili ma ha giocato nel periodo sbagliato: se fosse vissuto in un'altra epoca, avrebbe vinto 20 Slam. La frase è un po' esagerata, ma serve a capire l'orgoglio di un fratello. Un fratello a cui non hanno mai presentato i cattivi sentimenti. E che potrebbe essere premiato nel modo più bello, vincendo una Davis da protagonista. Ovviamente, insieme ad Andy.